sabato 27 agosto 2022

Ombre - 629

La prima ministra finlandese balla e si diverte. Che male c’è? Ma poi la mattina si sveglia, e ci dice che la Finlandia è minacciata dalla Russia e dobbiamo fare la guerra. Sembra incredibile ma è così.

Se non se ne preoccupa lei, perché dovremmo preoccuparcene noi? Ma lo abbiamo fatto, e il gas, per intanto, lo paghiamo a mille. Facendo debiti. Per i quali verremo asfissiati.

 

Risale l’indice di gradimento di Biden, dopo il minimo storico del 38 per cento a luglio (ma Trump non era sceso al 34 per cento a fine 2017?). Risale, a seconda dei giornali, al 41 per cento, o al 43 – per “la Repubblica” al 47.

 

“Gas, il governo chiede di spegnere i termosifoni”, grido d’allarme di “la Repubblica”. Ad agosto? 

 

Suona strana, surreale come usa dire, per esempio ascoltandolo in macchina dai giornali radio Rai che vi sono obbligati, la litania quotidiana sul problema del giorno dei partiti in campagna elettorale, ora sul caro-gas. Di cui nessuno sa nulla – per esempio che significato hanno le quotazioni di Amsterdam. Sembra irreale la politica, la campagna elettorale. A fronte di una guerra combattuta male, con le armi sbagliate, le sanzioni.

 

Licia Ronzulli, la senatrice che pare sia o sia stata l’anima di Forza Italia, va in tv a spiegare che “i rigassificatori servono subito per estrarre il gas nazionale”. Dopo settimane che se ne parla. Non legge neanche un giornale? Uno al mese?

 

“Hedge Funds build biggest bet against Italian debit since 2008”, è l’annuncio del “Financial Times. Una scommessa più grande che nella crisi del debito di fine 2011. Sull’ipotesi che al voto vinca il centro-destra, ritenuto poco sparagnino e poco europeista.

38 miliardi di dollari presi a prestito per l’attacco all’Italia non sono tanti. Ma la logica di cui la speculazione si fa scudo sì: investire già oggi 38 miliardi di dollari contro l’Italia è una guerra, intesa cioè a produrre un effetto – è la causa e non l’effetto di una causa.

 

Ma è vero che il debito strozza l’Italia – la speculazione contro la lira del 1992 non aveva un governo di destra da abbattere. E il debito -, non si dice perché c’è Draghi, si dirà, ampiamente, giornalmente, col governo post-elettorale - è cresciuto in questa legislatura di un centinaio di miliardi.

 

Oggi come nel 2011 la cosa è annunciata tramite il “Financial Times” – allora la speculazione partì dalla Deutsche Bank. L’annuncio serve a far succedere la speculazione, a provocare il “fatto” e farla chiudere con guadagno. La sola differenza è che nel 2011 l’annuncio venne a luglio, ora ad agosto. 

 

L’Italia ha già speso 50 miliardi per calmierare il caro energia. Oltre due punti e mezzo di pil in fumo. Come non detto. E il peggio deve ancora venire, da qui a marzo-aprile. È come fare la guerra senza lo sforzo produttivo della guerra.

 

“Superquark. Così Piero Angela ha denunciato l’allarme per il clima”. Oh perbacco! Ma no, il giornale (“la Repubblica”) vuole dire il contrario – strilla in prima per onorare la memoria di Angela. Quasi quasi, peccato!

,

Letta la mattina s’impegna contro Meloni, che ha rilanciato il video in rete sullo stupro di una quasi sessantenne ucraina da parte di un giovane africano, e la sera si ricorda di dare solidarietà alla vittima. Va bene che Letta è un uomo, ma un po’ di sensibilità, politica?

 

Alla vittima si fa fare un lamento per la diffusione del video in rete, come se fosse un lamento contro Meloni. Un giorno. Tutti i media insieme, come se tutti ne avessero raccolto la lagnanza. Il giorno dopo tutti silenzio. C’è stato un avvocato di mezzo? Gli ucraini sono coraggiosi, ma non sono scemi. 

Einstein era (un po’) sua moglie

E dunque anche Einstein era sua moglie: Milena Marič, serba, laureata a Zurigo, gli era indispensabile per i calcoli matematici, a lui non riuscivano. Era inevitabile, come già per T.S.Eliot, per Orwell, per una miriade ormai di poeti e scrittori (e di Shakespeare, di cui non si viene a capo, non sarà perché non aveva una moglie?). Ma niente paura: il fenomeno si restringe a mano a mano che il vuoto – le donne nella storia – si va colmando.

In questo aureo libretto si riempie il vuoto delle donne nella scienza. Un po’ in tutti i campi, con l’esclusione, che il repertorio verifica su casi specifici, del nucleare a uso militare. Sulla traccia della storiografia aperta quarant’anni fa da Duby e Michelle Perrot, con i cinque volumoni di “Storia delle donne in Occidente”. E secondo il loro stesso criterio, che il vuoto da colmare è una “storia del rapporto dei sessi più che una storia delle donne”. Dell’organizzazione politica, della psicologia sociale, degli assetti familiari.

Un repertorio delle donne che hanno lasciato traccia nello sviluppo delle scienze, per ricerche di avanguardia, o per essere state rara avis nei secoli andati – “Brillanti scienziate dall’antichità a oggi” è il sottotitolo. Si parte da Merit-Prah, ca 2700 a.C., “medico capo” nell’antico Egitto, e si arriva alla presenza femminile diffusa oggi, nella biochimica come nella matematica-informatica. Barbara Biscotti, storica del diritto, ne ha avuto l’idea, Letizia Giangualano, qui nella veste di divulgatrice scientifica, l’ha realizzata. Un brillante repertorio – l’indice dei nomi avrebbe aiutato.

Letizia Giangualano, L’ingegno di Minerva, Corriere della sera, pp. 159, gratuito col quotidiano 

venerdì 26 agosto 2022

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (501)

Giuseppe Leuzzi

La mafia è recente. Da un secolo in qua. Prima, da quando l’Italia ha cominciato a fare cronaca, con Mazzini e i Carbonari, dal primo Ottocento, il nome italiano per la criminalità di gruppo era, in inglese e anche in tedesco, “camorra”. Conan Doyle lo usa spesso, applicato alla malavita inglese, se c’è o non c’è “camorra”, una banda, un gruppo, una “organizzazione”.

Sette presidenti di Regione al Meeting di Rimini, ex Comunione e Liberazione, il più meridionale viene da Ancona. Si stabilisce, anche in sacrestia, il Muro di Ancona - non era una comica, di Ferrini?

È anche vero che tutti i presidenti di Regione invitati a Rimini spiegano che non si può rilanciare la sanità col Pnrr perché mancano le persone, più che le mura, i laboratori e le macchine: medici, infermieri .tecnici di laboratorio. Mentre in Calabria la decisione della Regione, non più commissariata con gli ex generali, di tenere aperti i Pronto Soccorso con medici cubani è contestata dai sindacati e le associazioni di emdici e infermieri. Non passa lo straniero? Meglio morti. 

