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sabato 24 dicembre 2022

Secondi pensieri - 500

zeulig

Anima - “Non esiste. Esiste però l’idea di anima”, Umberto Galimberti. Cioè esiste, anche se non è una cosa. Sono le parole cose – “Nomina sunt consequentia rerum”. Anche se non sono un minerale, un oggetto.
 
Colori
– “Nel rapporto con i colori Platone è moralista, puritanio. Non ama la pittura, la considera un inganno. Per Aristotele il colore è luce, per Platone materia vile. Quella disparità di vedute attraverserà per secoli l’intera cultura occidentale. Dal Medioevo alla Riforma protestante, l’influenza platonica sarà decisiva” – Michel Pastoureau.
Bisognava pensarci: la Chiesa aristotelica, la Riforma platonica?
 
Dio – Quello biblico è Signore degli Eserciti. Non necessariamente angelici.
 
Era inizialmente uno degli dei, la divinità. Anche se nel “Genesi” è il creatore del mondo.
Dovendo dare un nome al Padre dei Vangeli, questo venne dalla pratica politeista, una denominazione. Il mistero è semmai la relazione tra il Padre e il Figlio – non mediato ma ampliato (complicato) dallo Spirito Santo. Il mistero è Gesù, l’Incarnazione. Il mistero originario, prima e più illogico della Resurrezione.  
 
Illuminismo – È cristiano, anche quando professa l’ateismo. Dice Enzo Bianchi: “In quanto cristiani abbiamo la capacità e il dovere di chiedere libertà, uguaglianza, fraternità. Sono i valori già espressi dall’illuminismo”. Che si radica nel cristianesimo.
È cristiano come tutto.


Sinistra – La “sinistra” politica è solo politica, anzi ideologica. Adagiata su presupposti. Tra i quali ci sarebbe la contemporaneità, l’ascolto e l’analisi della realtà del mondo, produttiva, sociale, ideale (ideologica), man mano che si sviluppa, nelle sue cause e nei suoi effetti, secondo l’approccio critico che Marx ha teorizzato – e praticato nei suoi studi. Dovrebbe esserci, ma è eliminata nella pratica, o trascurata: non ci sono molte analisi o studi, anche in epoca di presunzione critica, realistici e quindi incisivi della vita in Italia, politica, economica, sociale (civile). O nel mondo: si vive nel mondo passivamente, come nell’ignoranza. Ci sono molte parole, molto vuote.
La sinistra è una petizione di principio, che trascura la realtà perché la disprezza – la persona di sinistra ama dirsi “nata di sinistra”. Per l’influsso idealista. Negato in punto di principio ma di fatto invasivo, quasi abitudinario – piccolo borghese nella terminologia di Marx, gozzaniano, delle “piccole cose di pessimo gusto”, naturalmente idealizzate, di gusto quindi ottimo, insuperabile.
Il criterio base dell’uguaglianza (Bobbio) è improvvisamente sorpassato. È valore comune, non più discusso, nelle società e in sede internazionale – i piccolo contano come grandi, cioè non contano, in un mondo da tempo piramidale. Per qualche aspetto (“a ognuno secondo il merito”) questo criterio base è talvolta rovesciato - mentre la destra é anche “sociale”.
Dove altro si radica allora la differenza? Nella dicotomia conservatorismo-progressismo? Liberismo contro socialismo? L’individuo contro le masse? Fascismo contro democrazia – il fascismo nessuno lo professa? Il “sistema” e l’“anti-sistema”? Lo Stato etico e l’anti-Stato – una dicotomia risolta nello Stato sociale? Il conformismo e l’anticonformismo? Perfino la controinformazione può essere di destra – lo è negli Stati Uniti, nei social e nei media tradizionali. Rovesciata è anche la dicotomia austerità\produttivismo: dov’è il valore e dove il disvalore? Il riformismo è s(t)olida burocrazia – di Bruxelles, del Fmi, della Bce. L’ambientalismo a lungo è stato di destra, dai Wandervogel a Hitler (sic!) e a Savitri Devi. I “diritti”, di genere, identità, incapienza, disabilità (nonché, curiosamente, di immigrazione) sono praterie aperte, campo di esercizio e fiera di buoni propositi, di bontà.
La sinistra politica resta come ideologia idealista. Finendo per adagiarsi sulla buona coscienza di sé, da “società civile”, dei “belli-e-buoni” direbbe il greco - la kalokagathia della Grecia di Atene aristocratica. Nella autoindulgenza.

Nel tentativo in corso di rianimare in Italia il partito Democratico, un partito politico di sinistra, si è potuto affermare che “due ex Dc stanno portando il Pd alla Livorno del 1921”, lo stanno riportando cioè alla nascita del partito Comunista d’Italia. Un secolo fa. Una confusione che solo esplicita indifferenza. Verso un progetto preciso, ancorato alla realtà del momento, delle cose, in una prospettiva di miglioramento per il più gran numero.

