Un guazzabuglio. “Perfidia” è “Perfidia”, la canzone messicana del 1940, qui suonata da Glenn Miller – poi pezzo forte di Xavier Cugat e Abbe Lane, quando spopolarono in Italia. Il luogo pure è definito, Los Angeles. E il tempo, dal 6 dicembre 1941 al 29. Dalla vigilia di Pearl Harbour a dopo, alla reazione nella West Coast, specialmente popolata dai disprezzati “giappo”. Quello che vi succede è invece difficile da seguire. La caccia ai “giappo” naturalmente – anche da parte dei cinesi, in cerca di vendetta per l’occupazione del 1937, e in particolare per lo Stupro o Strage di Nanchino. L’entrata in guerra controvoglia – è la “guerra degli ebrei” per molti, per il famoso predicatore radiofonico padre Coughlin, un prete cattolico, come per ogni altro, dentro e fuori la radio. E la corruzione nella polizia di Los Angeles, con agenti che assaltano i furgoni portavalori, fanno i killer per conto di mafiosi, brutalizzano e assassinano i ricercati, anche quando non sono bevuti o fumati. Mentre i capi s’ingrassano, con yacht parcheggiati a Puerto Vallarta, in Messico, pagati dal capo della polizia messicana, per la protezione al suo traffico di braccianti nelle campagne californiane. Governati da un sindaco sciocco e un Procuratore genera le che dorme sempre, e va servito con prostitute nere – anzi “negre”, ancora si poteva dire. Tra bevute sempre incontenibili, e benzedrine, o sostanze forti. Le prostitute sono comunque per tutti, fornite dalle maggiori prossenete cittadine. Con guanti imbottiti d’acciaio, fucili a pompa, e molti coltelli – le Luger tedesche non sono apprezzate. E molta anatomopatologia.
Su
questa rete s’intrecciano almeno una dozzina di storie personali, ardue da
seguire – alla fine un indice dei personaggi è fornito, con un centinaio di
nomi, e ne mancano molti dei tanti che s’incotrano nella lettura. La ricchissima,
bellissima, elegantissima lady del partito Comunista, che si scopa gli invitati
ai suoi grandi ricevimenti – ma è pure
un po’ lesbo, forse. La ragazza di provincia americana decisa a tutto: a vent’anni
ha fatto la cameriera, la prostituta, l’agitprop comunista, ora fa l’amante di
uno sbirro, mentre va a letto con tutti i fusti che incontra, e la pittrice, e viene ingaggiata come spia.
Mentre si prepara al cinema, da regista. Il nippoamericano istruito,
intelligente criminologo, sofferente di gaytudine repressa. Il capomafia cinese,
uno dei due in guerra tra di loro, che fornisce cibo e oppio a tutto il
distretto di polizia, e anche gente di mano. Salvador Dalì, venuto a lavorare
per il capomafia Siegel, è caduto nella cocaina, e Siegel lo ha fatto
disintossicare. Hoover, il capo dell’Fbi, è una checca. Cary Grant pure. Con
chi se la fanno tante attrici sarebbe elenco lungo. Barbara Stanwick è icona
lesbo – e lei stessa praticante, forse. Bette Davis, cui Kohn, il capo della
Columbia Pictures ha imposto il matrimonio, con un gay perso che lei relega in
garage, mentre si porta a letto chi capita: in un cameo gioca a dadi in
ginocchio per terra con un gruppo di ragazzi e col sergente irlandese anima
nera di tutta la polizia, poi spara con la pistola del sergente al fossito,
scaricando il caricatore, e poi se lo porta a letto, raccotandogli con chi è
andata a letto, praticamente nessuno escluso, eccetto i Kennedy – “ho sentito
che Jack è un donnaiolo peggio del padre, ma che ce l’ha piccolo come una
nocciolina”. Il sergente irlandese che ha vissuto da ragazzo le brutalità
inglesi del 1920-21, ora le applica, capace e feroce, fa la spia contro il suo capitano,
irlandese anche lui, prossimo a diventare capo della polizia, col quale va a
messa la domenica, festeggiando poi col vescovo alla messa, con barzellette e bevute,
ed è uomo di mano di Joe Kennedy, che gli ha promesso l’arruolamento nell’esercito,
nei servizi segreti. La Quinta Colonna giapponese. I crucchi hitleriani.
Attorno a un seppuku familiare poco
convincente – per chi indaga. Con aborti clandestini. E altro.
Ellroy
in libera uscita, sembra l’amico delle barzellette. Stucchevole più che non. Vivace fa solo il sottofondo, l’America nel 1941. E
il dopo Pearl Harbour: gli arresti in massa di nippo-americani, le
esercitazioni di oscuramento, la moltiplicazione di ruberie e assassini a luci
spente, i siluri giapponesi contro villaggi costieri, di pescatori giapponesi
poveri, smembrati, ridotti in poltiglia.
La
guerra ha già fatto due anni e più, l’Europa è mezza bruciata, ma Los Angeles
non lo sa. Se non per le Silver Shirts,
le camicie grigie della Silver Legion of America, organizzazione fascista clandestina.
Con l’America First, che quindi non è invenzione di Trump. E con Joe Kennedy, il
papà, capostipite della breve dinastia, che
riciccia un po’ ovunque, tra le mafie, anche cinesi, con gli irlandesi
d’Irlanda e d’America, con i vescovi, col governo Democratico, sempre
antisemita. L’antisemitismo – il presidente Roosevelt è “Rosenfeld”. I braccianti
messicani a un dollaro, al giorno, forniti e controllati dalla polizia del loro
paese. Le grandi comunità orientali d’America, la cinese e la giapponese. La
presenza cattolica, probabilmente unica nella letteratura americana, anche di
fine sentire, con “La passione di Giovanna d’Arco” e Renée Falconetti. I comunisti
americani perfettini e sciocchi – anche informatori. Harry Kohn, “l’ebreo” capo
della Columbia Pictures, fervente mussoliniano. Nonché gestore di una équipe di abortiste, un’ex medico radiata
dalla professione con la sua compagna (e un figlio che si è fatta fare per non
sembrare), per ovviare alle gravidanze delle attrici. Il capo di tutte le mafie
Benjamin “Bugsy” Siegel, altro ebreo, spietato. Il capitano cattolico delle
polizia William Parker, altro personaggio reale, molto praticante e molto
alcolizzato, di ottima formazione giuridica, che si perde nel guazzabuglio – fa
liste delle “cose” che accadono, ma le “cose” lo sovrastano, non sono
governabili. L’imprevidenza prima di Pearl Harbour, e il panico dopo. La
ferocia giapponese, in Asia e nella stessa Quinta Colonna californiana.
James
Ellroy, Perfidia, “Corriere della sera”, pp. 889 € 8,90
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