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Antisemitismo – Si discute se Heidegger è stato antisemita, uno che pensava e scriveva di
Judentum, anzi di Welt-Judentum. Che non ha mai scritto
una sola parola di compatimento alla sua ex amante Hannah Arendt, costretta a
emigrare. Non perseguitò gli ebrei in campo di concentramento, ma questo
normalmente non veniva fatto dai tedeschi della territoriale. Nel dopoguerra
non disse mai una parola di condanna di Hitler, e della guerra stessa – anche a
non menzionare gli ebrei.
Cioran – O del pensiero breve, nietzscheano. Fulminante, martellante, apodittico.
Della coscienza dell’inconscio, nella fattispecie. Radicalmente pedagogica –
incontrovertibile. Con l’estrema sicurezza dell’incertezza. Sempre azionando
(vantando) una disperazione senza fondo, seppure seriale, ripetuta, interminabile.
“Cioran è solo una variante dell’Oltreuomo che Nietzsche idolatrò”. puo dirlo
Berardinelli sul “Venerdì di Repubblica”. O un Nietzsche in pillole per “un
pubblico parigino di asceti eversori e specialisti del no”. O del pensiero in briciole
– come è l’uso editoriale, per Schopenaèhauer, Kierkegaard, Nietzsche. Un forma
di popolarizzazione della filosofia che ne è l’involgarimento – anche se il frammento
esercita illustri menti. Un po’ come le vecchie raccolte ora in disuso, di moralità
e proverbi, di Rapisarda, Pitré, Salomone Marino.
Complessità – È il mondo fisico di Platone. Nella cosmologia di Platone nous, la mente, opera per assoggettare ananke, il cieco caso, il caos. In
Platone ci riesce, ma non ci viene detto come. Di qui tutte le elucubrazioni
sul reale che è percezione, una lunga ritornante “soggettiva” in termine
filmico. Che non aiuta in realtà la percezione.
Elettricità - È il presente e il futuro dell’umanità, dalla nuvola (biblioteca dell’universo)
all’intelligenza artificiale e alle criptovalute, il metaverso. senza essere
uno dei quattro elementi, terra, aria, acqua e fuoco, e anzi essendo produzione
terziaria, di prodotti minerari derivati dai quattro elementi. E a rischio sotto
di essi – una tempesta magnetica (fuoco), un tifone (vento), un’alluvione, un
terremoto. È il primo futuro che si costruisce come una sfida alla natura – la vera
sfida di Prometeo, insensata, fino al prossimo black-out, magari magnetico.
Futuro – “Una delle più grandi benedizioni di Dio è che ci tiene perennemente
nascosto il futuro”, è conclusione di Horselover Fat-Philip Dick nel romanzo “Valis”,
p. 24. Ma non è tutto, alla pagina seguente lo stesso può dire: “Dio misericordiosamente
ci nasconde il passato, oltre al futuro”.
Idiota - Il significato originario della parola, greca, è “privato”, di qulcuno che
non aveva cariche pubbliche – sottinteso: perché non poteva, non aveva la
capacità verbale necessaria alla politica. Passa al latino nel senso di
incompetente, inesperto, incolto. E al volgare italiano con lo stesso senso nel
Trecento. Ma, curiosamente, si potrebbe applicare al senso originario nella
campagna elettorale in corso, tra gli stessi, numerosissimi, candidati, quali i
giornali propongono in abbondanza.
Ombra -
La virtù, pure semplice, dell’ombra dev’essere difficile, non solo in pittura:
il sole è a premio, anche nei paesi caldi – l’Italia per esempio non sa farne
uso, relegandola al più al Sud, a una mania meridionale. Oppure è concetto
difficile, almeno a giudicare dall’esperienza: la sua funzione, i suoi
benefici. Avendo trascorso due terzi della vita in Toscana, a Roma, a Milano,
si può testimoniare la difficoltà, costante negli anni, insormontabile, di far
valere il semplice concetto che, nella stagione calda, è meglio evitare la luce
diretta. Far valere la virtù di tenere le imposte chiuse, invece che spalancate
- considerate tutt’al più come fissazioni o pratiche da “meridionali”.