Le processioni sono riprese in grande stile, dopo le ridicolaggini dell’inchino ai mafiosi e le professioni di fede antipagane dei vescovi. E più fantasiose. Più ricche, di persone, soprattutto giovani e ragazzi, e di motivi. Anche sonori, di canti nuovi. Più affollate anche, malgrado la paura del covid. La forza della tradizione?

Il Pd ha candato il potentino Speranza, noto ministro uscente, capolista in Campania. Capolista a Potenza ha candidato il napoletano Amendola, altro ministro uscente. Neanche a Roma conoscono più la geografia, quando si scende sotto la capitale? 

Gli sceneggiatori Pennisi e Durante avevano scritto quindici anni fa, quando Berlusconi parlava del Ponte sullo Stretto, e Alessandro Preziosi ha ora filmato, un monologo sull’operaio che invariabilmente muore sul lavoro, vittima della grande opera. Tema ineccepibile. Ma il trattamento fa capire quanto il Sud è collegato in automatico al peggio: per discutere, commentare, contestare le morti sul lavoro si sceglie “il ponte”, che non esiste. 

È anche vero che c’è al Sud chi pensa che il Ponte sullo Stretto esista veramente, e ne soffre e impreca. Che è un topos del Sud: il Sud “non esiste”.

Il Sud, il Pnrr per il Sud, l’impegno per il Sud è il tema più blaterato nelle campagne elettorali - ora insieme con le pensioni raddoppiate e l’azzeramento delle tasse (insomma, quasi). È una irrealtà, come le altre due?


Sudismi\sadismi

Gioia Tauro è un porto container intermodale, creato da genovesi, che Genova non ha mai digerito, e pazienza. Si ricorda ancora il ministro genovese dei Trasporti Burlando, del primo governo Prodi, che venticinque anni fa minacciava al telefono, intercettato per altre questioni, l’amministratore delegato delle Ferrovie: “Se fai partire un solo treno da Gioia Tauro ti caccio!”. E poi Burlando, benché Pci, Pds, Ds, Pd, insomma di un partito di sinistra, era uno che sbagliava corsia sull’autostrada. Ma il ministro attuale dei Trasporti, Giovannini, economista, professore, già presidente dell’Istat, che va a Rimini a dire: “Pensare che le merci arrivino in Sicilia o a Gioia Tauro e poi continuino a viaggiare per tutta l’Italia in treno, e proseguire verso la Germania e i paesi del centro Europa, a fronte dell’ipotesi di arrivare direttamente a Genova e a Trieste, è un non senso a causa dei costi”? Calcolo forse professorale, che però non impedisce agli operatori di avvalersi di Gioia Tauro - manda ogni settimana trenta treni agli hub intermodali ferroviari di Bari, Nola, Bologna e Padova, pur essendo a un solo binario, creato e gestito dalla regione Calabria.

Ma professorale poi non tanto: Fs dovrebbe subentrare alla Regione, allargare lo scalo, accordarlo con l’alta velocità, e questo il ministro non lo vuole. Alle Fs evidentemente conviene, al ministro chissà perché no. Giovannini è nel cuore (ex democristiano) di Letta, e quindi come lui non ha mai guardato più a Sud di Roma?

Gioia Tauro è uno scalo intermodale che per una serie di ragioni fu il primo nel Mediterraneo centro-orientale. Fino a che Maersk, il gestore danese primo in Europa non lo abbandonò, perché dopo vent’anni lo snodo autostradale dal porto alla Salerno-Reggio Calabria non si faceva, pochi km., quattro o cinque, e nemmeno lo scalo ferroviario – abbandonò Gioia Tauro per Genova... Ripreso da Msc, divenuto nel frattempo con Gioia il primo operatore mondiale dei noli, e finalmente col raccordo all’autostrada e lo scalo su ferro in qualche modo operativo, il porto calabrese si è ripreso. Che male fa?

 

Il Sud analogo

La natura del Sud come quella del Monte Analogo di René Daumal, che c’è ma è di difficile attracco, protetta da una cortina oleosa? “Questa superficie oleosa è la superficie del nostro pianeta”, spiega Sogol, il personaggio di Daumal, palindromo per Logos, ai membri della spedizione alpinistica che hanno deciso di affrontare il Monte: “Questo pezzo di carta, un continente. Questo pezzo più piccolo, una barca. Con la punta di questo fine ago spingo delicatamente la barca verso il continente; vedete che non riesco a farlo abbordare. Giunto ad alcuni millimetri dalla riva, sembra essere respinto da un cerchio d’olio che attornia il continente”.

Nulla da fare, spiega Sogol-Logos, a meno di non usare la forza: “Spingendo più forte, arrivo ad abbordare”.  Ma con difficoltà: “Se la tensione superficiale del liquido è abbastanza grande, vedrete la mia barca contornare il continente senza mai toccarlo”.

La tensione superficiale dei mari meridionali si può pensare oleosa - sono del resto regioni piene di ulivi. Sarà per questo che il Sud è inafferrabile, incomprensibile.

 

Il Sud obeso

Le statistiche dei ragazzi obesi vedono ai primi posti tutte le regioni meridionali, a partire dalla Campania e dalla  Calabria – eccetto la Sardegna, dove ancora sanno nutrirsi. Tutto il Sud è molto al di sopra della media nazionale. Paola Zanuttini, che per il “Venerdì di Repubblica” ha indagato il fenomeno, fa molte ipotesi: alimentazione sbagliata (“nelle terre della dieta mediterranea”…), madri protettive, densità urbana eccessiva, mancato esercizio fisico (basso dispendio energetico).

Si può concordare. La generale diseducazione c’è e pesa. L’alimentazione sbagliata, che tutti ormai da decenni sanno. E quello spostarsi per le minime necessità in automobile, non si vedono più ragazzi in strada, solo mamme affannate alla guida, piuttosto che camminare, anche a dover poi cercare lungamente il parcheggio… - finiti i lavori faticosi della terra, si è posto fine pure al piccolo sforzo di camminare. Ma è anche vero che molte obesità sfuggono a tentativi parentali insistiti e anche costosi di correzione e rimedio. Con l’esercizio fisico in palestra, il controllo dell’alimentazione, le diete.

Sicuramente c’entrano una medicina ginecologica e pediatrica sbagliate. Anche perché la realtà supera le statistiche: ogni ragazzo obeso, classificato come tale, si trascina dietro, per standard statistico, un numero tre volte più grande di ragazzi sovrappeso. Il ragazzo meridionale è sempre stato magro, perfino troppo. Fino ancora a un decennio fa. L’obesità dovuta a fattori socio-alimentari non può essere il fatto di pochi anni, per una platea cosi vasta, di milioni di ragazzi.   

Un ragazzo su cinque obeso in Campania, uno su sei in Calabria, sono fenomeni sicuramente medicali. Disfunzioni generate da un malfunzionamento: di medicinali, durante la gravidanza, e\o di integratori, sostanze che prima non si prendevano e ora sì.  

