Giuseppe Leuzzi
“Sono metà siciliano e metà napoletano e
sono cresciuto a Bensonhurst, un’area tutta italiana”, proclama a Monda su “la
Repubblica” Anthony Fauci, il controllore americano della sanità che ha lavorato
con sette presidenti, alcuni dei quali lo hanno avversato con asprezza, da
ultimo Trump. Uno a cui peraltro tutti riconoscono grandi meriti. È straordinario,
e sempre inspiegato, che questo non possa avvenire in Sicilia e a Napoli.
La Corte dedi Conti esamina infine il
bilancio della Regione Sicilia 2020 e lo boccia: deve trovare subito un miliardo
620 milioni. Un decreto del 2019 che consentiva alla Sicilia di spalmare il
debito in dieci anni non è “costituzionale”.
Perché scoprire incostituzionale a fine 2022
un decreto del 2019? Burocratismo? Probabile, trattandosi della Sicilia: la
Corte dei Conti non si sarebbe svegliata tre anni dopo se si fosse trattato
della Toscana, per dire.
Sempre si conferma che il problema del Sud
è l’Italia, lo Stato. E non per ridere, come si argomentava trent’anni fa, “Fuori
l’Italia dal Sud”.
“La vera secessione è degli scrittori del
Sud”. Si rilegge casualmente un vecchio saggio disperso di Luigi Baldacci (“Corriere
della sera”, 15 ottobre 1996, con questo titolo), e si trasale: “Dagli autori
meridionali le denunce delle speranza tradite del Risorgimento”. Subito, dopo l’unità:
Verga, De Roberto, Pirandello. “Per i «nordisti»”, invece, “una visione bonaria
e ottimista. Al Nord dominava l’ottimismo dei «nipotini» dI Manzoni”.
Il libro di Alessandro
Barbano, “L’inganno”, riesplora il giustizialismo. Con intercettazioni a strascico,
indiscrezioni pilotate, testimonianza indotte con i benefici di legge, anche
dei delinquenti più perversi. Per le carriere dei giudici, e degli inquirenti.
Un fascismo giudiziario impiantato sulla legislazione antimafia – su questo “la
linea della palma” ha veramente invaso l’Italia. Cose note. La sorpresa è il pubblico
plaudente alla presentazione del libro: Giuliano Amato, Paolo Mieli, Gianni
Letta, Savona, Brunetta, Bini Smaghi, Giachetti, Maria Elena Boschi… Cioè, la
classe dirigente.
Ma Milano accettò l’Italia a malincuore
Si resuscita Bossi contro Salvini, e Bossi resuscita
il leghismo “puro e duro”. Ma questo leghismo è molto più vecchio di Bossi, di
un secolo. E si manifestò anche, con asprezza – se i letterati erano “bonari”, bonariamente
unitari, come dice Baldacci, i milanesi no.
Avvenne tardi, a fine Ottocento, in preparazione
dell’era Giolitti, che Milano accettò l’unità, pur continuando a diffidare di Roma.
Fu dopo la sconfitta di Adua, 1896. Che fu la sconfitta di Crispi, l’odiato presidente
del consiglio che aveva indispettito i milanesi. Tutti: i federalisti di un
tempo, cattolici e repubblicani, gli unitaristi moderati, e i socialisti, nuovi
alla politica parlamentare.
Ancora un anno prima il socialista Filippo
Turati ribadiva sulla “Critica sociale”: esistono “due nazioni nella nazione,
due Italie nell’Italia, che discutono pel sopravvento”, e dava a Milano un
ruolo di guida politica per l’intera nazione e anzi di moralizzatrice del nuovo
Paese. Milano, federalista nel fondo con Cattaneo, aveva sofferto la politica
delle annessioni plebiscitate, e poi via via molte delle scelte politiche unitarie:
Firenze, Roma, il fiscalismo, il burocratismo, la guerra doganale alla Francia,
la Triplice Alleanza, che si voleva nemica di Parigi e Londra, le capitali cui
Milano guardava – i Verri, Federico Confalonieri, Manzoni.
Crispi individuava in Milano una “Repubblica
ambrosiana”, uno “Stato di Milano”. Che diceva dominato da una “fazione
aristocratica plebea” nemica dell’Italia.
