astolfo
Elena Ferrari – È una delle
tante donne giovani e belle spie che la Russia sovietica infiltrava in Europa
tra le due guerre, negli ambienti letterari e artistici. Nata Ol’ga Fedorovna
Revzina, nel 1889, a Ekaterinoslav, emerge a Mosca nel 1916, attivista del partito
Socialdemocratico-frazione bolscevica, e
si distingue, in divisa militare, con i gradi di capitano, nella guerra civile
contro i Bianchi controrivoluzionari, perdendo un dito della mano sinistra. Smobilitata,
entra alla scuola della Čeka, il servizio d’intelligence sovietico poi Kgb a
Mosca, e presto si ritrova in Turchia, ufficialmente addetta all’ambasciata,
col compito di spiare le attività dell’armata di Vrangel’. È in Turchia che
adotta lo pseudonimo Elena Ferrari: si presentava infatti come cittadina
italiana.
A Roma “Ferrari” arriva nel settembre 1924, addetta culturale all’ambasciata
sovietica. Ma prima ha fatto esperienza diplomatica a Berlino, centro allora di
transito o di permanenza di quasi tutta l’intellighencija russa,
emigrata e non. A Berlino fa la conoscenza, fra i tanti, di Maksim Gor’kij,
Chodasevič, Šklovskij, Nabokov. E pubblica nel 1923 una piccola raccolta
poetica, “Erifilli”. La critica di Gor’kij, che giudica la plaquette
“artificiosa”, non la smonta, e a Roma, dove viene trasferita, nel settembre dell’anno
successivo, reitera con la raccolta “Prinkipo” – dal nome greco delle isole
antistanti il Bosforo. A Roma ha maggiore fortuna. Vi è arrivata introdotta da
Ruggero Vasari, conosciuto a Berlino. Vasari, futurista oggi dimenticato, poeta
e pittore, autore del dramma “L’angoscia delle macchine”, la introduce nel
mondo dei Bragaglia, gli animatori della scena teatrale e artistica della
capitale degli anni 1920. E il ventenne Vinicio Paladini, nato peraltro a Mosca,
da madre russa, il futuro architetto futurista, già bolscevico e rivoluzionario,
s’incarica della pubblicazione, disegnandone la copertina e le illustrazioni –
la traduzione è affidata a Umberto Barbaro, altro ventenne, siciliano. Il 2 febbraio 1927 figura tra gli artisti del movimento artistico-letterario che Paladini lancia, Immaginismo - con Barbaro, Dino Terra, Paolo Flores e altri. Claudia
Salaris fa dell’“agente segreto sovietico Elena Ferrari” una delle tante “Donne
d’avanguardia” che ha pubblicato qualche anno fa.
Per evitare legami, “Ferrari” fu però presto assegnata all’ambasciata di
Parigi, e successivamente con vari incarichi negli Stati Uniti, sempre in qualità
di letterata-spia. “È difficile dire se le sue occupazioni letterarie fossero
motivate dai compiti che le assegnava il controspionaggio o se fossero uno
sfogo emotivo, un riposo intellettuale”, concluderà il suo studioso Lazar
Flejšman. Richiamata a Mosca nel 1936, nella lotta di potere al vertice
dell’Urss che finì con la lunga stagione dei processi, fu condannata a morte
nel 1938.
“Elena Ferrari” non era la sola, la procedura era standard, nella Čekà e
poi nel Kgb, di “piantare” una bella donna accanto a un facitore, per un
qualche verso, dell’opinione pubblica: la politica
delle “compagne” appassionate dell’intellighentsia occidentale è un unicum nella storia della turpitudine,
ma fu praticato su vasta scala. Tutte comunistissime pur essendo anticomuniste,
buone con Mosca cioè. Tutte sposate prima a un uomo inutile, la procedura è standard: Moura Budberg, dapprima con
Gor’kij, buon sovietico ma sospetto, poi con H.G.Wells, Tatiana e Giulia
Schucht, le sorelle Kagan (Elsa Triolet e Lilja Brik), Gala multiforme,
Margarita Konenkov, che Einstein arrapava, la principessa Kudasheva, musa di
Rolland. Neppure ipocrite, Elsa l’ha detto, la sposa e musa di Louis Aragon, oggi
dimenticato per molti decenni a metà Novecento figura centrale dell’intellighentsia
parigina: “Mi piacciono i gioielli, faccio parte dell’alta società, e posso
essere una sporcacciona. Sono un agente sovietico”. Con l’aggiunta non ironica:
“Mio marito è un comunista, ed è colpa mia se lo è”, al “contadino di Parigi”
Aragon non lasciando neanche la colpa dell’abiezione.