 

Il Sud è grande

La Magna Grecia nasce con i greci per i greci: era la grande Grecia, megale Hellas dei greci. Perché tutto è, era, “grande” in Sud Italia per i greci. Il Salento, la Calabria, Siracusa erano per loro luoghi di abbondanza, perfino eccessiva (il mito di Sibari, la potenza di Siracusa). Girando per la Grecia continentale, e le isole grandi, Creta, Corfù, Rodi, si è stupiti dalla toponomastica, che la Magna Grecia evidentemente ha riprodotto e ancora conserva - malgrado la forzata latinizzazione imposta dai papi con i Normanni dal Due al Quattrocento. E dalla natura aspra, al confronto di quella verde, irrigua, ferace della Magna Grecia.

Torna in  mente la ragazza di pasticceria di Patrasso, che era stata in Italia e richiesta di un parere dopo un po’ disse: “L’Italia è grande”. E intendeva gli spazi, i campi, le pianure, di ulivi e vigneti a perdita d’occhio, mentre in Grecia prosperano in plaghe ridotte, minime. Sulle coste aride di Creta le piccole sperse capre brucano un filo d’erba ogni balza scoscesa, niente a fronte dell’abbondanza di pascoli per le greggi di qua dallo Jonio.


leuzzi@antiit.eu

Il credito forzoso

Da Monti a Draghi, anche l’Italia è passata al credito forzoso. Cioè al pagamento di una provvigione alla banca per qualsiasi movimento di denaro, per quanto piccolo. È come se il monopolio della moneta di fatto venisse strappato al potere dello Stato – non quello di stampare moneta, roba da tipografia, ma quello della circolazione.

Monti volle il conto corrente obbligatorio, anche per i vecchietti a pensione sociale. Draghi ha introdotto il pos obbligatorio, anche per spese di centesimi. La ragione? Bisogna liberarsi del contante: il contante è mafia, è evasione fiscale, è corruzione. Mentre non è vero. Cioè, è vero e non è vero: anche il conto bancario può essere sede di malaffare, ma il malaffare fa storia a sé, e non si evita con il credito forzoso-cum-commissione. La ragione vera è che bisogna passare al credito obbligatorio perché la banca ci guadagni. E la banca non è meglio dell’evasione fiscale o della mafia – se la banca lo avesse voluto e lo volesse, non ci sarebbe evasione fiscale né mafia nella circolazione monetaria.

L’esercizio del credito è, sarebbe, dovrebbe essere, attività a rischio. Per questo si remunera con gli interessi. Imposto per ogni pagamento, anche minimo, è solo il pagamento di una (piccola) tassa-commissione alla banca. Non diverso dal pizzo mafioso.

La guerra non tocca la Russia – 9

L’“Economist” traccia un bilancio negativo delle sanzioni contro la Russia – con una lunga analisi di cui fa la copertina – a sei mesi dall’attacco all’Ucraina. In una prospettiva di rapido peggioramento.

Il settimanale concorda che la guerra della Russia all’Ucraina è una “guerra di attrito”. Che durerà cioè a lungo – è l’analoga delle guerra di trincea di una volta, che duravano anni. Su una linea di fronte lunga mille km. L’Occidente ha scelto di combattere con l’Ucraina, imponendo “un nuovo arsenale di sanzioni” alla Russia. “Le sanzioni funzionano?” si chiede.

Il settimanale non entra nel merito, se e quali sanzioni siano lecite e efficaci. Ma rileva che: 1)“L’efficacia dell’embargo è decisiva per l’esito della guerra”; 2) l’’embargo è “anche molto rivelatore della capacità delle democrazie liberali di proiettarsi nel potere globale nei prossimi anni 2020 e oltre, incluso contro la Cina”. La conclusione: “Fino ad ora le sanzioni belliche non funzionano come ci si aspettava”.

Fino ad ora hanno funzionato con effetto boomerang sulle economie occidentali. Con un’inflazione spropositata delle fonti di energia, che presto inciderà fortemente sulla produzione. Gli effetti sull’economia russa invece sono fino ad ora trascurabili. L’effetto maggiore lo ha avuto il blocco delle forniture industriali alla Russia, dai motori ai chips. Ma anche questo divieto potrà essere col tempo aggirato tramite paesi terzi, come avviene per i prodotti di consumo.

Italo Svevo o dell’inadeguatezza – un tesoro

La “Nyrb” celebra Svevo mettendo in rete due saggi di vent’anni fa.

Rich analizza l’ultimo romanzo di Svevo (incompiuto),”Le confessioni di un vegliardo” (“A very Old Man”, nella traduzione di Frederika Randall) - presentato come una raccolta di racconti, “cinque racconti collegati, parti del romanzo incompiuto...” Avvicinandolo al suo primo romanzo di successo, “La coscienza di Zeno”, e al contemporaneo Proust, per “l’ironia corrosiva (dark irony), l’introspezione auto-flagellante, l’ossessività maniacale, e l’impenitente perversità morale”.

Coetzee, recensendo la traduzione dei primi suoi tre romanzi, “Una vita”, “Senilità” e “La coscienza di Zeno”, individua la chiave rappresentativa e narrativa di Svevo nel suo stesso concetto di inadeguatezza: “Il nostro senso di non essere a casa nel mondo, suggerisce Svevo, risulta da una certa non finitezza nella nostra evoluzione. Per sfuggire a questo stato malinconico, alcuni si adattano più o meno con successo all’ambiente. Altri preferiscono non adattarsi”. Gli “inadatti” possono sembrare reietti, “ma paradossalmente possono essere meglio equipaggiati per qualsiasi cosa l’imprevedibile futuro apporterà”.

Nat Rich, The Italian Proust, “The New York Review of Books”, free online

J.M.Coetzee, The Genius of Trieste, Ib.

giovedì 25 agosto 2022

Problemi di base creditizi - 711

spock

Bisogna pagare col pos per favorire la clonazione, i piccoli furti?

O la clonazione è delle stesse banche – che rubano poco, certo, non molto alla volta?

 

Le banche sono talmente forti da imporci anche il furto – con destrezza certo, da borseggiatori?

 

S’impone il credito per un motivo lecito?

 

La tracciabilità sovraccarica la burocrazia per un motivo lecito, o per imporre il credito, cioè la commissione delle banche?

 

Il pizzo in che cosa differisce dalle commissioni bancarie imposte?  

 

Ora che Draghi va a finire, finirà anche la mafia delle banche?


spock@antiit.eu

La suspense divertita, senza Sherlock Holmes

Esseri sovrumani nelle grotte scavate dagli antichi Romani nel fianco delle “fantastiche colline  calcaree” del Derbyshire Nord-Occidentale? Un treno che sparisce? Niente che il padre di Sherlock Holmes non possa permettersi, sempre agile e rapido, e persuasivo, volendosi liberare del suo personaggio eponimo. Con un pizzico sempre di ironia, e specialmente nei tradimenti familiari, che ricorrono spesso, per l’eredità, tra gemelli, tra marito e moglie, e amanti.

