La Russia deve morire
Putin perpetua la tradizione
plurisecolare imperiale della Russia, nel mondo slavo e nel Caucaso, in
Armenia, Georgia e Azerbaigian. Rinvigorita dal sovietismo. La Russia non si acconcia
a un ruolo al passo con i tempi, non più dominante, dittatoriale, su questa o quella
parte dell’Europa orientale che in qualche modo, in qualche periodo storico, è stata
impero russo. È il fondamento della persistente autocrazia russa: autocrazia
(illibertà) e impero si alimentano vicendevolmente.
È questa “la” Russia,
l’anima russa? Applebaum vi accenna. Ma non bisognerebbe sottovalutare che da
un secolo e mezzo almeno un vasto fronte russo di tendenze liberali e democratiche
è esistito, seppure con scarsa fortuna politica, e quasi sempre finito in esilio
- quando non in Siberia. Questo Applebaum sottolinea anche: che dal secondo Ottocento
una diaspora russa si è creata, di intellettuali e anche di gente semplice, che
non sopporta quella che si potrebbe definire alla Marx “ideologia russa”, dell’autocrazia
imperiale. In frotte, in massa. A fine Ottocento. Dopo l’abortito costituzionalismo
del primo Novcecento. Dopo la presa del potere bolscevica. Con gli accordi per
l’emigrazione Kissinger-Breznev. Dopo il crollo del sovietismo. E perfino ora,
con la guerra in corso.
Un’ideologia russa
perseverante, si potrebbe aggiungere, secondo la triarchia dominante negli
studi sul potere sovietico in auge negli anni 1950-1960:
partito-esercito-polizia, il ruolo del partito bolscevico sostituito da un
patriarcalismo tradizionalista a base ortodossa, chiesastica. Il tutto però
sempre, è ancora da aggiungere, nell’Ottocento, nel Novecento, e in questo
primo Millennio, nel quadro di una “questione slava” irrisolta. Tra gli slavi,
e nell’ottica europea. Da intendersi dell’Europa occidentale, quella che ha
seguito un diverso percorso storico, derivato da Roma e dalla chiesa di Roma.
Nell’immediato,
alla radice di questa guerra, Applebaum trascura – come tutti, peraltro -
che si è arrivati
all’occupazione della Crimea, e ora all’“Operazione speciale”, dopo una annuale
querelle invernale sui transiti del gas russo, due colpi di Stato di
piazza contro presidenze elette che non volevano fare la guerra economica alla
Russia, e il tentativo insistito di portare la Nato alla frontiera con la Russia.
Ribaltando il principio di diritto internazionale stabilito nella crisi dei
missili a Cuba nel 1962: che una potenza non può sovvertire unilateralmente gli
equilibri nucleari, non – specificamente - portando gli arsenali nucleari alle
sue frontiere geografiche – la guerra missilistica non ha cancellato il
territorio, la geografia. Dice però che l’Ucraina non combatte l’imperialismo
russo: combatte la Russia. “L’idea che ci possa essere una Russia differente,
una Russia che sia una nazione-stato e non un impero, non ha molto peso in
Ucraina in questo momento. Al contrario, molti Ucraini considerano
l’opposizione democratica russa altrettanto colpevole, altrettanto
imperialista, e altrettanto responsabile della guerra quanto i non-dissidenti”.
Questa è lidea del presidente ucraino Zelensky, che ha promosso la chiusura
dell’Occidnte agli espatri dalla Russia
Russia – “non ci sono russi buoni”.
Applebaum cita anche la giornalista Olga Tokariuk, nota in Italia dagli schermi
Rai e Mediaset: “Perfino i russi ‘liberali’ hanno ripetutamente espresso idee
imperialistiche in materia di politica estera e di Ucraina. C’è tolleranza alla
guerra e avversione alla democrazia”.
Pubblicato col doppio titolo, sulla rivista e online.
Anne Applebaum, The Russian empire must die
(Putin must loose), “The Atlantic”, free online
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