martedì 11 ottobre 2022

Secondi pensieri - 495

zeulig

Assoluto – Si può dire l’individuo, la persona umana, benché deperibile. Che si è riprodotta ormai in molti miliardi di esseri, nessuno dei quali è uguale o riducibile all’altro, e ognuno “il più insostituibile degli esseri” di Gide.

Complessità – È il mondo fisico di Platone, uno dei suoi aspetti. Nella sua cosmologia Nóus, la mente, opera per assoggettare Ananke, la necessità. Ma scopre il cieco caso, il caos, e si applica a rimetterlo in ordine.

Anche il problema resta lo stesso: Platone non dice come, anche se presuppone che Nóus ci sia riuscita. 

Creazione – “«La divinità creatrice» disse Fat «può essere folle, e quindi l’universo è folle. Quello che noi sperimentiamo come caos è in effetti irrazionalità. C’è una differenza»”, Philip K. Dick, “Valis”, 102.

Può essere una “spiegazione” del male, una risposta al problema del male: che Dio stesso sia imperfetto – invece che buono, giusto, onnisciente, eccetera.

È un linguaggio, a fronte del quale noi siamo “idioti”? Sempre Dick, “Valis”, 37: “Tutta la creazione è linguaggio, e nient’altro che un linguaggio, che per qualche inesplicabile ragione non riusciamo a leggere fuori e a sentire dentro. Perciò dico che siamo diventati idioti. È successo qualcosa alla nostra intelligenza…. Noi siamo linguaggio. Perché dunque non lo sappiamo? Non sappiamo neppure ciò che siamo, per non parlare della realtà esterna di cui siamo parte.  Il significato originale della parola «idiota» è «privato». Ciascuno di noi è diventato privato, non partecipa più al comune pensiero del Cervello, tranne che a livello subliminale. Perciò la nostra vera vita e il suo scopo si svolgono al di sotto della soglia della consapevolezza”. Un pensiero alternativo, dei tempi della conoscenza “alternativa” (autodidatta, controdeduttiva, esoterica, flusso di coscienza, etc.), ma fattuale, di dati di fatto cioè.

Futuro – “Una delle più grandi benedizioni di Dio è che ci tiene perennemente nascosto il futuro”, Philip K. Dick, “Valis”, 24.

E non è tutto: “Dio, misericordiosamente, ci tiene nascosto il passato, oltre che il futuro”, id.

Infinito – È uno spazio mentale – la vera dimensione spazio-temporale. Nulla di più (semplice) alla fine di come argomentato da Plutarco indirettamente nell’aneddoto di Pirro e Cinea – da cui Simone de Beauvoir prende l’abbrivio per contestare a Camus l’estraneità del suo “Straniero” - nel trattato che ha intitolato appunto “Pirro e Cinea” (poi solitamente accorpato in coda al saggio “Per una morale dell’ambiguità”, anche se non c’entra). Cinea obietta ai disegni di conquista dell’amico re Pirro. “Prima la Grecia”, “E poi?” “Poi l’Africa”, “E poi?” “Poi l’Asia, l’Asia Minore, l’Arabia”, “E poi?” “Andremo fino alle Indie” “E dopo le Indie?” “Ah, ci riposeremo”. “E perché non riposarvi subito?”

“Cinea sembra saggio”, può obiettare de Beauvoir: “Perché partire se non è che per rientrare a casa? Perché cominciare se bisogna poi fermarsi?” E si risponde: “E tuttavia, se non decido prima di fermarmi, mi sembrerà ancora più vano partire”. Partire senza più va contro anche al senso comune: “Anche l’architetto della torre di Babele pensava che il cielo era una volta e che la si sarebbe toccata”. O Adolphe, l’eroe di Benjamin Constant, che si dice: “Trovavo che nessuno scopo valeva la pena di nessuno sforzo” – “così pensa l’adolescente”, può commentare infine de Beauvoir, “quando la voce della riflessione si risveglia in lui”, mentre “da bambino rassomigliava a Pirro: correva, giocava senza farsi domande e gli oggetti che creava gli sembravano dotati di una esistenza assoluta”.

Si può dire una grandezza misurabile - anche se non concettualmente, di fatto: poiché il mondo conta almeno cento miliardi di galassie, ognuna contenente fino a mille miliardi di stelle (ma l’“almeno” e il “fino a” lo misurano anche concettualmente, non solo all’osservazione astronomica).

Presente – È invece ciò che non c’è. Che sfugge, inevitabilmente, come tempo e anche come sensazione, riflessione. E tuttavia è presente, anche ingombrante. Anzi, è ciò che opprimeva Borges: “Secoli di secoli, ed è soltanto nel presente che i fatti avvengono; uomini innumerevoli nei cieli, per terra e per mare, e tutto ciò che avviene realmente è ciò che succede a me”. La stessa guerra, per esempio oggi, si rapporta all’io, al proprio anche misero presente, come il covid ieri, come il terremoto probabilmente.

Umanità È unica sulla terra, checché vogliano i paleontologi e il postumano. E nel mondo. Il paradosso di Fermi e l’equazione di Drake non sono in contrasto - sono ugualmente giuste. Drake calcolò – basandosi su segnali radio – quante sono le civiltà extraterrestri presenti oggi nella nostra galassia con le quali si può pensare di stabilire una comunicazione. Fermi un decennio prima, quando c’era la frenesia degli Ufo, si chiese: “Where is everybody”?, e dove sono? Una curiosità tanto più doverosa se l’equazione di Drake andasse applicata, come dovrebbe, a un mondo fatto non di una galassia ma di almeno 100 miliardi di galassie, ognuna contenente fino a 1000 miliardi di stelle – cioè l’infinito.

Vita – È nel tragitto, nel disegno, nello spostamento, anche da immobili, nella conquista, o la sconfitta. Come argomentato da Plutarco (de Beauvoir) in “Pirro e Cinea”.

Allo stesso modo e nello stesso tempo Fermi e Drake lasciano aperto il nodo vita – di vita cosciente, intelligente, comunicativa, creativa: a che punto e come nasce, come si chiedeva della nobiltà. La progressione dalle alghe, spugne e stelle marine si spiega fino a un certo punto, e in termini quantitativi: misura, articolazione, specializzazione…. Molti esseri hanno un cervello, ma uno solo funziona appieno – non sempre.

zeulig@antiit.eu

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