Giuseppe Leuzzi
Tante cronache, rievocazioni e ricostruzioni ma nessuna ricorda che Messina Denaro ha avuto una gioventù “in” nella migliore società palermitana – fino ai trent’anni, quando dovette cominciare a nascondersi. Gigolò – oggi toyboy - con altri coetanei di ricche signore di mezza età di Palermo. Con molte amanti giovani strafiche, tra esse un’impiegata austriaca dell’Hotel Paradise Beach, di cui farà uccidere il mite gestore, che scherzava sulle sue imprese amatorie.
Il “pentito” Salvatore Baiardo sapeva che
Messina Denaro era in cura ma in fin di vita. L’ha detto in tv, convocando
Giletti - è un “pentito” socialite, che si diverte a comparire. Cosa che
il primario che aveva il bandito in cura aveva dovuto dirgli. Certo, è possibile
che Baiardo l’abbia saputo da qualcuno del personale ospedaliero. Ma è più
probabile che lo abbia saputo dallo stesso Messina Denaro, teatrante in fin di
vita, per un teatrale preannuncio, direttamente o indirettamente (il
prestanome, i tanti familiari Guttadauro). Questi “pentiti” sarebbero la parte
più succosa, volendo raccontare la mafia – ma non alla Enzo Biagi: da “traggediatori”
senza freni.
“L’autonomia prova a ripartire, 1.904
giorni dopo il referendum”, titola “Il Sole 24 Ore”. Senza più. Un titolo minaccioso,
senza ricordare che il referendum è stato proposto e tenuto dalle regioni
Lombardia e Veneto. In effetti, non c’è altra Italia.
Una pittrice finlandese, bella donna ma di poco
nome, si stabilisce con la famiglia a Siracusa nel mese di agosto. A ottobre se
ne torna in Spagna, scandalizzata, dice, dalle scuole cui aveva iscritto i
figli. Dov’è la notizia? Nella mezza pagina che il “Corriere della sera” le
dedica.
Il giornale le fa anche lamentare “la vita
sempre di corsa e il traffico a Siracusa”. La vita di corsa a Siracusa? Il
traffico? Sembra Bonacelli in “Johnny Stecchino”, che però era fumato.
“Colpo ai clan di Ostia: un’armeria nei box Ater". Ater
sono le case comunali. “Sequestrati 75 locali occupati abusivamente dai clan
Fasciani e Spada da anni”. Da vent’anni, da trenta. Settantacinque box: ma
quante case ha, avrebbe, l’Ater a Ostia?
“Scoperti” dalla Dda, nientedimeno, i 75 (settantacinque)
box, “usati come basi operative e depositi per pistole e altre armi. Ritrovate
pistole usate per alcuni agguati". A volte basta poco. Bastano i
Carabinieri.
Il tifo dell’odio
“Messaggi cifrati e prestanome: patto di sangue
in Europa per dare la caccia ai romanisti”, ai tifosi della Roma. Tra bergamaschi,
soprattutto, i tifosi dell’Atalanta, e napoletani. Ma con code ovunque la Roma gioca:
a Parigi (Paris Saint Germain), in Germania (Monaco 1860 e Borussia Dortmund),
in Serbia (Stella Rossa di Belgardo), in Bulagria (Plovdiv). Con contatti
personali e regole comuni. Preferibilmente: “Su e giù per lo Stivale. Vestiti
di nero. Felpe con il cappuccio, anche d’estate. Bastoni, rinforzati come se
fossero di ferro. Scarpe leggere, con suole scavate per i lacrimogeni” (?). Una
mappa degli autogrill dove è possibile intercettare i romanisti, e nascondersi.
E “codici di riconoscimento”: un gomito fuori dal finestrino, “luce accesa nel vano,
viaggio al centro corsia, sportello della benzina aperto, zainetti sul cruscotto”.
Tutto questo senza interesse, solo per odio. Un odio senza fondamento, solo un
gol non digerito qualche anno o decennio fa.
