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La vera storia dell’Italia negli anni 1970
Un film-romanzo
storico. Il primo in mezzo secolo ormai. Non solo del tema a soggetto - il
rapimento, il processo, la condanna, e l’assassinio di Moro, dopo l’eccidio di
via Fani - ma di un mondo, un’epoca. Non detta ma rappresentata, plasticamente
in immagini: apodittica. Di anni terribili: bastano i rapidi accenni alle
violenze alla Sapienza, di mestieranti del bau-bau, brutti e cattivi, dei
cortei con le spranghe di ferro e le devastazioni, delle “masse” Cgil immemori
degli eventi. Senza le smancerie di rito per il Pci, e per Moro santino del
Pci. Questo per la verità: un atto di coraggio di Bellocchio, che comunque già
da un paio di film vuole narrare la “vera storia”.
Ma più conta,
pesa, prende, la resa tecnica o estetica. L’atmosfera carceraria, notturna,
grigia, poco promettente, che Bellocchio ha impresso ai vari episodi: le
direzioni Dc, i ministeri, le nooti, di Moro, di Cossiga, le incomprensioni
familiari, le insonnie, la lezione alla Sapienza, i colloqui con lo
“specialista” americano di rapimenti. Accentuata dalle nevrosi di Cossiga e del
papa Paolo VI, che hanno la scena nella prima puntata.
Con la solitudine,
anche, del potere, della politica, nella mediocrità generale. E dell’uomo
potente negli affetti, in casa, con i figli, con la moglie. Con aneddoti anche
sorprendenti o non noti, ma armonizzati in un quadro di eccezionale forza. Basta
la giornata di Moro, che apre ai comunisti, parlandone alla direzione Dc, con
gli americani via Cossiga, col papa dopo la messa, nei giardini vaticani,
accompagnato e protetto dal maresciallo Leonardi, e la sera a casa,solo, si fa l’uovo
al tegamino, si apparecchia, cena su un tavolinetto, ancora col cappotto, e per
addormentarsi cerca un contatto umano, mettendo il nipotino nel letto.
Manca
bizzarramente – ma succede lo stesso anche allo storico Gotor – la semplice
notazione, pure molto efficace alla narrazione, che la stessa Dc che volle Moro
morto pochi mesi dopo negoziò con le stesse Br la liberazione di Ciro Cirillo,
l’assessore campano. Che invece non sarebbe stato ucciso: bisognava evitare
che, liberato senza il concorso Dc, poi se ne vendicasse dicendo quello che
sapeva. È vero che Berlinguer voleva Moro morto, anche lui. Ma è pure vero che
la Dc se ne è sempre fregata di Berlinguer, specie nei governi che andava
facendo con lui, per i suoi voti.
Marco Bellocchio, Effetto
notte, Rai 1
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