Conan Doyle si diverte e diverte. Un tradimento d’amore, che si svolge a danno dei traditori, si dispiega con l’aiuto del burka, allora yashmak. La tortura dell’acqua in un imbuto al mercatino. La “psicologia dei sogni”, in parallelo con Freud, da  Alberto Magno in qua. Il culmine, fuori serie, sogno?, visione?, magia?, è il giallo del revisore dei conti (“anche la vita di un contabile può essere drammatica”), tra partite doppie al tavolo e lo specchio antico sul comò, che dispensa storie prodigiose – futura mastercard, quasi un archetipo, di Borges: “Lo specchio nella sua cornice d’argento è una specie di palcoscenico meravigliosamente illuminato…”. Dei thriller in realtà, senza Sherlock Holmes.

Tradotto e introdotto da Maria Grazia Celona.

Arthur Conan Doyle, Racconti del terrore e del mistero, Solino’s, pp. 128 € 6,90

mercoledì 24 agosto 2022

Appalti, fisco, abusi (222)

S’impone l’uso del pos per i pagamenti per arricchire le banche – pagare con la carte non ha nulla a che vedere con l’antiriciclaggio. Ma le banche non fanno nulla contro la clonazione. Non c’è carta di credito esente dalla clonazione, prima o poi, per pochi euro, o per centinaia. Irrecuperabili dall’utente se non al prezzo, in pratica, di un processo – poco meno: annullamento della carta, attesa di una nuova carta, denuncia ai Carabinieri o alla Polizia (ore), invii vari di documenti, registrati, con protocolli, etc. Per, forse, avere il rimborso – in genere no.

Perché l’emittente, o il circuito cui la banca si appoggia, non sarebbe responsabile della clonazione? È un suo difetto (di sicurezza) e un suo problema: la clonazione si è diffusa con la strisciata della carta invece del pin. Facile no? E assurdo: perché favorire i ladri, facendo passare il favore per una novità tecnica?

Si faccia una denuncia per clonazione, non succederà nulla: provare per credere. Responsabile non è il terminale pos presso cui il furto è stato praticato, il responsabile resterà anonimo. Basta che il furbo del terminale non lo utilizzi spesso, oppure cambi pos e linea. Ma il vostro non dovuto è stato pagato al terminale non anonimo. 

Il governo che ha imposto l’uso del pos (l’eterno Draghi delle banche), le autorità, monetarie, fiscali, di controllo che non reagiscono, si può ben dire che hanno attivato la facile, impunita clonazione. Questo non succede neanche in Nigeria, patria delle truffe telematiche. Le banche sono talmente forti da imporci anche il furto?

La guerra non tocca la Russia – 8

Il governo italiano , e la Unione  Europa, preparano piani di razionamento dei consumi di gas, per contenerne il prezzo. Mentre, sostiene “la Repubblica”, “l’economia russa, la più sanzionata al mondo, sembra reggere all’urto delle oltre 11 mila misure adottate dall’Occidente”.

L’export russo di petrolio greggio è tornato al livello di aprile, tre milioni e mezzo di barili al giorno. In molti paesi europei sarebbe anzi aumentato: si fanno scorte in vista dell’embargo, che per il petrolio entra in vigore nel 2023.

Con l’aumento abnorme dei prezzi, del petrolio e del gas, la Russia bilancia le diminuite esportazioni di gas, che ha adottato per mettere in difficoltà i paesi europei suoi clienti, principalmente la Germania.

Il rublo si è apprezzato sul dollaro rispetto a febbraio, prima dell’invasione dell’Ucraina, del 30 per cento.

La squadra a perdere - la Juventus degli Agnelli

C’è una squadra blasonata che da quattro anni, o cinque, non è una squadra – parliamo di calcio. Pur pagando ingaggi stratosferici, di gran lunga i più pesanti della serie A. Non è un collettivo, non ha schemi o moduli di gioco, corre anche poco, e se vince è per caso, per una “prodezza” individuale. E spegne i campioni che compra, Ronaldo come Vlahovic, Bernardeschi come Chiesa. 

Sono cambiati tutti nei quattro, o cinque, anni in questa squadra: i calciatori, gli allenatori, i preparatori. Eccetto la gestione – la proprietà, che nomina la gestione, e anzi si gloria di possedere la Juventus da cento anni. È cioè un’azienda che non funziona. Le squadre prima o poi un assetto se lo danno, una personalità, buona o meno buona, un’azienda che non funziona è solo un fallimento.

L’azienda Juventus non fallisce perché ha padroni che ci spendono molto, avendo molto da spendere. Ma tecnicamente è fallita, spendendo molto di più di quanto incassa, ormai da quattro, o cinque, anni.

C’erano una volta le bare fiscali: si tenevano in vita, in perdita, delle attività marginali per poterle detrarre dalle tasse  dovute col business buono. Ci sono ancora? In che forma?

Questo è vero nell’insieme, e nello specifico – allenatori, ruoli, giocatori fuori ruolo, eccetera, e cattiva gestione. Che ha molti risvolti., la gestione. Questa Juventus per esempio non può fare squadra, quale che sia l’allenatore, perché ogni settimana ha infortuni. Sono cominciati da quando gli allenamenti sono stati trasferiti dal centro sportivo Vinovo al centro sportivo Continassa, quattro anni, o cinque, di sofferenze. Tomaselli calcola sul “Corriere della sera” 84 partite saltate l’anno scorso per problemi muscolari, e già sette quest’anno prima ancora che cominciasse il campionato: “Considerati gli ultimi quattro campionati (con Allegri, Sarri, Pirlo, Allegri), i giocatori della Juve hanno saltato nel complesso 158, 160, 105 e 168 gare (comprese le assenze per covid): di queste, per problemi muscolari, 65, 66, 52 e 84”. Come non detto.

Il poeta che si volle divertire

Il primo volume di poesia marinettiana futurista, del giovane Palazzeschi, ventiquattrenne, già irregolare della poesia e della rosa con la plaquette “I cavalli bianchi” a vent’anni e il romanzo “:riflessi” a ventitré – due libri “Edizioni Cesare Blanc”, cioè l’autore - e ai ventiquattro appena compiuti dei “Poemi di Aldo Palazzeschi a cura di Cesare Blanc”. Plaudito, e letto, solo da Marino Moretti, amico di scuola e di sempre. Subito poi nello stesso anno Palazzeschi punta con questa raccolta, che intitolava ”Sole mio”, a Milano, su Marinetti. Che ne resta folgorato: Palazzeschi sarà intruppato, a partire dal 12 gennaio 1910, dalla “memorabile serata futurista al politeama Rossetti di Trieste”. “L’incendiario”, titolo di Marinetti, uscirà in primavera per le Edizioni Futuriste, “preceduto da un ingombrante Rapporto sulla vittoria futurista di Trieste e dedicato «A F.T. Marinetti anima della nostra fiamma”.

Perché tutto questo contesto? Perché “L’incendiario”, in sé, è poca cosa. Molto sole, molto rosso, del poeta nella sua stanza, delle suore nell’isola del Sole, il colore dell’amore, non del diavolo?, e molti morti –  a tratti è una “Spoon River” al rovescio: niente sentimento, molta ragazzesca ironia.

