Giuseppe Leuzzi
“Povero come
un gatto del Colosseo” è un verso di Pasolini, “Il canto della scavatrice” – in
“Le ceneri di Gramsci”. “Povero come il gatto dei vicoli napoletani” era un
verso di Elsa Morante, “Alibi”. Neo realismo? Quello vero (De Sica, Zavattini)
non era “meridionale”.
“L’immagine
topica del «paese presepe» è una delle più ricorrenti nella narrativa e nella
letteratura meridionalistica”, trova Vito Teti, in “Restanza”, 40. Ma poi elenca
una serie di scrittori in gran parte settentrionali – e più famosamente scrittori
di “paesi” (Revelli, Meneghello, Pavese): Zanotti Bianco, Giuseppe Isnardi,
Alvaro, Verga, Silone, Iovine, Scotellaro, Pasolini.
Alvaro, poi, è lo scrittore più
cosmopolita del primo Novecento, più e meglio di D’Annunzio.
Una richiesta
di pizzo (150 euro in bitcoin) ai marchesi Incisa della Rocchetta, i vignaiuoli
piemontesi trapiantati in Toscana per via di matrimonio, produttori famosi col Sassicaia
di Bolgheri, denunciata ai Carabinieri di Livorno, porta in poche settimane a
identitifcare il ricattatore (un informatico di Trieste). Quante denunce analoghe,
fra le decine, centinaia, migliaia che si fanno al Sud hanno portato a
individuare e neutralizzare il ricattatore? Poi si dice la mafia.
Pavese, è
ipotesi di De Martino, l’antropologo, che con lui collaborò alla creazione della
collana Viola in Einaudi, viveva a Torino col fantasma ineliminabile dell’infanzia
a Santo Stefano Belbo - figlil non amato, si può aggiungere, di genitori cittadini,
torinesi. Non era il solito meridionale immigrato, ma ne aveva le stimmate: ha
vissuto e scritto da meridionale, sia pure leghista ante litteram (“La luna e i
falò”, i vari Masino).
Dopo esserlo
stata del covid, Milano è l’epicentro del vaiolo delle scimmie: quattro casi su cinque, 284, sono segnalati dall’Ats Milano.
Naturalmente
non c’entra la peste, Milano è contagiosa perché è aperta, cosmpolitica,
dromomane, non perché la sanità funziona male – la Regione Lombardia ora
appresterà una task force specifica, e disporrà la vaccinazione. E poi non è come il Sud, che
nasconde i casi.
Il ritorno è difficile
Il ritorno
può essere fortemente avversato, quasi una dichiarazione di fallimento. Ma
anche perché la partenza è spesso fortemente avversativa, polemica. “Mi batterò
come un leone per non essere costretto a tornare nell’inferno del mio paese”,
scriveva Fortunato Seminara, di Maropati, all’amico La Cava, a Bovalino. Aggiungendo:
“Benché sappia (fino ad ora) che la vittoria, se riuscirò a conseguirla, mi
costerà lacrime e sangue”.
Il caso di
Seminara è diverso, non era partito arrabbiato. In realtà era tornato in paese,
dopo un’emigrazione sfortunata a Napoli e in Svizzera, e un tentativo non riuscito
di andare in America. E lì aveva scritto il meglio dei suoi romanzi e racconti –
un “lavoro” che aveva scoperto nella solitudine in Svizzera. Scriveva a La Cava
da Roma, nel dopoguerra, dove non riuscì ad ambientarsi.
Milan l’è sempre un gran Milan
Il sindaco di
Milano Sala, che non ci azzecca nulla, si scaglia non richiesto, in un elogio
di Draghi, contro il Ponte sullo Stretto, “una proposta inutile se non dannosa”.
Può anche darsi che Sala non sappia nemmeno dove lo Stretto (di Messina) è, a
Milano succede. Ma il Ponte è dannoso per chi? Per i rivieraschi probabilmente,
che si dovranno fare un’alta vita. Ma per Sala?
Inutile
non si direbbe. Sala è un manager, uno
di quelli che sanno di che parlano. Ma è anche un sindaco di destra - portato
su dalla Moratti, per la quale ha fatto il direttore generale del Comune di Milano, il presidente dell’azienda energetica lombarda A2A, e quindi il direttore
di Expo - tourné a sinistra. Inutile e dannoso per il costo? Il suo “vecchio
amico” Ercole Incalza, l’ex direttore generale delle Infrastrutture, forte del
miliardo e 250 milioni di contributi pubblici spesi senza ritorno per la fiera
del nulla che fu l’Expo, lo può deridere per questo: il mancato ponte “costa”
ogni anno sei miliardi alla Sicilia e all’intero Paese.