Il dibattito sul Pd è anche, effettivamente, promosso e discusso da (ex) democristiani. Che non si fanno mancare nulla, e quindi nemmeno la nascita del comunismo nel 1921. Oggi come già cinquant’anni fa o poco meno nei governi del compromesso storico.  Che è rimasto infatti il sogno della (ex) Dc: governare in sicurezza, col sostegno comunque dell’(ex) Pci. Un compromesso teorizzato da Berlinguer, realizzato da Scalfari, un anticomunista - da Scalfari con Andreotti, tramite il segretario Franco Evangelisti. Contro, poi, i buoni governi di centro-sinistra imposti da Pertini, per l’impossibilità voluta da Berlinguer di costruire un fronte politico di sinistra. Un compromesso con i Democristiani, che si sogliono dividere fra destra, centro e sinistra, ma furono e sono un unico partito, cambiano solo il nome.
Non si fa la storia della Repubblica. Una storia vera, non quelle prevenute di Ginzberg o, oggi, di Gotor.  Ma i fatti politici sono quelli: il Pci ha impedito la crescita della sinistra, e si è dissolto, ruota di scorta dei giovani ex Dc. Mentre molta materia di sinistra, il salario, il fisco, il potere d’acquisto, il bisogno, il Mezzogiorno, perfino i diritti civili, sono diventati materia anche di destra, seppure sotto la forma vituperata del populismo – ma non vuota come il populismo si suppone essere. Manca, per esempio in Ginzberg, storico di partito, naturalmente il dato forse più importante della storia politica italiana del dopoguerra: la divisione della sinistra quando nel 1956 Togliatti scelse Mosca invece dell’autonomia, e la sua imbalsamazione. L’imbalsamazione della sinistra, in Italia, l’unico paese dell’Occidente – sì, dell’Occidente, c’è più dialettica politica negli Stati Uniti, pur mancando il verbo socialista.
Si può dire lo stesso in generale, prescindendo dal caso Italia? No e sì. Resta ovunque incerto il confine fra destra e sinistra politiche. Un caso coinvolgente, ora al drammatico epilogo?, è quello del “mercato”. L’Europa ha smantellato trent’anni fa ogni protezione “sistemica”, nelle produzioni primarie come negli approvvigionamenti essenziali, per esempio del gas, nel nome del mercato, e del vantaggio dei consumatori. In Italia questa “Europa” è stata realizzata da Draghi, in qualità di direttore generale del Tesoro, “padrone” delle grand utilities allora pubbliche. E gestita politicamente, perversamente, dagli ex comunisti del partito Democratico, tra essi in alle attività produttive l’ora capo della sinistra anti-sistema Bersani. Senza nessun vantaggio dei consumatori, il fatto ormai è acquisito e non contestato, né in prezzi né in qualità - tutti i servizi sono costosi e inefficienti, tutti i beni di consumo sono più costosi in rapporto al reddito. Ma non se ne parla.

La giustizia politica in questo “compromesso” autoreferente è diventata di sinistra, che era arma dei vecchi regimi, e poi delle dittature. La guerra è diventata di sinistra. Vale sempre quanto questo sito annotava undici anni fa, dopo la guerra improvvida alla Libia.

Venerdì 1 luglio 2011
Guerra, processi, mercati: questa sinistra è di destra
È la guerra di sinistra, malgrado le marce, le manifestazioni e i vessilli per la pace? Impossibile, le mamme sono sempre le stesse, che portano i figlietti alle marce con i drappi arcobaleno, le suore, i francescani, gli animalisti, e le tante altre anime buone. È però un fatto: la destra è sempre tentata di andarsene dall’Afghanistan, e non voleva bombardare la Libia, la sinistra marcia entusiasta, specie con Obama. Sui giornali di destra è possibile reperire qualche cifra di quanto le guerre per gli Usa ci costano (sui due miliardi di euro, l’anno), sull’“Unità” o su “Repubblica” no.
L’inversione dei ruoli è ormai un dato storico. Partita con la giustizia politicizzata, che in ambiente occidentale è sempre stata di destra, fascista, maccarthysta, democristiana (indimenticabili gli scoop “Lo specchio”-Andreotti a ogni elezione). E ampliata col mercatismo, cui la sinistra, forse per essere arrivata tardi o impreparata, è stata ed è singolarmente prona, a quella finanziaria dei Soros, che pure annientò l’Italia, a quella della grande distribuzione, a quella della rendita urbana, che da un paio di generazioni ormai sa che dev’essere di sinistra per andare impunita. La sfera privata e il libero giudizio, da sempre il fondamento della democrazia, sono ora perseguiti, ma non da destra come ci si aspetterebbe, da sinistra. Mussolini, che non si può apprezzare in nessun modo, ammetteva le barzellette, ora non più: il controllo, morale, impegnato, progressista, si vuole totale, fino alle imprecazioni involontarie.
Ora la destra, da sempre “amerikana”, mette in dubbio che fare le guerre sia l’unico criterio per essere un alleato affidabile. Gli stessi Usa, a destra e a sinistra, discutono d’altra parte l’opportunità di continuare le guerre in ambiente islamico che in dieci anni sono costate più dell’ultima guerra mondiale. A sinistra no, non si può discutere. A partire dal presidente Napolitano, se ne fa una questione dirimente: bisogna fare le guerre, ogni volta che Washington chiama.
I diritti? La pace? Domina a sinistra il conformismo. Si può pensare questo stato della sinistra come un riposizionamento tattico, a destra per vincere le elezioni. Ma non c’è strategia, né tattica: è proprio un modo d’essere, spontaneo, viscerale, irragionevole. Pieno di sensi di colpa anche, i processi politici sono la macchia più terribile del comunismo, ma soprattutto di conformismo. Come se la Germania fosse alleato meno affidabile dell’Italia perché non va a bombardare la Libia. Due presidenze (ex) comuniste, di D’Alema al governo e di Napolitano al Quirinale, e due guerre inutili – tra l’altro dannose anche all’Italia.
(continua)


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