È la raccolta della “canzonetta” “E lasciatemi divertire!”, uno della ventina di poemetti che la compongono. Dirompente sui canoni del 1909, pascoliani, post-carducciani, dannunziani, una poesia senz’altro controcorrente, o innovatrice. Ma niente di più. L’“incendiario da poesia” mette le suore alla regola del sole, quante assonanze, e le chiama “Antonietta Solare\ Aurora Del Sole\ Giuseppina Solamone\ Alba Raggi\ Isola Meriggi\ Meridiana Tornasole”, etc.. C’è anche il “cugino americano”, si chiama mister Chaff  e dice: “io possedere Amereca\ terreno molto più grande”. E c’è il Palazzeschi cattivello, che tiene “una scimmia\ al posto della moglie” – “Gli uomini come va,\ nella buona società\, usan tenere, per il buon umore, una moglie\ al posto della scimmia,\ io, tanto di modeste voglie,\ lontano da ogni buona società,\ tengo una scimmia\ al posto della moglie”. Con molto tratto fiorentino, la Titì, la bubù, e il noooo. E una insistita “Ciociara in lutto”, il quadro appeso nel tinello con questo cartiglio, di chi sarà mai, per 150 versi – le modelle dei pittori a Roma a lungo sono state ciociare.  

È la chiave forse dell’enigma Palazzeschi. Tanto appartato, perfino umbratile, e iperattivo. Scrittore di molti testi. Dissacratore. Gentile ma insistente. Applicato all’opera – la biobibliografia è lunga – e presto non più interessato. Così come fu abile acquirente di case, benché vagabondo. Sempre in sostanza, ebbe casa contemporaneamente a Firenze, Venezia e Roma. Qui dedica un poemetto al padre che intitola “Al mio bel castello”, semplice: “Un poeta quando è stanco\ cambia castello”.

Socievolissimo, con i Bellonci (premio Strega) a Roma, a Venezia giurato  alla Mostra del Cinema (presidente nel 1948, poi membro attivo più volte negli anni 1950). Scrittore di molti testi, di prima stesura si direbbe – “e lasciatemi divertire” sempre.

Un’edizione senza il “Rapporto sulla vittoria futurista”. Con uno studio concettoso di Giuseppe Nicoletti, che ha curato la riedizione, una breve cronologia di Adele Dei, e una corposa bibliografia di Simone Magherini.

Aldo Palazzeschi, L’incendiario, Oscar, pp. LVIII + 126 € 14

martedì 23 agosto 2022

Problemi di base mortuari - 710

spock 

Si può essere clinicamente morti anche quando si è in vita?

Si è clinicamente morti se un medico inglese lo attesta?

La morte rende liberi – si è liberi nel niente?

L’immortalità sorvola, non cancella, la morte?

Si muore sempre troppo presto, anche nell’insignificanza?

Non si muore una volta sola?

“La morte si sconta vivendo”, Ungaretti?

spock@antiit.eu

Il borgo, spina dorsale dell'Italia

“Restare non è facile. Non lo è tornare. Non è facile partire. Non è facile ripartire. Cinquant’anni di vuoto hanno mutato economia, società, antropologia dei paesi”.  È la condizione umana (destino) degli inurbati per forza – studi, interessi, occupazione. Doppiata, in Italia, da da un evento millenaristico, apocalittico: l’abbandono delle piccole comunità, i paesi, che ne hanno caratterizzato la storia fino a recente, fino alle grandi migrazioni interne, anni 1960-1970 - il primo lamento sui borghi abbandonati è di Pasolini, “i borghi abbandonati degli Appennini e le Prealpi” -  di Pasolini-Orson Welles, “La ricotta”, 1963. Era l’Italia dei borghi,  dotati ognuno di vita propria, con la piazza, la fontana e il putto, un’architettura urbana e sociale unica e molto invidiata, della socievolezza estetica. Si dice l’abbandono della montagna, l’abbandono di fatto dell’Appennino, lo scheletro della penisola, ma è molto di più: è l’urbanizzazione centralistica, senza più, che l’Italia, sola in Europa, aveva evitato, policentrica, diffusa.

La raccolta di saggi, ordinata e curata dai tre autori, si pone in un’ottica opposta. Partendo dalla supposizione, data per constatazione, che è in atto un ritorno ai borghi. Difficile però da vedere di fatto. Se non per alcune realtà “metropolitane”, dei borghi già abbandonati dell’Alto Lazio e del confinante Abruzzo, tra Avezzano e L’Aquila, in qualche modo pendolarizzabili con Roma – e sono rifugi peraltro, dormitori, case a basso prezzo, piuttosto che borghi vissuti. La forza dei borghi era la sussistenza: l’orto, il falegname, l’ebanista, il fabbro, il meccanico-non-elettronico, gli ortaggi e la frutta locali e di stagione, le conserve, il pane, etc., un insieme di conoscenze e di arti, arcaiche ma pur sempre aggiornate. Niente più di tutto questo, anche i borghi sono ora non-luoghi. O abbandonati, checché se ne dica dopo che sono stati rifugio dal covid, oppure dormitori, per una vita che si svolge tra pendolarismi faticosi e centri commerciali, con grossi freezer in cucina.

L’antropologo Teti, testimone-teorico del dilemma partire-restare di cui sopra nel suo recente trattato “Restanza”, partecipe qui col racconto “Il mio paese non è un borgo”, con i suoi “ricordi” da antologia, emotivo ma di lirismo contenuto, e sintetico, riflette al fondo questa perdita e questa impossibilità. Il ritorno è impossibile all’antico, come è impossibile tornare all’alveo materno. Che oggi si propone più angustioso per l’abbandono epocale, va ripetuto, sociale ed economico insieme, della vecchia disposizione demografica, diffusa sul territorio, e radicata, cioè caratterizzata, per quanto in dimensione piccola e minima. Ogni paese aveva una personalità: un’anima, coriacea, persistente. Un linguaggio, relazioni durature, anche impervie. Memorie e significati sedimentati. Che ora scompaiono con l’età, con una sorta di “ultima generazione” – non più risorgenti, rigeneranti, comunque tramandate, ma inerti, anzi neppure, ignorate, svanite.

Un remainder. Dell’Associazione Riabitare l’Italia, fondata e presieduta dallo stesso editore, Carmine Donzelli: “un progetto culturale ed editoriale per cambiare il punto di vista imperante”. Avrà molto da lavorare. Tanto più ora, da un decennio in qua, che la “seconda casa”, cioè la realtà dei borghi, serve da cassa per i disservizi pubblici, statali e comunali. Una ventina di interventi rapidi, di varia natura. Una seconda riflessione dopo quella che nel 2018 aveva salutato la nascita dell’associazione, che riunisce persone e competenze di ogni tipo, accomunate dal proposito di ripopolare la schiena dell’asino. Con molta sapienza, dal significato di “borgo” all’umorismo pacificato – “Il Borgo a meno e l’Albergo confuso”.  