Il male nasce e si diffonde senza ragione.
E senza giustificazione – anche quando potrebbe averla. Non va analizzato, va contrastato.
La fortuna tenta il Nord
Non è il Sud a tentare la fortuna, non con
la lotteria – o la fortuna non tenta il Sud. Si fa un rendiconto localizzato
dei biglietti venduti della Lotteria Italia, e il Lazio, 5,9 milioni di abitanti,
risulta la regione che compra più biglietti, 1.118.160, uno su sei del totale
venduto. Di cui 871.430 nella capitale Roma, 2,9 milioni di abitanti – un
romano su tre ci ha provato. La Campania, che si penserebbe la più proclive, viene
molto dopo, con 583.840 tagliandi venduti, per una popolazione di 5,8 milioni,
più o meno quella del Lazio.
Se ne sono venduti molti di più in
Lombardia, 959.400, anche se va considerato che la popolazione residente vi è
quasi il doppio della Campania, 10 milioni.
In Campania Napoli non fa eccezione allo scarso appeal
del gioco. A Napoli e provincia, 3,1 milioni di abitanti, sono stati
venduti 295.280 tagliandi, uno in media ogni dieci persone, o undici. Lo stesso
più o meno a Caserta, 87.460 biglietti per 923 mila abitanti, e a Benevento,
20.120 biglietti per 280 mila abitanti. Ne sono stati venduti di più,
mediamente, ad Avellino, 53.660 per 400 mila abitanti, uno ogni sette-otto persone,
e a Salerno e provincia, 127.320 biglietti per 1,1 milioni di persone, uno ogni
nove.
Non si può fare il Sud al Nord
“Elena Ferrante”
immagina in “La figlia oscura” una “professoressa di università”, così si
dichiara a chi va a riceverla, che fa una vacanza al Sud, dove incontra una famiglia
che la riporta ai ricordi di giovane madre: uscita da una famiglia “oscura”, se
non degradata, madre applicata di due bambine, finché, di colpo, non si mette in
carriera, e soprattutto si “libera” sessualmente, si libera dal marito. Un racconto
persuasivo. Al Sud – al Sud Italia. Che diventa incongruente al cinema, nell’adattamento
che ne ha fatto Maggie Gyllenhaal, l’attrice che la storia ha sedotto tanto da
volerne fare la regia.
Gyllenhaal ha
spostato la vacanza in un’isola greca, e ancora poteva andare. Ma facendo la protagonista
americana, tra americani. E tutto diventa strano, e ridicolo. La “professoressa
d’università”. Lo studente bagnino d’estate, anche lui “americano in Grecia”. La
“famiglia” che apre la professoressa ai ricordi, sorelle con figli, sorella maggiore
con sorella minore, e relativi mariti. Che sono anche “gente brutta, non c’è da
fidarsi”, secondo lo studente-bagnino. Con uno dei mariti – il capo-cosca? –
che va e viene nei fine settimana. Tutte caratterizzazioni che vanno bene in una
storia al Sud Italia, ma tra americani? Tra americani ci sono anche le bevute,
che non vanno bene al Sud. E le coordinate geografiche – chi sa cos’è e cosa
significa il Queens, o anche l’Arizona?
I luoghi hanno una
personalità. Sulla quale “La figlia oscura” è costruito. Le ambiguità del Sud
italiano sono difficili da trasporre in America. Suonano anche male – incomprensibili.
Ci sono – ci sono
stati in passato - film americani di ambientazione southern, nelle vite,
i caratteri, le atmosfere, i tempi, della Georgia, delle Carolina, dello stesso
Arizona, che rimandano a tempi e modi mediterranei, del Sud Italia. Ma non, per
dire, a Milano o Torino.
