sabato 19 novembre 2022

La guerra in Ucraina venticinque anni fa

Venticinque anni fa l’ex consigliere per la sicurezza del presidente Carter anticipava la guerra dell’Ucraina. In un lungo, 404 pagine, e denso saggio, tradotto per Longanesi da Mario Baccianini, spiegava, come da sottotitolo, “Il mondo e la politica nell’era della supremazia americana”. Il “mondo” era allora, 1997, essenzialmente la Russia, con la Cina in subordine, e Brzezisnki vedeva tre possibili assetti futuri, “nell’arco di una generazione” - cioè a oggi, preciso all’anno e al mese, se una generazione prende venticinque anni. E la più probabile, quella che lui auspicava, era l’abbattimento definitivo della tradizione imperiale russa con la cooptazione dell’Ucraina nella Nato e nella Unione Europea. La Russia, spiegava, ha “un interesse vitale” all’Ucraina, che deve essere bloccato. E dice anche come. In Europa legando Kiev alla Ue e alla Nato. In Asia centrale con la islamizzazione, una forte presenza turca, e una rete di gasdotti verso la grande consumatrice Europa. In Asia orientale col rafforzamento strategico del Giappone – in un’ottica di “convergenza strategica” con la Cina.

Tutte cose che si sono fatte, eccetto la “convergenza strategica” del Giappone con la Cina. Era questo anche, nell’ottica di Brzezisnki, l’esito che meglio avrebbe sostenuto la supremazia americana. Sull’Ucraina era stato ancora più chiaro nel 1993, nel corso di una polemica contro la proposta della Partnership for Peace, di cui si discuteva per l’Europa dopo la caduta del Muro: “La crescente propensione degli Stati Uniti ad assegnare un’alta priorità ai rapporti con questo paese e ad aiutarlo a difendere la sua nuova indipendenza viene vista da molti a Mosca, filo-occidentali compresi, come una politica contraria agli interessi vitali della Russia, che mira a reintegrare col tempo l’Ucraina nel suo campo: un obiettivo che rimane ancora un articolo di fede per molti esponenti dell’élite politica russa”.

Lo scienziato politico ex consigliere di Carter si muove nel quadro della geopolitica di Halford Mackinder, il geografo e politico inglese che nei primi anni del Novecento individuava il centro del potere mondiale nello heartland euroasiatico – “The Geographical Pivot of History”.

Per la Russia le opzioni post-sovietiche erano tre, argomentava Brzezinski: la cooperazione con “i paesi vicini”, un progetto euroasiatico con le altre semi-potenze dell’area, Iran e Cina (la Cina allora non era considerata una potenza), l’avvicinamento all’Europa. La prima ipotesi, una riedizione dell’Unione Sovietica, Brzezinski vedeva già di scarso interesse economico e preclusa dai nazionalismi. Della terza opzione considerava poco plausibili una “collusione russo-tedesca” o “un’intesa franco-russa”. La vedeva invece eccellente e realizzabile sotto forma di adesione della Russia all’Unione Europea, ma dopo la perdita dell’Ucraina: in un primo momento l’Ucraina acquista status pieno, economico e politico, di indipendenza nella Ue, e solo dopo la Russia potrà avvicinarsi.

Di rilievo anche la subordinata Russia con Cina e Iran: seppure considerata non decisiva, prende molte parole di Brzezinski. Questa ipotesi lo studioso considerava improbabile. Ma possibile, e minacciosa, se per un caso di “miopia”, scrive, gli Stati Uniti si fossero avventurati congiuntamente contro la Cina e contro l’Iran. Di questa coalizione, Russia-Cina-Iran, fa l’unico scenario pericoloso – tanto più se a guida cinese. Avvertendo: “Al fine di scongiurare tale eventualità gli Stati Uniti dovranno dare prova di tutta la loro abilità geostrategica, contemporaneamente sui perimetri occidentale, orientale e meridionale dell’Eurasia”.

In sintesi gli Stati Uniti devono: 1) mantenere salda l’alleanza atlantica con l’Europa, allargata a includere l’Ucraina; 2) lavorare al contempo per consentire alla Russia non più imperiale, senza l’Ucraina, un avvicinamento alla Ue e quindi all’asse atlantico; 3) evitare che il “pivot geografico della storia” passi a un’allenza Russia-Cina-Iran.

Successivamente, dopo la crisi di Crimea e l’annessione russa, Brzezinski si pronuncerà per la “finlandizzazione” dell’Ucraina. Aderendo in pratica all’argomento post-sovietico di Kissinger, che ha sempre sostenuto l’esigenza di legare la Russia all’Occidente, sulla base del riconoscimento dei suoi interessi di potenza. Per capire meglio l’assunto dell’ex consigliere del presidente Carter va ricordato che Kissinger e Brzesinki sono stati sempre in urto, sin dai primi anni 1970, quando l’ex segretario di Stato di Nixon e Ford ebbe i primi incarichi politici e propose il multilateralismo come strategia, una bilancia dei poteri mondiali, piuttosto che l’“eccezionalismo” americano o “democratico - imperiale, solitario.     

A metà 2016, in un “Epilogo” aggiunto alla riedizione “aggiornata” in tascabile della “Grande scacchiera”, Brzezisnki ribaltava la sua proposta iniziale – memore della sua preoccupazione per un eventuale asse Russia-Iran-Cina? “Di fronte a una struttura globale in evoluzione”, scriveva, a seguito dell’emergere della potenza cinese, “l’America deve lavorare ad attirare la Russia in un Occidente allargato e simultaneamente perseguire una visione geopolitica di lungo termine che includa cooperazione tra Stati Uniti, Cina e Russia”. Ma i presidenti non lo ascoltavano più, Trump, Biden.

Zbigniew Brzezinski. La grande scacchiera

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