Filippo Barbera, Domenico Cersosimo e Antonio e Rossi (a cura di), Contro i borghi. Il Belpaese che dimentica i paesi, Donzelli, pp. 208 € 18

lunedì 22 agosto 2022

Letture - 497

letterautore

Città – È anatema nel Novecento. Sulla traccia di Nietzsche, che la città dice e maledice dei mercanti, “Così Parlò Zarathustra”, § “Del passare oltre”: “Il dio degli eserciti non è il dio delle sbarre d’oro; il sovrano propone, ma il mercante dispone!”

Nietzsche non c’entra con Hitler, anzi, ma con mezza letteratura del primo Novecento sì: contro la città (Hamsun), contro l’oro (Pound), contro la “chiacchiera” (Céline) – “non vedi le anime penzolare come stracci sudici e stracchi? E di questi stracci fanno anche giornali!”, lamenta Zarathustra-Nietzsche.

Lgbtqia – In letteratura è un’umanità, o un mondo se siamo nel postumano, a creatività limitata. Non ci sono donne, personaggi femminili, nella pur vasta produzione, di parole e di immagini, di Pasolini,  se non la madre - pia (il “Vangelo”) o divorante (“Medea”). Quelli della trilogia sono comparse, si vedono sui marciapiedi. Lo stesso per Edmund White (??call), o in Genet.

È un tratto comune alla scrittura lesbica, non ci sono uomini - e nemmeno, per la verità, personaggi femminili. E questo è un limite: la scrittura no gender è arroccata, monogender.

Nel caso di Pasolini, le varie biografie, e la corrispondenza, non mostrano mai una tenerezza, anche solo un riguardo, verso donne che pure gli sono state vicine, anche molto, ancillari, Laura Betti, Maria Callas – Maria Callas, la diva per eccellenza. 

Montanaro – È debole di mente per tanta letteratura oltralpe, francese. Giono nel “Viaggio in Italia”, per l’isolamento nelle valli. Victor Hugo nelle lettera dalle Alpi alla moglie Adèle, “In viaggio. Le Alpi”: il montanaro, guardando il mondo dall’alto, ne ha un’altra visuale, diversa dalla nostra, il cui il naturale diventa soprannaturale”; è uno stress, “una ragione umana media non può sopportare un tale disturbo delle sue percezioni”, da qui “l’abbondanza di deboli di mente nelle vallate alpine”. Perle stesse ragioni René Daumal, scrittore alpinista, nel “Monte Analogo”.

Occidente – Ritorna, dopo un secolo, il catastrofico Spengler del “Tramonto dell’Occidente” – che peraltro vuol dire proprio “tramonto”? Sempre sul principio che “le civiltà, nei loro movimenti naturali di degenerescenza, si muovono dall’Est verso Ovest” – in questa formulazione lo spiega il  deus ex machina del romanzo “mitologico” di René Daumal, “Il Monte Analogo”, che l’autore chiama Sogol, palindromo di logos.

Paese – È scena, e tema, di molta letteratura in Italia. Vito Teti, “Restanza”, elenca una dozzina di scrittori che in vario modo ne hanno fatto il centro della narrativa o indagine: Zanotti Bianco, Giuseppe Isnardi, Alvaro, Verga, Silone, Iovine, Meneghello, Pavese, Scotellaro, Pasolini, Revelli.

Russia – È obbedienza, decise da ultimo Balzac. Che dapprima, professandosi assolutista, aveva scritto (“Lettera alla straniera”, 1843): “Se non fossi francese, vorrei essere russo”. Avendo poi sperimentato l’assolutismo in occasione del matrimonio con Mme Hanska, cambiò opinione anche sulla Russia – la cambiò in quella che è nota come “Lettera su Kiev”, a metà ottobre 1847: “Obbedire, obbedire comunque, obbedire a rischio della vita, obbedire anche quando l’obbedienza è assurda…. L’obbedienza è tutta la Charta della Russia… Se più tardi, in un tempo imprevedibile, la Russia invade il mondo, dovrà tutto al suo spirito di obbedienza”. 

La conclusione di Balzac aveva condiviso già dieci anni prima Astolphe de Custine, nelle “Lettere dalla Russia”. Dieci ani prima di Custine il suo amico Stendhal, un reduce di Napoleone, annotava preoccupato che solo l’America avrebbe potuto opporsi alla Russia. Sarà l’analisi che dieci anni dopo farà Tocqueville nella “Democrazia in America”, 1835-1840. E Augustine Thierry, lo storico del primo Ottocento, di cui Sainte-Beuve riferisce (nei “Cahiers”, 19 dicembre 1847) l’osservazione: “Non ci sono più che due popoli: la Russia laggiù è barbara ma è pure grande…. L’altra gioventù è l’America, una democrazia adolescente e inebriata, che non conosce ostacolo”.

Salgari - Il romanziere delle eroine? Su “Mimì”, il supplemento domenicale del “Quotidiano del Sud. L’altra voce dell’Italia” incredibilmente vivace e vario, il più attento anche fra i tanti al mondo che cambia, Silvia Perugi trova che “dietro la leggendaria Perla di Labuan” una fila di personaggi femminili riempie i suoi romanzi – “un omaggio senza pari all’universo femminile, ancora più prezioso perché fatto da un uomo davvero moderno in tutto”.

“Il suo più accanito lettore è stato Che Guevara”, ricorda anche Perugi: “Il medico argentino protagonista della rivoluzione cubana si vantava di avere letto 62 suoi romanzi”.

Sepolcri – Tema ottocentesco, da Foscolo a Nietzsche, “Così parlò Zarathustra”, § Il canto dei sepolcri”. Destinato ora a sparire, con l’incinerazione.

Sogno – È l’inazione, per il personaggio di Denevi, “Rosaura alle dieci” – là dove il personaggio sembra ragionare: “Chi da sveglio si dedica all’azione, di notte non sogna”, “il sogno è la contropartita dell’azione”. Il sogno da svegli?

Stupidità – “Il dramma del nostro tempo è che la stupidità si è messa a pensar” è battuta di Cocteau, 1932 – autore peraltro di quest’altro bon mot: “Una certa stupidità è indispensabile”.. Notazione che il futuro céliniano Robert Poulet poteva, recensendo Cocteau, assortire in: “Questo sarebbe nulla se l’intelligenza non si fosse messa a rimbecillire”.

Questo si diceva cent’anni fa, più o meno.

Tedesco – “Tedesco e chiaro”, Nietzsche ironico fra promettere dal suo “Zarathustra” a un’accolta di dei. Facendosi obiettare, in un “a parte”, tra parentesi: “Tedesco e chiaro? Misericordia! Disse fra sé il re di sinistra; si vede che non conosce i cari Tedeschi, questo saggio d’Oriente!”.

Traduzione – Presentando il suo ultimo libro in inglese, “Translating myself and Others”, una raccolta di saggi sulla scrittura e la traduzione, in gran parte scritti in italiano e tradotti da lei stessa, Jhumpa Lahiri si è diffusa su un tema unico: “La traduzione non è altro che una forma di scrittura”. Da esperta traduttrice, anche dall’italiano (di Calvino, Starnone, molti racconti italiani per l’antologia da lei scelta - e di se stessa). Anzi, in qualche misura, è la scrittura per eccellenza: “È più una forma pura di scrittura perché è il linguaggio che è al centro di ogni scelta che si sta facendo”.

