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Aforisma - È il genere più in uso nei social, la saggezza spicciola, condita dall’inatteso. Ha sostituito i proverbi, che si volevano saggezza classica, sperimentata. Ora al contrario con un che di sorprendente, umoristico, leggero. Come se alla saggezza si sostituisse la conoscenza, la scoperta, meglio se casuale - di più effetto
La
rilettura di Nietzsche partendo dai social è devastante: curiosa, come di un
compagno di merende. Imbattibile, forse.
Colpa – Tutto è colpa da un po’ di tempo, anche senza peccato. Fra Trieste e Vienna fino a un certo punto, diciamo la “Mitteleuropa”, per l’inenarrabile senso di colpa freudiano, le censure del Super-io (“Il Super-Io si esprime essenzialmente come senso di colpa e manifesta una straordinaria durezza e severità nei confronti del’Io” - tipo non passare l’esame, o perdere una gara?). Poi in Germania naturalmente, e dalla Germania, non identificata, la colpa ha fatto valanga: nascere è colpa, vivere è colpa, fare è colpa, e non fare. Che però un antropologo, uno che abbia contezza delle più remote o isolate tribù umane, avrebbe difficoltà a convalidare. È l’esercizio in effetti di un mondo anche abbastanza largo, pressappoco il cosiddetto Occidente, ma tra l’Europa, quella di qua dal Dnepr e dal Donec, e gli Stati Uniti. Senza cioè l’Occidente-Nato, inteso come missione militare e di civiltà, nel mondo asiatico “americanizato” con l’occupazione militare nel secondo Novecento, Giappone e Corea del Sud. E senza l’ex Commonwealth britannico, Australia e Nuova Zelanda (la Nuova Zelanda che ha pure una tradizione autoctona di colpa, per carenze di pettorali i Maori e i giovani senza nessuna ragione).
È una colpa strana,
senza responsabilità. Che si assimila di fatto a una condanna. Senza necessità
di colpa – la colpa è sempre personale.
Perché il ceppo teutonico
(anglosassone) da cui il concetto origina (o il ceppo è ebraico?) vuole una
colpa senza colpa? Psicologicamente e politicamente è un asservimento – la via
più solida per l’asservimento.
Destra-Sinistra – Una dialettica politica ormai senza significato (contenuti), se non l’autoidentificazione, con anatema dell’avversario. È di sinistra il giustizialismo, che era il pilastro della destra. O il ristorante a 5 stelle, a 100 o 200 euro. È di destra il lavoro, il salario, la protezione del potere d’acquisto.
La “scrittrice
poetessa, naturalista e ricercatrice in Storia e Filosofia della Scienza a
Cambridge”, dove non si ricerca quasi niente, Helen Macdonald, che può assicurare
su un pilastro della sinistra, “la Repubblica-Robinson”: “Il mondo è un luogo
sempre più oscuro a causa dell’emergenza climatica, della diminuzione di
biodiversità e dell’ascesa delle destre”, dice in realtà una sinistra non
“critica”, come la sinistra si vorrebbe e dovrebbe, solo un flatus vocis - la sinistra critica si
chiederebbe perché c’è una “ascesa delle destre", se c’è.
L’eguaglianza, che era il pilastro della
sinistra (Bobbio), ora è – residualmente – di destra. La sinistra si è spostata
sul “merito” e sul liberismo – il darwinismo sociale più grezzo, vinca il più
forte. I tradizionali fattori identificativi sono saltati. Sotto l’etichetta di
populismo, molti valori della sinistra storica – illuminista, socialista,
marxista - sono ora di destra. Per primo il diritto al lavoro, pure
costituzionale – e alla pensione. Alla giusta retribuzione sul lavoro. Mentre
la sinistra protegge e promuove la peggiore esperienza storica del liberismo,
come affarismo. Dalla banca all’alta
finanza, alle retribuzioni, al posto di lavoro, all’orario. Con il sindacato,
tradizionale zoccolo di sinistra, autolimitato a questioni marginali.
La
deriva di sinistra sui “diritti”, dal politicamente corretto al no gender e alla cancel culture, o in America la critical
frace theory, è per esempio monopolistica e intrinsecamente totalitaria.
Questi “diritti” non ammettono “deviazioni”: nascono come correzioni di
errori e soprusi, ma si vogliono assoluti e impositivi. Benché, più che
innovativi, fortemente divisivi – come è proprio dei totalitarismi in petto.
E una fuga un avanti, non innocente, mentre sono cancellati i diritti reali,
al lavoro, alla mercede, alla salute – la precarizzazione, perfino teorizzata a
sinistra, oltre che praticata, è la perdita del “diritto di avere diritti”, è
il diritto dell’uomo paria, uno schwa, un niente.
