lunedì 24 ottobre 2022

La giustizia la fa il giudice

Si guardano due partite molto atletiche, molto combattute, in qualche modo spettacolari, Fiorentina –Inter e Roma-Napoli, che gli arbitri decidono autoritariamente, e si resta inquieti. Perché non sono “errori”, quelli decisivi degli arbitri, Valeri e Irrati sono reputati i migliori della categoria e non hanno sbagliato. Cioè hanno sbagliato ma per volerlo, su falli commessi a pochi metri da loro. La memoria è anche fresca dell’aneddoto anticipato del libro di Gigi Riva e Gigi Garanzini, “Mi chiamavano Rombo di tuono”, di quando il 15 marzo del 1979, per Juventus-Cagliari che decideva lo scudetto, o quasi, l’arbitro Lo Bello diede alla Juventus un rigore inesistente. E quando il centrattacco della Juventus lo sbagliò, lo fece ripetere. Poi, accompagnando a centrocampo i cagliaritani infuriati, dice a Riva: “Tu pensa a giocare”. E a Cera, regista del Cagliari: “Pensate a buttare la palla in area su Riva”. Dopodiché diede un rigore inventato al Cagliari. Che Riva segnò. E quando a fine partita interpellò Lo Bello: “E se sbagliavo il rigore?”, Lo Bello rispose: “Te lo facevo ripetere”. Cioè: Lo Bello, feroce antijuventino (Paolo Franchi lo ricorda deputato Dc stravaccato sui divani del Transatlantico a Montecitorio a sbeffeggiare gli Agnelli), s’inventava un gol per la Juventus, come a dire “servo vostro”, per poi far pareggiare il Cagliari - che voleva solo pareggiare, era primo con due punti sulla Juventus.

Strategie, tattiche, e niente sport. Ma non è solo dello sport, è la mentalità generale, del sistema giudiziario. Oggi mezza Procura di Torino chiede gli arresti per Alberto Agnelli per una ipotesi di reato che non li prevede. Errore? No, è una condanna - prima ancora che Agnelli possa difendersi. La legge è il giudice, e il giudice è l’accusa, la prepotenza. Con il gip, il giudice preliminare, nelle vesti del var: un complice, oppure un nemico.

Si ricorda, cioè non si ricorda purtroppo, il famoso Ghitti, il giudice d’indagine preliminare di Mani Pulite a Milano, che avallava anche cinquanta arresti al giorno senza neppure aprire la pratica. La verità? È del giudice.   

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