All’obiezione che il traduttore non è creativo, non naviga nell’immaginario, obietta: “(La traduzione) è un altro livelo, un’altra dimensione di quello  che un testo è”. Anche nella forma romanzo: “personaggi, plot, dettagli, le scelta che l’autore fa sono governate dal linguaggio”. 

Vacca pezzata – Ricorre in  Nietzsche, soprattutto in “Così parlò Zarathustra”, come “la città che (Nietzsche-Zarathustra) amava”. Che non può essere che Sils-Maria, allora paese di pastori e di pascoli, il sito prediletto per le estati da Nietzsche – che vi concepì e per lo più scrisse “Zarathustra”.

letterautore@antiit.eu

La guerra non tocca la Russia – 7

Ai prezzi attuali del gas, dopo le varie restrizioni, da una parte e dall’altra, sul gas russo, è come se il petrolio fosse a 460 dollari al barile, invece che a 80-100. Il gas essendo in Italia (e in Germania, con la quale l’industria italiana lavora in simbiosi) la fonte di energia più utilizzata per la produzione di elettricità, oltre che per consumi diretti nei forni (ceramiche, etc.), molte industrie cominciano a trovare più conveniente (meno dannoso) non lavorare, oppure lavorare poco.

L’Europa continua ad agosto a importare gasolio russo in eccesso rispetto alla domanda ordinaria – l’embargo sul petrolio russo si applica dal 2023. Il “Financial Times” registra importazioni per 700 mila barili al giorno di carburante da riscaldamento e da produzione industriale già raffinato, un quarto in più rispetto alla media stagionale. Si sconta un aumento consistente anche dei prodotti petroliferi.

Il provvedimento Ue per la sicurezza degli approvvigionamenti consente ai gruppi petroliferi europei di commerciare con i gruppi russi per il greggio e i prodotti petroliferi “destinati a paesi terzi”. Una sanzione che ha come sotto traccia la riesportazione in Europa? Non si fa un’eccezione a sanzioni belliche contro una potenza per favorire degli intermediari nei loro commerci.

Questa Palermo sembra Granada

Jubayr è grande viaggiatore, arabo del regno di Granada, del XIImo secolo. Autore di un volume quattro volte più consistente tradizionalmente intitolato “Viaggio in Ispagna, Sicilia, Siria e Palestina, Mesopotamia, Arabia, Egitto” (con questo titolo e con molte illustrazioni curato da Sellerio nel 1979 come strenna per il Banco di Sicilia, e due anni dopo pubblicato per i propri tipi, col titolo “Viaggio in Sicilia e in altri paesi del Mediterraneo”). In Sicilia sbarcò di ritorno dal viaggio rituale alla Mecca, dopo un viaggio periglioso, su una nave genovese, tra libecciate, saette e cavalloni. Lo sbarco a Messina lo compenserà: da Messina a Palermo è un succedersi di meraviglie, benché tra gli infedeli, e anzi nemici dell’islam. Il viaggiatore si sente quasi a casa, e perfino meglio che a casa: tanga cura per il forestiero, anche se mussulmano, tanta cortesia, e tanto splendore di luoghi e cose. Al punto da insospettirsi, di se stesso: essere buon mussulmano non è essere anti-infedele?

Palermo quasi gli sembra Cordoba. Anche se era, già all’epoca, 1185, ben più monumentale - semmai è con Granada che Palermo poteva e può confrontarsi, ma avendo al suo attivo anche il mare.

Questo “Viaggio in Sicilia” a sé stante è curato con una nuova traduzione da Giovanna Calasso, l’arabista della Sapienza.

Ibn Jubayr, Il viaggio in Sicilia, Adelphi, pp. 138 € 13

domenica 21 agosto 2022

Quando Draghi affossò l’Italia

Resta confinata  a una lettera al direttore oggi sul “Corriere della sera” la verità della crisi del debito che dieci anni fa minacciò l’Italia, e da allora l’attanaglia – lo spread Btp sul Bund tedesco era quindici anni fa attorno ai 30-40 punti, è salito nel 2012 a 550, è ora sui 200-250, grossa differenza di costo, incolmabile.

In polemica con Cottarelli, l’uomo di tutte le provvidenze, l’allora ministro del Tesoro Tremonti scrive, en passant, che la famosa lettera di richiamo della Bce del 5 agosto 2011, Ferragosto di fuoco, dei presidenti Trichet e Draghi, presidente uscente e presidente entrante, contraddiceva “volgarmente i giudizi appena espressi dal Consiglio europeo” sui bilanci italiani, e chiedeva brutale, all’istante: “due modifiche della costituzione, una riforma pensionistica (che la Francia dieci anno dopo stenta a fare, n.d.r.), una riforma dello Statuto dei lavoratori, e tra l’altro l’anticipo del pareggio di bilancio”, previsto dal governo italiano per il 2014 e in questa scadenza appena elogiato dallo steso Draghi in qualità di governatore della Banca d’Italia, nove settimane prima, a fine maggio dello stesso 2011.

Cosa non si fa per una poltrona? A quali condizioni Draghi è diventato all’improvviso presidente della Bce – le “carriere estemporanee” che Tremonti maligno sottolinea? Mentre il governo tedesco, si può aggiungere, lasciava cadere il suo candidato, e candidato unico, il presidente della Bundesbank Axel Weber.

Ombre - 629

Rosi Braidotti, che non voterà “certo la Meloni”, come scrive su “la Repubblica”, perché non può votare, essendo “naturalizzata australiana” (wikipedia) e residente in Olanda, prende a partito Marina Terragni, che ha osato sullo stesso giornale richiamarsi a Carla Lonzi (“le sorelle Lonzi”, Braidotti), icona proto femminista, e la sbeffeggia in quanto “milanese, anima vagante, femminista, madre, giornalista, scrittrice”. Mentre lei è Sorbona e tutto quanto, compreso il “postumano”.
 
Marina si poneva giustamente il quesito, lo poneva su “la Repubblica”, perché un candidato-donna a palazzo Chigi emerge dalla destra, mentre il Pd non vuole nemmeno parlare con le sue femministe. Coautrice di un manifesto femminista che prende a partito anche  il “progressismo liberal che promuove la logica del dirittismo e fa scomparire le donne nel neutro”. Effettivamente molto lontano dal postumano.
 
“Così la Marina ha respinto le navi russe dall’Adriatico”, annuncia Di Feo, che è ben vice-direttore di “la Repubblica”, in apertura del giornale. Perbacco, c’è stata una guerra e non ce ne siamo nemmeno accorti. Una guerra vinta dall’Italia. Dalla Marina Italiana addirittura, dopo Lissa e Capo Matapan.


Massimo Recalcati  osanna Sanna Marin, la prima ministra finlandese, per le sue notti brave in discoteca e in casa, “la sua gioia di vivere è una lezione politica”, su “la Repubblica”. Lo stesso giornale che demoliva Gianni De Michelis, uno dei migliori ministri degli Esteri italiani, perché gli piaceva ballare.  Certo, Recalcati all’epoca aveva solo trent’anni. Ma c’entrava già la psicoanalisi (giornalistica) con l’odio?