I
diritti non sono selvaggi, nascono da storture che vanno corrette. Ma cancellare
la storia è un’assurdità. O cancellare la poesia, Omero, Dante, Shakespeare. O
incoraggiare, come fa in America una coorte di chirurghi e psicologi, gli
adolescenti a cambiare sesso, un non piccolo business, perché così la loro personalità si arricchisce – a spese
degli stessi adolescenti. Qui siamo al crimine: il no gender è un business, che viene vantato
come diritto di libertà, dalla sinistra politica. Così come lo è stato per cinquant’anni
la libertà di aborto, a qualsiasi stadio della gestazione, per una sentenza che
lo statuiva in un singolo specifico caso.
C’è
sempre stato il rischio che per libertà s’intenda la licenza. Ma il libertinismo
era piuttosto selettivo e nient’affatto democratico, come i “diritti” si
propongono.
Resta
di destra, nel senso tradizionale del nazionalismo, la questione immigrati. E
sul piano normativo, quella femminile, con le quote rosa, la parità
retributiva, il gender gap, l’aborto, la famiglia. Ma la differenza è più di
accento (insistenza, radicalità) che di sostanza: non c’è destra-sinistra su
questi temi, non in Italia, non in Europa – c’è negli Stati Uniti, che però
sono un’altra storia e un’altra cultura.
Natura – Sottostà all’ambientalismo come bestia in gabbia – “proteggere la natura”, si dice, come di qualcosa di gracile o di unico che si vuole preservare, con la buona volontà. Mentre è la natura che conduce il gioco, o le danze, determinando le condizioni della sopravvivenza, o del miglioramento, quelle di base e quelle di adattamento. La natura comunque sa salvaguardasi in ogni situazione, e più spesso provoca le situazioni inattese di fronte alle quali l’essere umano si ritrova indifeso.
L’obiettivo
dell’ambientalismo è la protezione-prosecuzione dell’esperienza umana nel
quadro naturale. Un modo di rapportarsi alla natura che non sia suicida.
Ombra . Il guardiano di cui non ci si libera, un carceriere che ci vincola anche senza catene né manette, come sperimenta Nietzsche-Zarathustra nell’episodio omonimo, “L’Ombra”?
Non si può sfuggire alla propria ombra, saggezza ora in uso per Heidegger e altri “errori”, o come usava dire al proprio destino, e anzitutto una cosa è per sé stante: parola che significa frescura, refrigerio, che chi vive nei climi caldi trova il beneficio in natura più incomparabile.
La
virtù, pure semplice, dell’ombra dev’essere difficile, non solo in pittura: il
sole è a premio, anche nei paesi caldi. L’Italia per esempio non sa farne uso,
relegandola al più al Sud, a una mania meridionale. Oppure è concetto
difficile, almeno a giudicare dall’esperienza personale, nella sua funzione, i
suoi benefici. Avendo trascorso due terzi della vita in Toscana, a Roma e a Milano,
si può testimoniare la difficltà, costante negli anni, insormontabile, di far
valere il semplice concetto che, nella stagione calda, è meglio evitare il sole
diretto. Far valere la virtù di tenere le imposte chiuse, invece che spalancate
– anche a Roma e Firenze, che pure hanno adottato le “persiane”. Considerata
tutt’al più come fissazione o pratica “da meridionali”. Difficile, anche da
quando, da qualche anno, i governi raccomandano alla popolazione di evitare di
esporsi nelle ore meridiane, le senza ombra.
Bizzarra
è anche l’inesistenza dell’ombra nell’architettura contemporanea. Applicata
anzi a eliminarla, abbattendo alberature spesso studiate appositamente, di
specie e in posizioni da assicurare un’ombra contro la calura, per fare posto
alla pietra – né ne ha concezione l’architettura dei boschi verticali, che solo
s’ingegna di costruire artificiosi fogliami senza terra.
L’ombra Nietzsche-Zarathustra pensa di seminarla, correndo su peri i monti della “citta delle vacche pezzate” (Sils-Maria), ma niente, l’ombra gli resta appiccicata. E sì, gli sembra anche che abbia “gambe più lunghe” delle sue. Che poi gli parla, da essere inquieto, “più dell’ebreo errante”. Nietzsche la consola come se fosse un “delinquente catturato”: “Hai mai visto come dormono i delinquenti catturati? Dormono tranquilli, godono la loro nuova sicurezza”. Non un tranquillo paradigma, che l’ombra sia inquiete, o riposata, come il corpo o l’oggetto che segue.
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