Difficile anche da quando, da qualche anno, i governi raccomandano di evitare di
esporsi alla luce nelle ore meridiane, le senza ombra.
Bizzarra
è anche l’inesistenza dell’ombra nell’architettura contemporanea. Che va per
spazi diritti, senza studio dell’orientamento – un tempo c’era la casa o
facciata estiva, quella invernale, eccetera - e “ristruttura” piazze e strade
nei paesi e nelle città nel senso di abbattere alberature spesso studiate appositamente,
di specie e in posizioni da assicurare un’ombra contro la calura, per fare
posto alla pietra. Né ne ha concezione l’architettura dei boschi verticali, che
solo s’ingegna di costruire artificiose siepi o fogliami con poca terra.
Paternità - Collodi ha alzato la barricata un secolo abbondante prima della
cancellazione nella fluidità dei generi, e delle funzioni genitoriali, perfino
ovvia a opera di un certo femminismo - prima del gender fluid. “Pinochio” è un mondo maschile in cui non c’è posto
per la madre, moglie, compagna di giochi, innamorata. C’è la fatina, ma è uno
schiaffo al femminismo in nuce: è
tutto ciò che di femminile un uomo s’immagina e vorrebbe – coi poteri, anzi con
più poteri degli altri, ma dalla parte sua, amorevole e protettrice.
Razzismo - Il senegalese Mohammed Mbugar Sarr,
vincitore a trentadue anni del premio Goncourt, il massimo premio francese, per
il romanzo “La più recondita memoria degli uomini”, lamenta con Fabio Gambaro
sul “Venerdì di Repubblica”: “Oggi essere nero e d’origine africana significa
ancora trovarsi in condizione di inferiorità”. Questo non è vero per lui,
benché immigrato in Francia solo da una decina d’anni. O per ‘Mbappé. O negli
anni 1940-1950 per i suoi connazionali Senghor e i tanti Diop, integrati socialmente e negli affetti – o per lo stesso
protagonista del suo romanzo, T.C.Elimane, “le
Rimbaud nègre”, scrittore scomparso nel nulla dopo avere pubblicato negli
anni 1930 un romanzo considerato un capolavoro. Un autore fittizio di un romanzo
fittizio, “Labirinto dell’inumano”. Ma “considerato” a Parigi, dove era stato
pubblicato, Sarr non può immaginare altro scenario.
Lo stesso non è vero negli
Usa ai più alti livelli politici, sportivi, artistici, benhé sempre vi si riproponga
la questione nera. O nella Gran Bretagna novellamente multirazziale, come lo è
stata in passato: nella successione al biondissimo e bianchissimo Johnson hanno
figurato candidati di genitori africani o asiatici. Come da qualche anno la
Francia. Il problema sono gli africani dell’Africa, a 50-60 anni dalle
indipendenze. Un mondo di cui gli afroeuropei e afroamericani fanno male a
dimenticarsi.
A lungo le razze furono
collegate alla latitudine, al clima. Sulla traccia di Montesquieu, al Libro XIV
dello “Spirito delle leggi”. Montesquieu si limita a osservare che il clima ha
un’influenza sul temperamento, e quindi che la governabilità di un popolo è
legata anche al fattore clima. L’annotazione fu declinata nell’Ottocento nel
senso che il clima temperato dell’Europa Occidentale era il giusto mezzo alla
governabilità (alla democrazia, alla libertà, eccetera), tra le supposte sanguinarie,
dispotiche, società dell’Africa e dell’Asia e le rigide popolazioni nordiche, cui
le temperature rigide ottenebrano le menti. In Francia se ne derivò, nel primo
Ottocento, perfino la teoria che i Russi non erano riusciti a creare una
tradizione letteraria analoga a quella francese a causa della meteorologia.
È anche vero che le prime pubblicazioni
letterarie moderne di asiatici (con l’eccezione però. notevole, di giapponesi e
cinesi) o africani si è avuta nelle capitali europee, e che questa è ancora più
marcata la tendenza oggi, con gli scrittori
franco-africani o anglo-indiani, e altrettali,
perfino italo-africani, ma è una questione di mercato, di visibilità.
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