Sicilia
Philippe
Daverio, pronipote del mazziniano e garibaldino Francesco Daverio, estremo
difensore della Repubblica Romana al Gianicolo, odiava la Sicilia. Così disse in
tv, a “Le Iene”, nell’ultima intervista forse prima di morire, dopo avere
paragonato la forma del cannolo siciliano a quella del fucile a canne mozze:
“Non amo la Sicilia”. Dieci anni prima era stato consulente del Comune di
Palermo per i festeggiamenti di santa Rosalia, la patrona della città.
Daverio era
intervistato dalla Iene per il suo ruolo poco equanime, come giurato, insieme
con l’ex schermitrice Granbassi, triestina, e il divulgatore scientifico Mario
Tozzi, romano, alla finale del concorso Rai “Il borgo dei borghi”, tra
Palazzolo Acreide e Bobbio. Daverio e Granbassi rovesciarono il voto popolare e
assegnarono la palma al “borgo” piacentino, invece che a quello
siracusano. Poi si seppe che Daverio era
stato insignito della cittadinanza onoraria di Bobbio un anno prima. La Sicilia
non può competere con la Lombardia.
Molti che non c’entrano e non sanno dicono,
per “uscire” in tv, quello che l’intervistatore gli vuole far dire: che sì, che
ci vuoi fare, Messina Denaro magari procurava lavoro, un affare, un beneficio, aiutava
a campare. Che non è vero e non può essere vero. Ma la Sicilia ormai vive nella
bolla, alla “Truman Show”: sa parlare come la fanno parlare.
Salvatore Mugno, scrittore di molte storie
antimafia, ha costruito quindici anni fa un falso su Messina Denaro che scrive
lettere a “Svetonio” firmandosi “Alessio”, in cui parla di Toni Negri, di Jorge
Amado e del Malaussène di Pennac, nonché di “assiomi”, attorno a un personaggio
vero. “Svetonio” era infatti un personaggio di
Castelvetrano, compaesano quindi del latitante, e noto eccentrico: Tonino Vaccarino.
Il quale si diceva “professore”, ora di Filosofia, ora di Lettere,
e non lo era (lo era la moglie), e aveva una spessa fedina penale. Ma aveva fatto
il sindaco per un anno – e aveva una moglie. Ultimamente accreditandosi come
spia dell’Aisi, il servizio di intelligence. La fantasia non difetta, ma da
ultimo corrusca - a celebrazione di assassini.
Messina Denaro è stato uno scrittore compulsivo
di lettere: i suoi “pizzini” al capomafia Provenzano erano lunghi pagine,
dettagliati e prolissi. Di tale natura che Camilleri ebbe a dirlo nel 2007, nel
libro “Voi non sapete”, “il latinista del gruppo”.
Virgilio Titone, lo storico e critico
letterario, più noto come polemista sull’“Espresso”, voleva la mafia (la
violenza, il raggiro) una questione di “sangue”. Se non che era anche lui di
Castelvetrano.
Messina Denaro, latitante dal ‘93, da quando
infine era stato “scoperto”, dopo una vita da beniamino dei salotti paermitani,
si sa che è stato in una clinica oftalmica in Spagna, e in vacanza con gli
amici ipermafiosi Graviano al Forte dei Marmi, assiduo del bagno “Rossella”.
I due Graviano si sa che sono mafiosi privilegiati. In carcere, al 41-bis, si sono potuti sposare, e anche fare dei figli, uno ciascuno. Come incentivo a parlare di Berlusconi? Che ne sarebbe della mafia senza l’antimafia?
Il padre di Matteo Messina Denaro, Francesco,
mafioso accertato in più procedimenti dal giudice Borsellino, percepiva
l’assegno di disoccupazione dell’Inps, e poi la pensione – fu condannato e
carcerato in tarda età. Scherzando, naturalmente, non si può affermare che i
Denaro si nascondessero.
Francesco Messina Denaro la famiglia - la moglie
finché è vissuta, una Guttadauro, della dinastia dei professionisti della mafia,
i figli, i nipoti - ogni anno onora sul “Giornale di Sicilia” con un necrologio
molto sentito. Per un paio d’anni con estratti di Lucrezio in latino.
gleuzzi@gmail.com
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