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Albero – “Simbolo fallico evidente” per Annie Ernaux, la premio Nobel, nel diario non tradotto “Se perdre”, lunedì 9 gennaio1989: “Il mio primo romanzo s’intitolava inizialmente “L’albero”. Simbolo fallico evidente. E anche questa canzone di Dario Moreno che adoravo nel ’58, “Storia di un amore”: “Un grande albero che s’innalza\ pieno di forza e tenerezza\ verso il giorno che si apre. … L’albero, l’ossessione”.
Antisemitismo – È comune a Céline come a Proust. Ma in Proust, pure ebreo di nascita, più “antisemita” – in Céline è parte della sua rivalsa contro il “mondo”. È la conclusione convergente di Piperno - già autore, al suo primo libro, di un “Proust anti-ebreo”, 2000, e Magrelli, nell’incontro- dibattito a due su Céline e Proust che apre “La lettura”. “Céline un caso di scuola in cui l’antisemitismo si mescola a risentimenti di varia natura”, dice Piperno. Proust no, è razzista: “Ci tiene a farci sapere che è cattolico, che è stato battezzato… (È) cresciuto in un ambiente ostile agli ebrei, con un desiderio di promuoversi presso l’aristocrazia del Faubourg Saint-Germain, fondamentalmente antisemita… Nella Recherche… gli ebrei vengono descritti con caratteristiche somatiche molto precise… È triste dirlo oggi, ma Proust ha un atteggiamento, probabilmente derivato dal positivismo, dal naturalismo, fortemente razzista. Lui crede nelle razze, crede che gli omosessuali siano fatti in un certo modo…”. Su un substrato di odio: Proust conosce solo l’odio, non ha pietas.
Piperno oppone
in questo Céline a Proust – rifacendosi al suo ultimo studio, “Proust senza
tempo”: “Céline, o meglio Ferdinand, conosce l’amore. Il narratore di Proust
non lo conosce, in lui non c’è pietà.
Gli altri vengono utilizzati come un entomologo utilizza gli insetti.
Non ha nessun rispetto nei confronti di Albertine”, che paragona “a un
vegetale, un gatto, mai a un essere umano”, e sottopone a ricatto, “o
economicamente o moralmente”.
Calvino - Eccita la protagonista di Annie Ernaux, “Se perdre”, in treno da Marsiglia, un invernale venerdì 19 gennaio 1986, col freddo “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, quasi un orgasmo: “Il passaggio del «libro giapponese, su un tappeto di foglie», etc., mi riempie bruscamente d’una fiammata di desiderio, voglia di fare l’amore, inaudita, mentre dalla partenza di S. (l’amante russo, n.d.r.) sono quasi gelata”.
La “favola” di
Calvino riporta all’amore come favola? “Questo desiderio”, continua la donna in
fregola, “significa anche che sarei pronta a ricadere nella stessa favola
(in italiano, n.d.r.), forse per qualcun altro”.
Céline – “Sociopatico” lo dice Piperno su “La Lettura”. Mentre è l’inverso: volontario in guerra, medico “sociale”, prima alla Fondazione Ford, poi alla Società delle Nazioni, nella futura Oms, infine in ambulatorio, di periferia, medico dei poveri. Il suo, tardivo, nichilismo non è la reazione di uno deluso? Lo stesso Piperno lo ipotizza in ultimo, dicendolo “un anarcoide risentito”: “Viene da una certa classe sociale e prova un odio feroce nei confronti di quel privilegio borghese che prende forma nell’ebreo ma che in realtà può essere cattolico, protestate o, diremmo oggi, radical chic”. Odio tardivo, comunque. E di rimessa: prima si è integrato, ha provato sposando la figlia del grande medico.
Dante – È anche digitale, presso i giovanissimi, spopolando su tiktok, il loro social: come #dantealighieri conta 87 milioni di visualizzazioni, come #divina comedia 56 milioni.
Simone Terreni,
un imprenditore che a un certo punto ha provato tiktok per capire il mondo di
sua figlia tredicenne, lo ha fatto con un #ladivinacommediasutiktok, cento
canti in cento minuti in una settimana, che in breve ha raggiunto i 9 milioni
di visualizzazioni. Su tiktok ci sono anche Sara Bucefalo che racconta Dante in
60 secondi, e Melissa Masseti che canta la “Divina commedia” in sei minuti.
