Giuseppe Leuzzi
La mafia è recente. Da un secolo
in qua. Prima, da quando l’Italia ha cominciato a fare cronaca, con Mazzini e i
Carbonari, dal primo Ottocento, il nome italiano per la criminalità di gruppo
era, in inglese e anche in tedesco, “camorra”. Conan Doyle lo usa spesso,
applicato alla malavita inglese, se c’è o non c’è “camorra”, una banda, un
gruppo, una “organizzazione”.
Sette presidenti di Regione al
Meeting di Rimini, ex Comunione e Liberazione, il più meridionale viene da
Ancona. Si stabilisce, anche in sacrestia, il Muro di Ancona - non era una
comica, di Ferrini?
È anche vero che tutti i
presidenti di Regione invitati a Rimini spiegano che non si può rilanciare la
sanità col Pnrr perché mancano le persone, più che le mura, i laboratori e le
macchine: medici, infermieri .tecnici di laboratorio. Mentre in Calabria la
decisione della Regione, non più commissariata con gli ex generali, di tenere
aperti i Pronto Soccorso con medici cubani è contestata dai sindacati e le
associazioni di emdici e infermieri. Non passa lo straniero? Meglio morti.
Le processioni sono riprese
in grande stile, dopo le ridicolaggini dell’inchino ai mafiosi e le professioni
di fede antipagane dei vescovi. E più fantasiose. Più ricche, di persone,
soprattutto giovani e ragazzi, e di motivi. Anche sonori, di canti nuovi. Più
affollate anche, malgrado la paura del covid. La forza della tradizione?
Il Pd ha candato il potentino
Speranza, noto ministro uscente, capolista in Campania. Capolista a Potenza ha
candidato il napoletano Amendola, altro ministro uscente. Neanche a Roma
conoscono più la geografia, quando si scende sotto la capitale?
Gli
sceneggiatori Pennisi e Durante
avevano scritto quindici anni fa, quando Berlusconi parlava del Ponte sullo Stretto,
e Alessandro Preziosi ha ora filmato, un monologo sull’operaio che invariabilmente
muore sul lavoro, vittima della grande opera. Tema ineccepibile. Ma il trattamento
fa capire quanto il Sud è collegato in automatico al peggio: per discutere,
commentare, contestare le morti sul lavoro si sceglie “il ponte”, che non
esiste.
È anche vero che c’è al Sud
chi pensa che il Ponte sullo Stretto esista veramente, e ne soffre e impreca.
Che è un topos del Sud: il Sud “non
esiste”.
Il Sud, il Pnrr per il Sud,
l’impegno per il Sud è il tema più blaterato nelle campagne elettorali - ora
insieme con le pensioni raddoppiate e l’azzeramento delle tasse (insomma, quasi).
È una irrealtà, come le altre due?
Sudismi\sadismi
Gioia Tauro è un porto
container intermodale, creato da genovesi, che Genova non ha mai digerito, e
pazienza. Si ricorda ancora il ministro genovese dei Trasporti Burlando, del
primo governo Prodi, che venticinque anni fa minacciava al telefono, intercettato
per altre questioni, l’amministratore delegato delle Ferrovie: “Se fai partire
un solo treno da Gioia Tauro ti caccio!”. E poi Burlando, benché Pci, Pds, Ds, Pd,
insomma di un partito di sinistra, era uno che sbagliava corsia
sull’autostrada. Ma il ministro attuale dei Trasporti, Giovannini, economista, professore,
già presidente dell’Istat, che va a Rimini a dire: “Pensare che le merci
arrivino in Sicilia o a Gioia Tauro e poi continuino a viaggiare per tutta
l’Italia in treno, e proseguire verso la Germania e i paesi del centro Europa,
a fronte dell’ipotesi di arrivare direttamente a Genova e a Trieste, è un non
senso a causa dei costi”? Calcolo forse professorale, che però non impedisce
agli operatori di avvalersi di Gioia Tauro - manda ogni settimana trenta treni
agli hub intermodali ferroviari di Bari, Nola, Bologna e Padova, pur essendo a
un solo binario, creato e gestito dalla regione Calabria.
Ma professorale poi non
tanto: Fs dovrebbe subentrare alla Regione, allargare lo scalo, accordarlo con
l’alta velocità, e questo il ministro non lo vuole. Alle Fs evidentemente
conviene, al ministro chissà perché no. Giovannini è nel cuore (ex
democristiano) di Letta, e quindi come lui non ha mai guardato più a Sud di
Roma?
Gioia Tauro è uno scalo
intermodale che per una serie di ragioni fu il primo nel Mediterraneo
centro-orientale. Fino a che Maersk, il gestore danese primo in Europa non lo
abbandonò, perché dopo vent’anni lo snodo autostradale dal porto alla Salerno-Reggio
Calabria non si faceva, pochi km., quattro o cinque, e nemmeno lo scalo
ferroviario – abbandonò Gioia Tauro per Genova... Ripreso da Msc, divenuto nel
frattempo con Gioia il primo operatore mondiale dei noli, e finalmente col
raccordo all’autostrada e lo scalo su ferro in qualche modo operativo, il porto
calabrese si è ripreso. Che male fa?