Con Majakovskij la partita fu invece più sottile, come del gatto col
topo. quando a
vent’anni il poeta s’imbatté in Lilja, sotto forma della più giovane sorella
Elsa che lo innamorò. Lilja, già di ventisette anni, se ne impadronì e ne terrà
strette le briglie col marito Osip. Nelle relazioni
maschili, con le spie Agranov e El’bert, che lo controllavano, e in quelle
femminili. Quando nel 1928 Elizaveta Zilbert, in arte Elly Jones, da New York
decise di recarsi a Parigi e rimettersi col poeta, Lilja l’anticipò,
promuovendo l’affascinante Tat’jana Jakovleva, un’emigrata. Quando l’anno dopo
il poeta ingenuo s’apprestava a proporre le nozze a Tat’jana, Lilja fulminea
scambiò le parti: Tat’jana andò sposa a un visconte du Plessix, mentre una
Veronica Polonskaja si rese disponibile, benché sposata. Poi Majakovskij morì –
e Lilja ne ebbe gloria pereptua.
Europa testa di
ponte
– Ritorna l’Eurasia, col conflitto russo-ucraino, e all’interno dell’Eurasia
ritornano la prima nozione di geopolitica, un secolo fa, che ne faceva “il pivot”
del potere mondiale, e all’interno di essa individuava il nucleo condizionante
nell’Europa Centro-Orientale - la Germania, per intendersi, e la Russia.
Ritorna nell’aggiornamento che ne ha fatto Zbigniew Brzezinski a fine
Novecento, ne “Il grande scacchiere”, esattamente venticinque anni fa, nel
1997, riscoperto con la guerra.
L’Eurasia “pivot
geografico della storia”, o heartland, cuore geografico, è una delle
primissime nozioni di geopolitica – dopo la discussione a fine Ottocento se
conta più nel potere mondiale la terraferma (Germania) oppure non contano i
mari (Inghilterra). La elaborò il geografo inglese Harold Mackinder nel 1904,
in un saggio, “The Geographical Pivot of History”, presentato il 29 gennaio
1904 alla Royal Geographical Society e subito dopo pubblicato. Condensandola in
una sintesi presto famosa: “Chi comanda l’Est Europa comanda lo heartland eurasiatico,
chi comanda lo heartland comanda l’Isola-mondo, chi
comanda l’Isola-mondo comanda il mondo”. Sottintendendo che l’Europa
occidentale era una “testa di ponte” verso il “cuore del potere” mondiale.
Brzezinski
aggiorna il “pivot geografico della storia” di Mackfinder alla luce della
globalizzazione economica, del ruolo nella distribuzione mondiale del potere
assunto dal continente asiatico, Cina e India, e fa dell’Europa – lui
esplicitamente - una mera testa di ponte verso l’Eurasia. “Gli Stati Uniti
potenza non Eurasiana”, spiega, “ora godono del primato internazionale con la
loro potenza direttamente dispiegata su tre periferie del continente
eurasiatico”, l’Europa occidentale, il Medio Oriente e il Giappone, “dalle
quali esercita un’influenza potente sugli Stati che occupano l’hinterland
eurasiatico”.
Imperialismo – Alla conferenza di Bandung, in Indonesia,
nell’aprile del 1965, che riuniva 29 paesi ex coloniali (una conferenza poi
famosa, negli annali della diplomazia, perché proclamò i punch sila, i
cinque pilastri del non-allineamento tra Occidente e Unione Sovietica), il
presidente indonesiano Sukarno, che ospitava la conferenza, tracciò la lifeline
dell’imperialismo. Una linea che andava dallo Stretto di Gibilterra, attraverso
il Mediterraneo, al Canale di Suez, il mar Rosso, l’oceano Indiano, il mare
della Cina meridionale, e il mare del Giappone. Per gran parte della linea, al
di sotto e anche subito sopra, i territori erano colonie, le popolazioni non
erano libere ma sottomesse, politicamente e anche economicamente.
