Vere manifestazioni, non come quelle rituali della sinistra politica in Italia, di massa, con partecipazione larga, si susseguono in Germania contro le sanzioni. Non a favore della Russia, ma per il caro-energia che le sanzioni comportano. Le manifestazioni sono più numerose e seguite infatti nei Laender orientali, quelli che hanno avuto i russi in casa fino al 1989. E soprattutto in Sassonia, nelle importanti città di Dresda, Lipsia, Chemnitz, Zwickau. Alle critiche si unisce la Cdu locale.
Nasce da questa protesta la
decisione unilaterale del governo del cancelliere Scholz di adottare un piano
tedesco contro il caro-energia, senza attendere le decisioni di Bruxelles. Dalla
protesta popolare, e dal ragionamento ormai familiare degli industriali
tedeschi che senza il gas a buon mercato della Russia la Germania va fuori mercato:
un sistema produttivo energy-intensive non può pagare l’energia quattro
e cinque volte di più – senza contare, si aggiunge, che gli Stati Uniti invece
col caro-gas ci guadagnano, un malumore sempre più esplicito.
Si spiegano così anche le
ambiguità di Scholz. Che sostiene l’Ucraina militarmente, ma ritardando o
rinviando le forniture di armi. E ha ora deciso in autonomia, dopo il fondo di 200 miliardi
che ne ha segnato la distinzione dalla Ue, di recarsi in Cina per moltiplicare
gli affari. Qui anzi in contrasto con l’isolamento che l’amministrazione
Biden vuole creare attorno alla Cina.
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