Jon O. Newman, ex Procuratore generale americano per il distretto del Connecticut, oggi novantenne, aveva scritto questo breve testo per testimoniare uno scambio epistolare a suo tempo con Le Carré, dopo l’uscita di “La spia che venne dal freddo”. Il giudice voleva sapere se Le Carré si era rifatto, per la scena madre che decide il destino dei protagonisti, il processo, al racconto di Agatha Christie “Witness”, testimone (in realtà intitolato “La mano traditrice”) scritto nel 1924, poi ampliato, infine portato dalla stessa Christie in teatro, col titolo “Testimone d’accusa”, nel 1953, e con lo stesso titolo al cinema da Billy Wilder, con Marlene Dietrich. Le Carrè cerimoniosamente risponde che ha visto “Testimone d’accusa”, ma non ricorda se prima o dopo aver scritto “La spia”, e che comnque non aveva bisogno di scoprire questo trucco, ne aveva subiti tanti, “per un breve periodo nella mia vita”, prima di scrivere.
L’interesse della
breve nota è nell’annotazione del giudice, in calce alla richiesta d’informazione
a Le Carré, sul trucco sui cui A .Christie basa il racconto e la pièce.
Il “trucco” è creare un falso testimone d’accusa per poi sbugiardarlo al
confronto in dibattimento, così orientando la giuria, “inevitabilmente”, contro
l’accusa. Il giudice Newman assicura che non funziona così: “Avendo presieduto molti
processi penali per otto anni come giudice d’assise, e letto molte trascrizioni
di dibattimenti in trentadue anni come giudice d’appello, ho visto molte accuse
attaccate ma mai con l’uso di un piano preliminare per discreditare l’accusa,
col risultato che la giuria finisca per credere il contrario dell’accusa”. La
giuria forse no, ma i giudici?
Jon O. Newman, The
Deadly Art of Double Deception. Agatha Christie and John Le Carré, “The New
York Review of Books”, 7 maggio 2015, free online
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