Annie Ernaux svuota gli armadi figurativamente dell’infanzia e la prima giovinezza, fino al primo amore, ai primi rapporti sessuali. Partendo dalla fine, dall’evento feticcio della sua narrativa, l’aborto a vent’anni.
Si comincia con
l’aborto, a cura di una “mammana” a Parigi, quando la pratica era tabù, anzi
fuorilegge. Un ferro infilato nella vulva, da portare per una decina di giorni.
Nei quali rivanga il passato. La vergogna, di figlia di bottegai, tutto il
giorno nella drogheria-cantina. Le scuole classiste. La confessione dal prete,
solo interessato a sapere se si tocca. La comunione. La lettura, appassionante,
divorante. Il ragazzetto denudato con le compagne, da palpeggiare lì sotto, per
vedere come è fatto e si fa. Le mestruazioni. E sempre il peso dei genitori,
quotidianamente alle prese con gente “da poco”, per lo più povera, sporca, pettegola,
ubriacona, ignorante. Genitori che, nella loro ignoranza e grettezza, pure
tutto vogliono e fanno per la figlia.
Un percorso sempre
in salita, “le umiliazioni cambiano di forma”. Con le mestruazioni il decollo:
la “caccia ai ragazzi” etc. – “ho cominciato la caccia ai ragazzi senza nessun
pudore. Chi mi avrebbe insegnato questo trucco di borghesi, il pudore”. È
questa l’unica pointe, preannuncio della narratrice libera del sesso, in
un breve-lungo, dettagliato, ripetitivo racconto di un’infanzia e
un’adolescenza ricostruite come penitenziali, da esclusa, rancorosa.
L’apprendistato del
“Gli anni”, dell’autofiction personale intrecciata agli eventi
dell’epoca, che porterà Ernaux al Nobel: la prima opera narrativa, 1973. Di successo
in Francia, ma debutto poco felice in Italia, nel 1996, dopo il botto de “Gli anni” in
Francia, che porterà Rizzoli ad abbandonare altri progetti di traduzione –
saranno ripresi dopo un decennio da una nuova casa editrice, si potrebbe dire l’editrice
di Ernaux in Italia, la romana L’Orma, titolare e traduttore Lorenzo Flabbi.
Annie Ernaux, Gli
armadi vuoti, Rizzoli, pp. 240 n.d.
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