Al flash mob
di recensioni promosso da “Robinson” nel numero dell’1 ottobre con Zerocalcare
che “leggeva” Dante hanno aderito, con testi fino a 600 battute, da inviare in
orario ristrettissimo, dieci minuti, “tantissimi lettori”, psicologi,
ingegneri, commercialisti.
Islanda – Quella di Szymborska è normanna, colonizzata dai Normanni nel Duecento (Szymborska, 15): “La Saga di Njal (Saga o Njalu) è nata nell’Islanda colonizzata dai Normanni. Questa versione risale alla fine del Duecento, ma riferisce avvenimenti di due secoli prima”. Si discute “se sia eco di eventi storici, oppure opera di fantasia”. Da cattolica, probabilmente a malincuore come tutti i polacchi, cancella i monaci irlandesi di san Brendano?
Helen Keller - È l’eroina o martire del plagio, dell’accusa di frode e furto, in tutto quanto ha scritto, molto, e quindi nei suoi successi, letterari e politici. Difesa da Mark Twain (come “Giovanna d’Arco dell’imbroglio”, nel senso che lo abbatteva….), e da Alexander Graham Bell, quello del telefono, ma dai più criticata e accusata, sul presupposto che essendo di mezzi fisici limitati, aveva perso la vista e l’udito a 19 mesi, non poteva scrivere, come fece tutta la vita, né insegnare.
Quando Helen
aveva sei anni, nel 1886, la madre lesse nelle “American Notes” di Dickens di
un tentativo riuscito di mandare a scuola una bambina cieca e sorda, di nome
Laura Bridgman. Fece ricerche presso vari otorini, finché non fu consigliata di
prendere contatto a Baltimora con Bell. Bell si occupava molto dei problemi di linguaggio,
per motivi familiari: sia sua madre che sua moglie erano sorde. Mise la famiglia
Keller in contatto con la scuola di Laura Bridgman, il Perkins Institute for
the Blind, a Boston. Che attraverso un percorso personale per Helen, sotto la guida di Anne Sullivan, la porterà
a leggere, attraverso il braille. Col braille s’impadronisce anche di francese,
tedesco, greco e latino. A 24 anni si laurea con lode. L’anno prima aveva
pubblicato una voluminosa autobiografia, “The Story of My Life”, che l’aveva reso
famosa (sarà la traccia del film poi famoso di Arthur Penn nel 1962, Anna dei miracoli sul rapporto prodigioso con Anne Sullivan) – il primo di undici libri. Scrisse poi molti saggi, tenne conferenze, e
soprattutto divenne attivista politica, membro del partito Socialista, per le
donne e per i lavoratori – fu la scelta politica a procurarle le peggiori critiche
e i sospetti.
In un saggio
di vent’anni fa che il “New Yorker” ripubblica, “What Helen Keller saw”, Cynthia Ozick spiega che il blocco fisico di Helen potrebbe
averne alimentato e affinato l’immaginazione. Helen Keller ha vissuto fino al
1968. Trascurata dalla critica, ma non più in sospetto di plagio.
Lettura – “Questa libera collaborazione con l’autore che è quasi una creazione” – Simone de Beauvoir, “Malinteso a Mosca”.
1922 – Fu propizio allo spettacolo. Celebrando i 100 anni di Ciccio Ingrassia, Alberto Crespi fa su “la Repubblica” un elenco di tanti nomi di rilievo nati in quell’anno che hanno dato lustro al cinema e al teatro: Pasolini, Gassman, Tognazzi, Lizzani, Salce, Bolognini, Adolfo Celi, Squarzina, Vianello, Damiano Damiani, Franco Brusati.
Resilienza – André-Sartre, nel racconto di Simone de Beauvoir “Malinteso a Mosca”, a un certo punto si rende conto “che ha perduto qualcosa: quella fiamma, quella linfa che gli Italiani chiamano con un così bel nome, la stamina”. Che l’edizione francese traduce come endurance, resistenza (resilienza). Niente resistenza, niente stamina, ma resilienza - dalla metallurgia? dall’inglese?
letterautore@antiit.eu
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