Nestor “Dinamite” Burma, lo Sherlock Holes di Malet, va di fretta, come poi sempre farà. Personaggi, luoghi, eventi sono accennati, il poco che basta per accendere la curiosità, perché le sorprese si moltipicano.
Malet andava di
corsa anche personalmente: tuttofare in gioventù, anche lavapiatti, e
surrealista con Breton, parte nel 1941, dopo un passaggio come prigioniero di
guerra in un campo di concentramento tedesco, a scrivere gialli come una furia,
con vari pseudonimi. Due anni più tardi inventa qui Nestor Burma, e col successo
(se ne farà un film subito alla Liberazione, nell’estate del 1945), non si
ferma più.
Un compagno di prigionia,
siamo nel 1940, dopo la sconfitta, molto malmesso, muore. Lascia a Burma
spirando l’indirizzo del titolo. Lo stesso gli sussurra il collaboratore della
sua agenzia – Nestor Burma ha un’agenzia, Fiat lux – Colomer, che incontra alla
stazione di Lione arrivando col treno della Croce Rossa che lo porta alla libertà,
prima di spirare, colpito alle spalle da una scarica di pistola. Una biondina
ha sparato, che Burma ha notato, e chiama Michèle Hogan – Michèle Morgan? Seguono
una dozzina di soluzioni:Burma ha più sagacia di Sherlock Holmes. Anche l’indirizzo
fatale crea problemi, prima di arrivarci. Ma il lettore non fa in tempo a provare
una soluzione, Nestor Burma gliela cancella – ci vorrà un finale alla Poirot
per venire a capo dell’imbroglio.
Sherlock Holmes
più Agatha Christie? Ma senza punti forti, personaggi, situazioni, ambienti, le
sorprese a ripetizione sono come le armi a mitraglia a mitraglia, per lo più
mancano il bersaglio. Inventiva? Fatica: Malet adotta Sherlock Holmes e Poirot
per non crederci, per provare qualcosa di nuovo dopo avere provato varie
strade.
Léo Malet, 120, rue de la Gare, Fazi, pp. 216 € 15
Nessun commento:
Posta un commento