Lutgarda, santa – È la
santa protettrice dei fiamminghi. Una badessa del dodicesimo secolo, che si
distinse per vivere praticamente in condizione mistica, con numerose visioni
della Passione. Negli ultimi undici anni di vita soffrì di cecità totale. Le
sue visoni furono presto famose, tanto da farla passare da una condizione
modesta al priorato di un importante convento cistercense, Aywières, comunità di lingua francese, dove Lutgarda si ostinò a parlare fiammingo. Fra le tante visioni una delle più
importanti la ebbe nel 1216, poco dopo la morte di papa Innocenzo III: vide il
papa tutto avvolto dalle fiamme, ma in Purgatorio, dove sarebbe rimasto fino
alla fine del mondo, in espiazione. La beatificazione avvenne poco dopo la
morte. Ma Il
“Penguin Dictionary of Saints” di Donald Attwater, è scettico: “Molte visioni
ed esperienze mistiche si celebrano di lei ma il suo quasi contemporaneo
biografo era piuttosto credulo”.
Wikipedia vuole la santa simbolo del nazionalismo fiammingo, per essersi
impegnata all’uso nelle pratiche del fiammingo come lingua. La vita
della santa di Thomas Merton, “What Are These Wounds?: The Life of a Cistercian Mystic Saint Lutgarde of
Aywières”, riedita nel 2015, è andata subito esaurita.
Nel dodicesimo secolo molte badesse avevano molto potere, e anche
influenza in tutto il mondo cristiano. Profondendo molta santità. Successivamente
meno. Ma le badesse di Port Royal al tempo del giansenismo, Angélique e Agnès
Arnauld, esercitarono molto potere, sorelle fra di loro e sorelle del Grande
Arnauld, autrici di diari importanti.
Mary Celeste – È la nave fantasma
di molta narrativa, ritrovata alla deriva, al largo di Gibilterra, nel 1872,
senza nessuno a bordo, mentre era in navigazione verso Genova, con un carico di.
Nota anche, oltre che per la scomparsa dell’equipaggio e del carico, senza che
si sia mai potuto fare un’ipotesi certa delle cause del naufragio, come la nave
portajella per eccellenza nel mondo scaramantico della marineria, che pure non
difetta di catastrofi, per una serie di incidenti che aveva assommato nella sua
breve vita.
Un brigantino varato in Canada, in Nuova
Scozia, nel 1861, col nome di Amazon. Ribattezzato otto anni più tardi, nel
1869. Il suo primo capitano morì alla partenza del primo viaggio, dopo il varo.
Alla fine del primo viaggio, si contrò nella Manica con un altro brigantino. Nel
1869 fu rivenduto perché in secca, per una brusca manovra andata navale, nella
baia di Glace, sempre in Canada, Nova Scotia - dopo la vendita fu ribattezzata.
Al momento della scomparsa trasportava un carico di alcol da Staten Island, New
York, a Genova. Al comando del capitano Benjamin Briggs era un equipaggio di
sette uomini. Col capitano viaggiavano anche la moglie Sarah e la figlia di du
anni, Sophia Matilda. Il 4 dicembre 1872 l’ultimo avvistamento: dalla “Dei Gratia”
la incontrano al largo del Portogallo, verso le Azzorre, alla deriva a vele
spiegate in direzione di Gibilterra, con nessun segno di presenza a bordo. I
marinai del “Dei Gratia” non trovarono nessuno a bordo, anche se la nave era in
buone condizioni. Il carico di 1701 barili di alcol era intatto. Ma all’arrivo
a Genova nove barili furono trovati vuoti. Mancavano anche la maggior parte delle
carte d brodo – le ultime annotazioni risalivano, in vista di Santa Maria delle
Azzorre, al 25 novembre. Pochi giorni prima dell’incontro col “Dei Gratia”.
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