Il Sud analogo
La natura del Sud come quella
del Monte Analogo di René Daumal, che c’è ma è di difficile attracco, protetta da
una cortina oleosa? “Questa superficie oleosa è la superficie del nostro
pianeta”, spiega Sogol, il personaggio di Daumal, palindromo per Logos, ai
membri della spedizione alpinistica che hanno deciso di affrontare il Monte:
“Questo pezzo di carta, un continente. Questo pezzo più piccolo, una barca. Con
la punta di questo fine ago spingo delicatamente la barca verso il continente;
vedete che non riesco a farlo abbordare. Giunto ad alcuni millimetri dalla
riva, sembra essere respinto da un cerchio d’olio che attornia il continente”.
Nulla da fare, spiega
Sogol-Logos, a meno di non usare la forza: “Spingendo più forte, arrivo ad abbordare”. Ma con difficoltà: “Se la tensione
superficiale del liquido è abbastanza grande, vedrete la mia barca contornare
il continente senza mai toccarlo”.
La tensione superficiale dei
mari meridionali si può pensare oleosa - sono del resto regioni piene di ulivi.
Sarà per questo che il Sud è inafferrabile, incomprensibile.
Il Sud obeso
Le statistiche dei ragazzi
obesi vedono ai primi posti tutte le regioni meridionali, a partire dalla
Campania e dalla Calabria – eccetto la
Sardegna, dove ancora sanno nutrirsi. Tutto il Sud è molto al di sopra della
media nazionale. Paola Zanuttini, che per il “Venerdì di Repubblica” ha indagato
il fenomeno, fa molte ipotesi: alimentazione sbagliata (“nelle terre della dieta
mediterranea”…), madri protettive, densità urbana eccessiva, mancato esercizio
fisico (basso dispendio energetico).
Si può concordare. La generale
diseducazione c’è e pesa. L’alimentazione sbagliata, che tutti ormai da decenni
sanno. E quello spostarsi per le minime necessità in automobile, non si vedono
più ragazzi in strada, solo mamme affannate alla guida, piuttosto che camminare,
anche a dover poi cercare lungamente il parcheggio… - finiti i lavori faticosi
della terra, si è posto fine pure al piccolo sforzo di camminare. Ma è anche
vero che molte obesità sfuggono a tentativi parentali insistiti e anche costosi
di correzione e rimedio. Con l’esercizio fisico in palestra, il controllo
dell’alimentazione, le diete.
Sicuramente c’entrano una medicina
ginecologica e pediatrica sbagliate. Anche perché la realtà supera le
statistiche: ogni ragazzo obeso, classificato come tale, si trascina dietro,
per standard statistico, un numero tre volte più grande di ragazzi sovrappeso.
Il ragazzo meridionale è sempre stato magro, perfino troppo. Fino ancora a un
decennio fa. L’obesità dovuta a fattori socio-alimentari non può essere il fatto
di pochi anni, per una platea cosi vasta, di milioni di ragazzi.
Un ragazzo su cinque obeso in
Campania, uno su sei in Calabria, sono fenomeni sicuramente medicali. Disfunzioni
generate da un malfunzionamento: di medicinali, durante la gravidanza, e\o di
integratori, sostanze che prima non si prendevano e ora sì.
Il Sud è grande
La Magna
Grecia nasce con i greci per i greci: era la grande Grecia, megale Hellas dei greci. Perché tutto è,
era, “grande” in Sud Italia per i greci. Il Salento, la Calabria, Siracusa
erano per loro luoghi di abbondanza, perfino eccessiva (il mito di Sibari, la
potenza di Siracusa). Girando per la Grecia continentale, e le isole grandi,
Creta, Corfù, Rodi, si è stupiti dalla toponomastica, che la Magna Grecia
evidentemente ha riprodotto e ancora conserva - malgrado la forzata
latinizzazione imposta dai papi con i Normanni dal Due al Quattrocento. E dalla
natura aspra, al confronto di quella verde, irrigua, ferace della Magna Grecia.
Torna
in mente la ragazza di pasticceria di
Patrasso, che era stata in Italia e richiesta di un parere dopo un po’ disse:
“L’Italia è grande”. E intendeva gli spazi, i campi, le pianure, di ulivi e
vigneti a perdita d’occhio, mentre in Grecia prosperano in plaghe ridotte,
minime. Sulle coste aride di Creta le piccole sperse capre brucano un filo d’erba
ogni balza scoscesa, niente a fronte dell’abbondanza di pascoli per le greggi
di qua dallo Jonio.
leuzzi@antiit.eu