Tutta
l’Europa, e anche l’Asia, anche il Sud America, collega i territori sparsi con
ponti. Incalza elenca una serie di pareri costernati dei commissari europei alle
Infrastrutture e Trasporti dei suoi anni, una decina d’anni fa, Loyola De Palacio,
Karel van Miert, sulle perdite di valore aggiunto che l’Italia si infligge
tenendo isolata la Sicilia. L’Italia che ha la ricchissima, fertilissima, attivissima
Sicilia a tre chilometri di mare, non può metterla in valore, “Milano” non
vuole.
Sembra strano
che Sala, il manager tourné sindaco, e di sinistra, non abbia altro di
cui occuparsi che del Ponte sullo Stretto – che lui sa benissimo che non si farà.
Non era un grande manager e non è un grande politico, ma per sapere del Ponte
ci vuole poco. Cioè: ci vogliono governi solidi per fare, mentre l’Italia passa
da governicchio a governicchio – i governi della spesa, degli “aiuti” per decreto,
100 euro a questo, 200 a quello, q.b. per la rielezione. Allora, perché “Milano”
si occupa del Ponte e non, invece, per esempio, del governo che non governa?
Perché questo è il suo governo, è evidente, il governo degli affarucci, privati,
un po’ loschi – “è il mercato”.
Oppure Sala,
manager di destra che ora sta a sinistra, cioè dove al momento stanno i soldi,
pubblici, tira fuori il Ponte perché non si parli dei tanti soldi che il
successore di Incalza alle Infrastrutture gli ha elargito per la sua Olimpiade
invernale – sarà il suo monumento, dopo l’Expo: un’Olimpiade a Milano, con la neve.
Fallita l’Olimpiade a Roma per mano dei fidati 5 Stelle, i famosi agenti anticapitalistici
del grande capitale (ideologico, editoriale), Milano com’è noto divenne un
grande centro di sport invernali, e con la neve della veneta Cortina se ne è
assicurata una lei. Doveva essere a costo zero per la fiscalità nazionale, quanti
programmi e spergiuri non si fecero in proposito, ma ha già preso, in soli tre
anni, due miliardi di soldi pubblici. Un miliardo subito, nel 2020, per le infrastrutture:
strade, autostrade, aeroporti, ferrovie – col progetto anche di un’Alta Velocità
per i milanesi subito fino a San Candido, all’Austria. Poi mezzo miliardo, tra
2021 e 2022, per rifare gli impianti sportivi – che sono di proprietà regionale
e secondo il progetto portato al Cio, comitato olimpico internazionale,
avrebbero pagato le Regioni Veneto e Lombardia. E ora 400 milioni – inseriti
proditoriamente, e senza motivazioni, nel “decreto aiuti” che ha suscitato gli
entusiasmi di Sala e la condanna del Ponte. In un decreto cioè di un governo
dimissionario, in carica per gli affari correnti, cioè per la burocrazia, in attesa
di elezioni anticipate, un po’ drammatiche.
Ecco perché
Sala era entusiasta e si è spinto fino allo Stretto che non conosce e non
capisce. “Preferite questa credibilità concreta o proposte inutili se non
dannose come il ponte sullo Stretto?”, ha scritto sui social dopo essersi sbracciato
a lodare Draghi per il Decreto Aiuti. Aveva avuto il suo quasi mezzo miliardo, una vera mano di aiuto, altro che le paghette agli incapienti.
Calabria
“È la mia
primissima volta in Calabria. Un paese
meraviglioso”, attesta Richard Gdre, ospite d’onore appena sbarcato al Magna
Grecia Film Festival di Catanzaro, dall’aeroporto di Lamezia, a mezzora d’auto.
Applausi. Grandi titoli.
“La Gazzetta del Sud” fa ogni giorno, tra luglio e agosto,
nelle sue edizioni provinciali per la Calabria, una pagina sui maturato più
meritevoli dei vari licei provinciali, dei 100 e 100 e lode, con le foto. Sono tutte ragazze, con uno o due
ragazzi.
