Comincia con Caterina Caselli, “Nessuno mi può giudicare”, finisce con Bach, “La passione secondo san Matteo”, ma è un film sadomaso. In vesti lesbiche, o queer, ma violento, dall’inizio alla fine. È divenuto famoso – è stato promozionato – perché la protagonista fa l’amore con una macchina, un’automobile, che in effetti è l’unica scena “ben fatta”, ma è un’attrazione pubblicitaria a un salone dell’auto, tra passanti distratti o appena incuriositi, in cui le modelle sono professioniste della lap-dance, si contorcono sulle superfici luminescenti invece che attorno al palo. È un momento, presto si passa a strizzoni sanguinolenti, autopunizioni, mutilazioni, incendi, gli incendi sono molti, fano fuoco e fumo, assassinii con gli spilloni in testa, con le sciabole, con le mani, tentati aborti con i ferri infilati, e infine un parto, forse di un mostriciattolo.
Un film del genere
horror. Che però si presenta con la palma d’oro a Cannes, come un film d’autore.
Cannes, il “cinema francese”, si sono voluti adeguare a Venezia, che aveva premiato
il genere - Guillermo del Toro, “La forma dell’acqua”, “Pacific Rim”, o Iñarritu?
Poi anche Oscar, quindi una “tendenza” del cinema mainstream? Rivisto a
distanza è poca cosa: una sorta di bestia selvaggia, in ambiente urbano scuro
come una foresta, che dopo molti grugniti e violenze si lascia infine domare.
Resta l’interrogativo
se i critici vedano i film che recensiscono o presentano, li vedano per intero.
Julia Ducournau, Titane,
Sky Cinema
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