La Germania fa da sé? Nei rapporti con la Cina come già con la Russia, prima dell’attacco all’Ucraina? Nella difesa? Nella politica energetica e industriale? Nella politica?
Molte
cose dicono di sì: i 100 miliardi stanziati dal cancelliere Scholz per la
difesa tedesca, i 200 miliardi per il settore energia, il viaggio in Cina. Contro
le linee strategiche appena enunciate da Biden, “New National Strategy”. Senza previe
consultazioni europee – anzi mostrando di considerare la Francia e Macron una nuisance,
con gli inutili vertici, le consultazioni, le telefonate. L’annosa questione
del nuovo carro armato in sostituzione dei vecchi Leopard, passati all’Ucraina,
risolta di botto con l’avvio autonomo senza più la Francia dopo anni di
discussioni, del nuovo modello “Panther”. È cambiato anche il linguaggio: prima
ogni interesse della Germania si presentava nell’interesse dell’Europa, ora si
aprla di “interesse nazionale nell’ambito europeo”.
Il cambiamento c’è, ma non da ora. Ora è anche espresso, palese. Prima, con i cancellierati di
Schrōder e Merkel - successivi a Kohl, il cancelliere che aveva realizzati la
riunificazione d’accordo con Mitterrand e con la Russia – aveva mantenuto il
linguaggio della Repubblica Federale di Bonn. Ora l’assertiveness è
manifesta.
Non è
però un fare da sé. La Germania ha presenti i limiti – e i vantaggi – dell’integrazione
nel quadro europeo e atlantico. Ma questi limiti li discute. E al loro interno
cerca il massimo vantaggio senza più false retoriche.
La novità
totale è proprio del linguaggio. La “questione tedesca” che si annullava nella
retorica europea è ora posta in termini nazionali. A differenza degli altri paesi
europei, anche della Francia, che era la più restia a questa retorica, la Germania
da qualche tempo, dal passaggio da Merkel a Scholz, si interroga su questi
limiti. Tre pubblicazioni notevoli, che denunciano gli interessi americani come
non convergenti, e anzi a scapito dell’Europa e della Germania, sono diventati best-seller,
“Nationale Interesse”, uscito il 17 gennaio 2022, “Die scheinheilige
Supermacht: Warum wir aus dem Schatten der USA heraustreten müssen”, Michael Lüders (18
marzo 2021), perché dobbiamo uscire dalla ombra degli Stati Uniti, e “Die transatlantische Illusion: Die neue Weltordnung
und wie wir uns darin behaupten können”, 19 aprile 2022, la illusione transatlantica, a opera
di autori non nazionalisti, rispettivamente Klaus von Dohnanyi, il decano dei
socialdemocratici, già ministro federale e sindaco di Amburgo, un saggista
rispettato a sinistra, Michael Lüders, e Josef Braml, americanista, segretario
del gruppo tedesco della Commissione Trilaterale, membro dell’Aspen Institute e
altre organizzazioni atlantiche.
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