Si fa una scoperta, ma un po’ scontata, leggendo la tabella
degli aiuti governati all’editoria giornalistica nel 2021: i due giornali
calabresi sono praticamente finanziati dallo Stato, “La Gazzetta del Sud” per 1
milione 868 mila euro, “il Quotidiano del Sud” per poco meno, 1 milione 848
mila auro. Alla pari dei giornali in lingua delle minoranze, tedescofone,
slovene.
Da Limbadi esportare nel mondo, e che cosa fra tutte, un
amaro. L’economia funziona così, indovinando un prodotto, o comunque sapendolo
vendere. E la Caffo lo sa fare. Da Limbadi. Dopo avere acquisito Petrus
Boonekamp, in Olanda, nientemeno, la San Marzano Borsci, il Ferro China
Bisleri, e Mangili, la distilleria della “Mitica” grappa friulana. Non ci sono
limiti locali allo sviluppo, la geografia non è un limite, né la storia.
Da calciatore
giovane Pippo Inzaghi preferì passare un anno senza giocare (quindici tronconi
di partita, come una qualsiasi riserva, dopo gli exploits con Under 21),
piuttosto che trasferirsi dal Parma al Napoli. Ora viene tirato fuori dalla
disoccupazione dalla Reggina – dopo il Benevento, che lo salvò dall’eclisse
post-Milan. E non ha parole per decantare Reggio.
Atene ha
rinnovato il diritto: “Draconte fu il primo legislatore”, Eva Cantarella su
“Robinson” del 23 luglio: “La sua riforma più importante mise fine alla cultura
della vendetta. Di cui abbiamo la più vasta rappresentazione nei testi omerici”.
Una prova in più, dopo quelle linguistiche di Rohlfs, che la grecità in Calabria
è quella classica, non quella bizantina . ma dell’VIII secolo avanti Cristo,
dalla fondazione di Locri – che era colonia matriarcale, di donne probabilmente
fuggite dal regime della vendetta, della violenza?
Concita De
Gregori ricorda su “D” un suo lungo colloquio con Scalfari nel 2014, per i suoi
90 anni. C’è anche la Calabria, dove Scalfari ventenne visse un paio d’anni
dopo la guerra nella famiglia del padre, per sfuggire all’epurazione. “Ricordo”,
dice in ultimo Scalfari, “di aver imparato molto presto una massima della
cultura contadina. Diceva che il pericolo di adulterio si annidava nelle “tre
C”: il compare, il cugino, il cognato”. Tutti quelli che avevamo libera entrata
in casa.
Ma è più
facile che la massima fosse del nonno paterno, “uomo erudito”: gli eruditi in Calabria
sono stati a lungo notabili, e quindi faceziosi – fino a recente, quando le ‘ndranghete
liberamente si sono presi tutti gli spazi, cancellando le borghesie, anche erudite.
“Il Venerdì
di Repubblica” omaggia la Calabria, la parte più critica deella penisola, il
reggino, con Smorto, con i Bronzi, e con Paola Zanuttini con Mimì Lucano. Che
caratteristicamente dice: “Ho fatto degli errori, ma li rifarei”. Una forma
mentis per cui non si discute, non c’è parere che sia di aiuto, per
quanto amichevole, ognuno è il suo diritto.
Caratteristica
è anche la vicenda giudiziaria nella quale Lucano è stato imbracato. A opera di
un prefetto per il suo ministro, il leghista Salvini, e questo è normale. Di
una pubblica accusa di Busto Arsizio esiliata a Locri, e anche questo è
normale. E di un tribunale di Reggio
Calabria, e questo dice quanto la Calabria non pensi, vada per umori. O
quanto la Lega è insidiosa.
Le lettere al direttore, un tempo palestra dei
“colonelli in pensione”, hanno da qualche tempo dei destinatari Grandi Firme, sull’esempio di Montanelli,
e degli scrittori, inviatori di lettere, seriali, quasi accreditati.
Soprattutto un Piero Orrù per “la Repubblica” e Pietro Mancini per il “Corriere
della sera”. Il figlio di Giacomo Mancini, giornalista Rai e per alcuni mesi sindaco
di Cosenza, incalza Cazzullo con molte notizie. Da ultimo con l’epicedio per Franco
Rizzo, “primo calabrese della Nazionale”, di calcio. Forse dovuto ma patetico,
all’insegna del “però”. Ci sono calciatori calabresi anche nella Nazionale, ma
si vuole che sia eccezionale.
leuzzi@antiit.eu