Tra la statuaria romana, sotto le volte di palazzo Altemps, l’universo umbratile – tutto sommato – di Virginia e Leonard Woolf, delle loro edizioni pregiate, con torchi a mano: un catalogo piccolo, quello qui in mostra, ma dalle copertine tutte per qualche motivo golose. Di più, e soprattutto, una mostra dei quadri e disegni di Vanessa Bell, la sorella di Virginia, e di artisti in qualche modo a lei connessi, nella tarda scoperta londinese degli impressionisti francesi e dei loro epigoni – di un’altra maniera di dipingere. Che la National Portrait Gallery di Londra prova a rilanciare da Roma, dalla sede prestigiosa del Museo Nazionale Romano, opera imponente (e insieme, curiosamente, anch’essa “segreta”) di Melozzo da Forlì, accanto a piazza Navona, luogo denso di turismo – tutto l’opposto di Bloomsbury, il quartiere di Londra che dà il nome al gruppo woolfiano, allora imponente (ospedali, università) e semidisabitato, semiperiferico.
Virginia Woolf non
cessa di stupire - anche al di fuori del femminismo, forse di più. Qui le
ricorrenti psicosi, di cui non riuscì a liberarsi, malgrado i tanti affetti che
la circondavano, emergono come una costante, a fronte dell’esuberanza della
sorella maggiore, che ebbe anche tre amanti in contemporanea, compreso il
marito da cui prendeva il nome, Duncan Bell. In un incrocio di artisti,
letterati, economisti, diplomatici, di eleganza e influenza, artistica e di
costume, che è sfavillante, come si sa (Keynes, Nicholson, Lytton Strachey,
lady Ottoline Morrelle e quindi Bertrand Ruseell, tart i tanti). Ma resta, o
comunque appare, intima, riservata. Come autoemarginata, che è forse l’effetto
dello snobismo - che purtroppo continua a dominare la scena, anche in questa memoria.
Curano i testi, in
schede più narrative che didascaliche, Nadia Fusini e Luca Scarlini.
Nadia Fusini-Luca Scarlini (a cura di), Virginia
Woolf e Bloomsbury. Inventing Life, Roma, Palazzo Altemps
Nessun commento:
Posta un commento