In precedenza la
lamentela era “comune” (Fausto Fonzi, “Crispi e lo ‘Stato di Milano’”) contro l’“oppressione”
delle “classi dirigenti meridionali, che sfruttano le regioni più laboriose per
sostenere una pazzesca politica estera e coloniale”. Dopo Adua Milano fu agitata
da manifestazioni di piazza, che si concentrarono sul Comune, e imposero al
sindaco, Giuseppe Vigoni, di farsi latore a Roma di questo messaggio chiaro:
fine della guerra d’Africa e dimissioni di Crispi. Il che avvenne – Crispi annoterà
nel diario le parole della regina Margherita: “Questa volta ha vinto Milano”.
Milano sempre si mette in rapporto con “Roma”, con l’Italia, in termini rivendicativi, bellicosi. Da ultimo con la Lega e con “Mani Pulite”. Dopo la violenza di piazza, fino al terrorismo.
L'Italia perde terreno, il Sud regge
Le tabelle Eurostat registrano un calo
sostanzioso, un crollo, del peso realtivo dell’Italia nell’economia europea.
Nell’insieme, e pro capite. Dal 2000 in poi, da quanto Eurostat fa questo
calcolo (ma sicuramente da un decennio prima, dal crollo della lira). Ma il
calo è più marcato – molto più marcato - al Centro-Nord che al Sud.
La metà del’Italia che registra un pil pro
capite al di sopra della media europea ha visto il divario ridursi di 15 e 20, anche
30, punti percentuali – Roma di 40. Anche le province meridionali hanno perso
terreno sulla media europea, ma di poche unità: un miglioramento relativo,
rispetto al resto d’Italia.
Se l’Italia non corre il Sud non arranca? Quello
che si può dire è che il Sud mantiene le posizioni nella disgrazia generale: l’Italia
è in forte calo di produttività. È ancora un paese industrial, la seconda
economia manifatturiera d’Europa, pare, dietro la Germania. Che è l’attività
che dà più valore aggiunto. Ma con investimenti insufficienti, soprattuto nelle
infrastrutture (reti, comunicazioni, tecnologie, ricerca applicata). E un
settore dei servizi in grande espansione, ma nell’accoglienza (turismo), che è
un settore poco riproduttivo, piuttosto che in quelli tecnologici, finanziari, alla
persona.
Il
Sud deserto delle cattedrali
Il megarissaficatore
a Gioia Tauro, il Ponte sullo Stretto, e ora “le coste sarde contese dai big
dell’eolico: progetti per 1.500 nuova pale, torri alte 300 metri”.
Ci saranno dei
cicli nell’economia, come qualcuno ancora teorizza? Al Sud evidentemente sì, se
invece della manutenzione ordinaria (strade, ferrovie, ponti, porti, linee telefoniche,
wi-fi, etc.) si ripropongono le vecchie “cattedrali nel deserto” – anche l’eolico è pagato dallo Stato
(cioè da noi, lo paghiamo in bolletta “oneri di sistema”: un affare sicuro,
solo utili). Le raffinerie, i petrolchimici di Gela, Ottana, Brindisi, Crotone,
i tanti veleni disseminati da Montedison, la stessa acciaieria
di Taranto. Che hanno distribuito qualche stipendio, per alcuni anni, diffuso
molti veleni, e lasciato rottami. Senza fare o promuovere il circolo virtuoso
dello sviluppo.
Riproporre oggi
le cattedrali è però colpevole. Perché si sa che non sono motore di sviluppo né
lo avviano - la globalizzazione ha accantonato ogni altra teoria dello sviluppo,
i megainvestimenti come la cooperazione, magnificndo il lavoro: crescono, anzi
si moltiplicano, le economie che sono lasciate libere di lavorare, senza
ostacoli o limiti sui mercati. Ma anche perché si sa che le nuove cattedrali si
fanno al Sud sempre per il vecchio complesso nimby, not in my backyard, non nelle
vicinanze: fumi, polveri e puzze non valgono i (pochi) stipendi.
Milano
Sul “Corriere della sera” Elvira Serra racconta
“Una notte a Milano”. Non incontra che immigrati, o figli di immigrati, pagati
poco e pochissimo anche di notte, e tutti, senza eccezione, anche i più
giovani, preoccupati della violenza dei ragazzi. È vero che Serra viene dalla
Sardegna, però che notte a Milano!
