Nessuna trasgressione è possibile in Turchia, nemmeno veniale, per esempio fermarsi in campagna lungo la strada per dare un’occhiata a un’osteria o a un albergo: immediato fischia un poliziotto. Un turista, qualsiasi turista, in Turchia ne fa in ogni occasione l’esperienza: il controllo è esteso e immediato. Ma da Smirne, il principale porto del paese, guardatissimo, specie in questi tempi di guerra, ma anche prima, le carrette con i migranti afghani, iraniani, curdi, iracheni, siriani, pachistani, bengalesi, possono partire liberamente col loro carico di morte, facendosi pagare a caro prezzo. Su questo non c’è controllo, anche se il governo vi è impegnato da un accordo con l’Unione Europea voluto da Angla Merkel, che per questo paga il disturbo, un miliardo l’anno. sei miliardi grazie a Merkel dal 2015, e sei miliardi grazie anche a Draghi dal 2022.
Il traffico di esseri umani resta
in Turchia, paese controllatissimo, incontrollato. Attraverso le mafie. Che
imbarcano i migranti su natanti allo sfascio. Che per lo più navigano alla
deriva, seguendo le correnti, verso le isole greche, o verso le coste calabresi,
da Crotone a Roccella.
Si
celebra il centenario della nuova Tirchia, laica e democratica, voluta da
Ataturk. Ma di fatto la Turchia è ritornata un sultanato, A tutti gli effetti –
senza più l’harem, troppo caro, ma col velo ben stretto. Un impero che un
gigante ha restaurato, Recep Erdogan. Comprimario di ogni evento, in Siria come
in Ucraina e a Cipro, provceditore di gas, grano, droni, e ogni altro bene – basta
menzionarlo.
Erdogan
è bene un gigante, è sempre più alto di
tutti i suoi interlocutori, compreso Putin, compreso il presidente cinese Xi,
alto 1,70. Erdogan è alto 1,82 – ma sembra più grande, l’immagine legandosi alle
sue prime apparizioni vent’anni fa, patrocinato dal suo “grande amico” Berlusconi,
che è altro 1,62.
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