giovedì 24 novembre 2022

Il mercato dell’immigrazione

Il film “Princess” ripropone per uno specifico aspetto, la prostituzione, il mercato dell’immigrazione, di cui questo sito ha più volte spiegato l’organizzazione. Con le evidenti, benché segrete, connivenze in Italia. Anche, perché no, le mafie esistono per questo, sotto la forma dei “diritti”, dell’incitamento libertario e umanitario ad aprire le porte. Questo “segreto” è palese nella tratta nigeriana delle prostitute, di cui nel film. In argomento è utile rileggere quanto il sito diceva il 25 marzo 2018:

Nigeriane – L’illegalità dell’immigrazione è italiana? Le nigeriane in Italia, si potrebbero dirle un mistero, o farne un mistery, ma risaputo. Anche semplice: chi le porta in Italia, legalmente, chi le sfrutta? Col corollario che le colpe, o i reati, dell’immigrazione illegale sono dell’Italia. Prevalentemente, di organizzazioni e controlli compiacenti italiani.

“La Lettura” indaga con Teresa Ciabatti a Castelvolturno nel casertano, “25 mila italiani e 25 mila immigrati”, l’ampio mondo delle nigeriane in Italia. Delle prostitute nigeriane. Del traffico nigeriano di prostitute, “qualcuna di dodici anni”. È una scoperta, non è mai troppo tardi. Ma c’è di più: le nigeriane sono la chiave, ancora irrisolta, dell’immigrazione illegale in Italia. Da un paese cioè non confinante e anzi remoto. Da un’epoca anche remota, quando non c’era il traffico degli esseri umani a basso costo e profitti stratosferici attraverso il Mediterraneo, e dalla Nigeria bisognava arrivare in aereo o nave, e con un visto, impossibile sottrarsi alle polizie di frontiera.  

C’era il treno delle nigeriane (“delle puttane”) sulla Roma-Genova già negli ani 1970. Un vagone riservato, più o meno, che a Livorno si riempiva di prostitute alle sette di sera, destinazione la Versilia, da Viareggio a Lido di Pietrasanta, Forte dei Marmi (un noto bistrot canagliesco del lungomare ha conservato il soprannome “Mangia e fotti”: una banca) e Massa Centro. E alle tre di notte prendevano il treno inverso, sempre in gruppo, in vagone praticamente riservato. Niente di clandestino. Una logistica complessa, e nei decenni imperturbata. C’erano le “nigeriane” negli anni 1980 disseminate per la pineta di Castelporziano contigue alla tenuta del Presidente della Repubblica, con rigida suddivisione territoriale, stabilita dalla “madama” che ce le portava la mattina, e a ore prestabilite le riuniva per conciliaboli evidentemente di indirizzo, o per collettare le entrate. Quando Pertini aprì al pubblico buona parte della spiaggia, i sette km. dei “cancelli”, diventarono una parte del panorama.

Le virgolette sono d’obbligo per “le nigeriane”, perché intanto il business si era esteso dalla Nigeria ai paesi confinanti. A opera delle “madam”, che in Nigeria sta per imprenditrici: donne di grande energia e disinvoltura: appena fuori dal poto di Lagos e dagli aeroporti internazionali, nessun affare, piccolo e grande, sfugge alle “madam” nigeriane. In età e anche giovani. In “La gioia del giorno”, così Astolfo ricorda la figura della “madam” già negli anni 1970, uscendo dall’aeroporto di Lagos: “Nella fila lenta di macchine che vanno in città, lunga dieci chilometri, o venti, solo incedono i camioncini delle madam. Cigolando, fumigando, i cassoni pieni, di uomini e donne seduti stretti con le mani sulle ginocchia, scivolano sul bordo, fanno un pezzo fuori strada, poi risalgono sull’asfalto, sorpassando imperiose le macchine senza balestre che restano a sudare ferme nell’afa equatoriale sotto lo smog, e suonare il clackson.

“Altre donne domatrici si trovano in Africa, non quelle voluttuose dei romanzi dell’Ottocento, ma donne d’affari, la regina Vittoria non è riuscita a ingabbiarle nell’antropologia della schiava tribale. Il corpo delle matrone reso più massiccio dai paludamenti, la voce rauca che emette unicamente un suono, una cifra, lo stecco mobile tra i denti mentre sogguarda il cliente con le palpebre scese, per calcolarne la tariffa. Che non è quanto il cliente può dare, per censo, abiti, lingua, ma quanto è disposto a dare. La madam dirà una cifra che per lei è alta ma fa sentire il cliente contento, oltre che protetto. Il denaro deve avere proprietà terapeutiche nella magia yoruba, una causa da aggiungere alle origini del capitalismo”. Il privilegiato in taxi, o in auto aziendale”, continua Astolfo, “non ha questo piacere, è preso e riportato da mezzi che beneficiano dell’extraterritorialità, avendo pagato in anticipo, in abbonamento, il fee o bakhshish dovuto ai vari gradi di autorità. Ma ogni madam con cui incrocia lo sguardo dietro il finestrino gli fa il calcolo mentalmente di ogni altro affare possibile, compravendite, cambi, affitti, le ambitissime licenze commerciali, o solo marchette.

“Il mercato inizia a Lagos all’aeroporto, sporco e ingorgato, ma con proposte di convenienza, quindi di efficienza. Si danno in albergo molti ricevimenti, per uomini grassi, l’aria sudata o affannata sotto le cravatte sgargianti, che passano da un ricevimento all’altro, per il potere, che è chiacchiera. Le donne, anche le mogli, sono invece padrone severe del mercato, per i soldi”.

Le madam avevano e hanno molti commerci a Lagos e altrove, in Nigeria e fuori. Nigeriani erano i primi pusher di droghe sui marciapiedi in Italia. Tutta gente quindi con passaporto e visto di ingresso. Nella distrazione continuata e totale.

Solo un anno fa, e solo sul “New Yorker”, il fenomeno delle nigeriane in Italia è stato investigato, da un giornalista americano. Che ha trovato agenzie di reclutamento in più città della Nigeria. Un’attività dichiarata. Con tariffe scaglionate per vari tipi di “ingresso in Italia”. Compreso quello a basso costo, la rotta del Sahara e della Libia, senza visto.

Fenomeno analogo, se non criminale come la prostituzione, è stato ed è – oggi un po’ ridotto – quello dei “vu cumprà”. Torme di piccoli ambulanti del Nord Africa e del Bangladesh arruolati, con l’offa del banco al mercatino. Organizzati, suddivisi, collocati ognuno in una sua area. Oppure, da alcuni anni, quello dei giovani africani del Ghana e del Senegal, della diffusa e potente setta religiosa dei murinid, postati ogni giorno a migliaia come mendicanti attorno ai bar, le edicole, sui marciapiedi, portati e ripresi a turno, con cellulare.

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