Due francesi, impiegati di banca, dicono a Serra
di trovarcisi bene perché Milano è piccola, mentre Parigi è troppo grande, e vi
“si fuma troppo, ci si droga troppo”. A Parigi e non a Milano? E poi, aggiungono,
“prendiamo le paghe francesi, altrimenti a Milano non potremmo vivere”. Un
sogno.
Bacilieri, veneto,
con molte esperienze fuori, a Parigi e altrove, si considera milanese – “la mia
teoria”, confida a Luca Raffaelli sul “Robinson”, “è che, mentre non si può
diventare napoletani e direi neanche romani, si può diventare milanesi”.
Concludendo: “Magari ci vuole tempo e fatica, e chissà se vale la pena”.
Pronta Milano fa
la fiera del turismo lgbtq+. Con 547 partecipanti, di 39 paesi, di spiega con
orgoglio. Perché è un mercato speciale? Viaggiano molto. Quanti viaggi fanno in
un anno? Tre. Quanto spendono? 2-3 mila dollari, l’uno. Buoni clienti. L’unico
problema è aggiornare i portieri, quando in due, dello stesso sesso, chiedono
una matrimoniale. “Il turismo lgbtq+, che in Italia vale 2,87 miliardi, in
Europa 75, è un mercato che fa gola a molti”.
È a Milano che - si ricorda, ricordando Testori – fu bloccata
la “Arialda”, il dramma messo in scena da Visconti, con la collaudata compagnia Stoppa-Morelli. Dalla Procura di Milano, che già allora “faceva” l’Italia. Da
parte di un Procuratore Capo sempre napoletano, Carmelo Spagnuolo. La miscela
dev'essere micidiale.
Si aspetta per “montare” il caso della curva Inter svuotata
durante la partita perché il capo “ultra”, un pluripregiudicato, è stato
assassinato. Si aspetta di poter dire che c’è dietro la mafia, o la ‘ndrangheta
– ora ci vuole la ‘ndrangheta. Milano altrimenti non fa delitti.
Si indaga a Torino, la Juventus, in continuazione, a ogni assoluzione
segue un nuovo processo, non si indagano Milan e Inter per le stesse ipotesi di
reato, accordi con gli “ultra” e falsi in bilancio, Milano si sa proteggere.
Mafia?
Racconto lungo lusinghiero di Marco Missiroli pubblica “La
Lettura”, “Milano 100%”, dove si spiega così i timori del provinciale immigrato:
“Come in un verso di Enzo Jannacci un frammento di quella pubblicità che a noi
della riviera faceva tanta paura: la bottiglia dell’Amaro Ramazzotti proiettata
su dei palazzoni con sotto il traffico, la notte, e le luci dei neon rossi, la
città da bere”.
Giuseppe
Catozzella, autore di “Italiana”, romanzo “sull’unità dell’Italia”, nato e
cresciuto a Milano, si sente milanese. Pur avendo con Giorgio Dell’Arti su “Robinson”
ricordi tristi di scuola, per essere figlio di genitori lucani: “Ero l’unico di
origine meridionale. Mi sfottevano. Tanta sofferenza…”. Alla domanda: “I
milanesi sono razzisti”, rispondendo deciso. “Oh, sì. Molto razzisti”.
“Sir Thomas
More”, il drama elisabettiano a più mani, compreso Shakespeare, che ora si
recupera, parte da un evento del 1517, lo Ill May Day, il “Malo Calendinaggio”, quando Londra si ribellò contro gli
“stranieri” – “portano le malattie”, “si prendono il lavoro”, “si prendono le donne”
- e il futuro cancelliere del re Thomas More, allora sceriffo di Londra, si
prodigò per far tornare la pace.
Nel dramma More opera
per salvare un tracotante Francois de Barde, che si trascina dietro la moglie
di un onesto lavoratore, “un lombardo”, e un Cavaler, “un lombardo, o un francese”.
De Barde sarebbe
stato un mercante toscano in realtà, della famiglia dei Bardi. Ma la tracotanza
era ritenuta a Londra lombarda.
Tutte le province
meridionali sono al di sotto della media europea del pil pro capite. Ma anche
le province di Como, Lodi e Pavia, con Varese poco sopra, il feudo leghista.
leuzzi@antiit.eu
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