Un “Maigret”, un altro, che di più scontato, Simenon ne ha scritti un centinaio, cinema e tv ne hanno prodotto una dozzina? E invece il prolifico Leconte ne fa uno spettacolo di vera suspense - di curiosità cioè non gravata dall’angoscia: novanta minuti senza un secondo di stanchezza. Grazie a dialoghi asciutti – al cinema molto “detto” si vede – e alla sobrietà di Depardieu, contenuto ora anche dalla stazza enorme, alla Orson Welles.
È un racconto della
vita, e le lacrime, delle ragazze di provincia che sbarcano a Parigi, più spesso
in fuga da casa, all’avventura. Che naturalmente è amara, piena di insidie. Il
film si basa sul caso “Maigret e la giovane morta”. Che è il quarantacinquesimo
della serie Maigret, pare, ma che Simenon tratta in punta di penna e quasi con
discrezione, malgrado le vicende raccapriccianti.
Molto aiuta il
film l’entrata in scena della signora Maigret, che per i cultori delle tante
serie simenoniane è una novità, Col lato casalingo del commissario e quasi
umano: può bere ma non tirare alla pipa, per un sospetto ai polmoni, rientra a
casa per la cena e la notte, e quando è in bassa va al cimitero: con la signora
Maigret hanno avuto una figlia, che ora avrebbe l’età delle sventurate che
soccorre. Un Maigret umano, oltre che attendista, è una sorpresa piacevole.
Patrice Leconte, Maigret
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