"Da Concorsopoli alle candidature, la cena della pace finita in rissa”, la sintesi che Lorenzo d’Albergo e Clemente Pistilli fanno dello scandalo Ruberti-De Angelis, pur confinata da “la Repubblica” in poche righe, è strapiena di reati: voto di scambio (polizze assicurative contro voti), corruzione (polizze assicurative pubbliche contro donativi), un numero incalcolabile di assunzioni pubbliche di favore, carriere pubbliche negoziate. Tutti reati di pubblico dominio, sembrano dire i due cronista. Mai un avviso di reato, dalla Procura della mafia capitale – della Procura dem, senza offesa.


“Orientarsi nella geografia della ventennale guerra di correnti”, commenta il caposervizio politica di d’Albergo e Pistilli, Stefano Cappellini, è come “entrare in un tunnel senza uscita”. Cioè, sarebbe a dire? E perché impunito?


“Ukrainian Ladies need your help”. Una chat erotica s’impone a ogni accesso al cellulare: donate! povere bisognose v’intrattengono per il vostro piacere.


Santori dichiara morte le “sardine” – hanno vissuto giusto il tempo necessario per portarlo in consiglio comunale. Ma probabilmente si aspettava di meglio. Perché finisce col dire, a chi gli chiede se farà campagna elettorale: “Quando capisco cosa stiamo comunicando, ci proverò”. Lui naturalmente non c’entra: si sta a sinistra per il gusto della battuta. Sarà per questo che gli elettori non vano, o ci vanno disperati.


Capolista Pd in Basilicata, quindi sicuramente eletto, uno dei cinque trentenni che il segretario del Pd Letta vuole in Parlamento per rinnovare il quadro politico, un Raffaele La Regina che dai tempi del ginnasio sognava il posto, non ama Israele, e su facebook e tweet ironizza: “Cos’hanno in comune Israele e gli extraterrestri? Che non esistono”. E non si ride nemmeno.  


Al posto di La Regina il segretario del Pd Letta recupera Amendola, che era il suo miglior ministro nel governo Draghi. Lo aveva escluso perché (di origine) socialista? La vecchia partita dei democristiani e dei comunisti contro i socialisti ancora imperversa? Come è vero che tutto cambia ma tutto è uguale a prima - in Italia, certo.


Annuncio del “Messaggero”: “L’élite russa tratta la pace alle spalle di Putin”. Insomma, è fatta? La fonte del “Messaggero”? “Lo ha detto a The Mirror una fonte diplomatica di Kiev “. Una “fonte”, “diplomatica”, di “Kiev”, cioè un’ombra ucraina. E chi è The Mirror”? Un tabloid britannico, un giornale di pettegolezzi. Perché? Si vuole che le sanzioni funzionino, decidano la guerra? Per arricchire i mediatori? 


Si legge l’“inchiesta” di “la Repubblica” su Giorgia Meloni, che il giornale esibisce come un’operazione-monstre, avendovi “lavorato per giorni dieci tra le più qualificate firme” dello stesso giornale, con il “coordinamento” di Bonini e Lopapa, due dirigenti, un assetto di guerra, e “la partecipazione” di Berizzi, e si resta straniti. Vogliono farle un monumento, fingendo di attaccarla?


Pino Sarcina azzarda una delle poche uscite da Washington per la campagna elettorale di Liz Cheney, la repubblicana avversaria di Trump. Della quale non nasconde le sindromi temperamentali – la condanna della sorella perché lesbica. Ma senza mai dire che i Cheney, nel feudo, nel Wyoming, sono sempre stati ultrapretrumpiani: il padre della deputata, vice-presidente di Bush jr. per otto ai, è stato l’anima di tutte le guerre inutili cui pure l’Italia ha partecipato, in Afghanistan e in Iraq. Sul diritto dell’1 per cento: “Se esiste un per cento di probabilità che qualcosa costituisca una minaccia, gli Stati Uniti sono tenuti a reagire come se la minaccia fosse certa al cento per cento”.


Non una riga dei poligrafi corrispondenti a New York degli enormi investimenti del partito Democratico nelle primarie repubblicane, a favore di candidati antitrumpiani, o anche, machiavellismo doppio, di candidati trumpiani, che si pensano più facili da sconfiggere a novembre. Finanziare la politica degli avversari, la cosa pure è ritenuta riprovevole dai giornali pro democratici.


Il “Corriere della sera” ricorda il cardinale Martini con due pagine, facendolo raccontare dalla sorella Maris. Che dice cose così: “Il papa? Non volle farlo” “Davanti aWoytiÌa si inginocchiò con le scarpe bucate”, per spregio? il cardinale era sempre a tiro. “Ha avuto una bella morte, troppo affollata però. Ricordo un’orribile coperta peruviana, ricamata a farfalle e fiori. Gliela aveva messa addosso una suora, temo per farla a pezzetti da diffondere poi come reliquie”.
 
Nancy Pelosi si stira ancora un po’ il viso e va a Taipei. Per fare che? Per consentire alla Cina di dire che Taipei è provincia di Pechino. Ma l’America ci fa o ci è – che è madre, e padre a noi tutti?

Cronache dell’altro mondo – oppioidi (212)

Il fentanyl e derivati è la singola causa più importante di morte per overdoe negli Stati Uniti. Il Nida, National Institute on Drug Abuse, calcola che dei 68.630 morti per overdose di droghe nel 2020, con un balzo di oltre un terzo sui circa 48 mila morti annui degli anni 2016-209, esattamente 59.516 sono classificati come morti per overdose di fentanyl e associati – oppiacei sintetici.

Le morti per overdose di oppiacei sintetici sono cresciute dal 2013, dalle restrizioni imposte alle prescrizioni mediche. Nel 2014 le morti per overdose di oppiacei erano ancora limitate, 9.580, ma in aumento del 73 per cento rispetto al 2013. Il numero è poi cresciuto rapidamente.

La droga è acquistata in Cina, dove “si situa il magior numero di  fornitori di oppioidi sintetici” (wikipedia). Nello Stato più minutamente sorvegliato del mondo.

Morte sul ponte delle chiacchiere

Alessandro Preziosi regista e protagonista, accompagnato dallo Stefano Di Battista Jazz Quartet, filma il monologo scritto quindici anni fa dai due sceneggiatori su un fantasma; il Ponte sullo Stretto. Anzi, su due fantasmi: un operaio morto mentre lavora al Ponte sullo Stretto. Sul costo umano delle grandi opere, a partire dalle Piramidi, certo, e dalla tour Eiffel. La questione è seria, ma qui suona falsa: quale ponte - dei sospiri, degli auguri, dei malauguri?

Una drammatizzazione probabilmente impossibile. E anche il tema nobile finisce scontato,  malgrado la bravura di Preziosi, il costo umano della fatica. Per un’opera che è già una colpa senza nemmeno esistere, se non nella chiacchiere giornalistiche –nei sogni, negli incubi, dipende.

Carmelo Pennisi-Massimiliano Durante, Il ponte, Rai 5