I lavoratori stranieri censiti in Italia sono 2.257.000, in calo quindi dai 2,5 milioni pre-covid. Sono il 10,2 per cento dell’occupazione totale – erano il 10,7. Una percentuale che è più elevata in alcuni settori: sono il 15,3 per cento nell’accoglienza (alberghi, ristoranti), il 15,5 per cento nell’edilizia, il 18 per cento in agricoltura, e due su tre, il 64,2 per cento, nella collaborazione domestica. Oltre che nei servizi alle famiglie, i lavoratori immigrati hano un peso decisivo anche in alcune attività produttive: sono il 38 per cento dei braccianti, il 25,3 per cento dei manovali edili.
Tra il 2019 e il
2022, per le lunghe fermate produttive a causa del covid, sono diminuite le
presenze degli immigrati europei: del 6 per cento i rumeni, che restano la
comunità nazionale più presente (un milione 76 mila), del 3 per cento gli
albanesi, la seconda comunità più numerosa (ora a 421 mila), del 10,3 per
cento i polacchi, dell’11,1 i bulgari. Sono invece molto aumentati gli immigrati
cinEsi (+ 14,4 per cento) e bengalesi (+ 13,8), e in misura minore marocchini
(+ 3,5 per cento), che ora sono la terza comunità straniera in Italia, 414 mila
i censiti.
Un corposo volume,
molto più dettagliato del dossier annuale del ministero del Lavoro, curato dal
centro studi e ricerche Idos (Immigrazione Dossier Statistico), creato all’interno
della Caritas romana per analizzare annualmente l’andamento dell’immigrazione. Con
molte analisi qualitative e tavole dettagliate regione per regione.
Idos, Dossier
statistico 2022, pp. 500 € 2-25
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