Il romanzo della vecchiaia. Incipiente,
traumatica. In viaggio con Sartre a Mosca e Leningrado-San Pietroburgo nel
1966, pochi anni dopo un precedente lungo soggiorno, Nicole-Simone passa di
notazione in notazione in rassegna i primi sintomi dell’età. Disorientata.
Delusa, e anche un po’, parecchio, arrabbiata con se stessa, con le durezze che
le hanno impedito di gustare a pieno gli anni: a un certo punto, al confronto
con la volagerie di André-Sartre, che non disdegna le
compagnie femminili giovani, e perfino il ballo, si scopre “ripresa dalla
vecchia rigidezza, che non aveva mai del tutto vinta perché non aveva mai del
tutto accettato la sua condizione di donna”.
Si può dire anche una riflessione sul femminismo, di
cui Simone de Beauvoir è stata per molti aspetti antesignana, oltre che
attivista. E un primo ritratto a distanza di Sartre, visto qui nell’aspetto
godereccio, superficiale: beve, non si interessa più di politica, non crede nemmeno
al comunismo, e si gusta la vacanza ora per ora. In compagnia di un personaggio
femminile più giovane, romanzato come la figlia negletta di un suo precedente
matrimonio, che in realtà è la guida-interprete della coppia, in quello come
nei precedenti viaggi in Urss.
È la prima delle molte prose, riflessioni più che
narrazioni, che Simone de Beauvoir dedicherà all’invecchiamento. E al rapporto,
presente e passato, con Sartre. In un “romanzo” che sia lei che lui, ancora
complici, giudicarono severamente. Ma non tanto da impedirle una immediata
seconda versione, che intitolerà “L’età della discrezione”, e includerà subito,
nel 1967, nella raccolta “La donna spezzata”. Ma conserverà con cura il
dattiloscritto, pubblicato postumo, un decennio fa.
Si direbbe anzi una autofiction, il racconto di sé stessa in cui De Beauvoir ha primeggiato con numerosi titoli negli ultimi venti anni - quelli oggi di più gradita lettura. Una primo esercizio in autofiction, sul
rapporto di coppia con Sartre, subito dopo la scoperta degli anni che passano.
La prima parte del capitolo ultimo dice molto di sé stessa, e di Sartre in
rapporto a sé stessa. Soprattutto del suo ruolo, semplice e decisivo, nella
demolizione della sua naturale frigidità: “Troppo covata da sua madre,
trascurata da suo padre, c’era in lei questa ferita, di essere una donna. L’idea
di stendersi un giorno sotto un uomo la rivoltava. Grazie alla delicatezza di André,
alla sua tenerezza, lui l’aveva riconciliata col suo sesso. Aveva gioiosamente
accettato il piacere”.
Una nota di Isabella Mattazzi ne spiega genesi e
collocazione nell’opera di de Beauvoir.
Simone de Beauvoir, Malinteso a Mosca,
Ponte alle Grazie, pp. 144 € 14
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