Così nacquero le “Cosmicomiche”
Poco comiche,
molto fantasy. Così Calvino ne spiegava genesi e impianto, seppure ancora molto
vago, per lettera alla futura moglie Esther Judith Singer, “Chichita”, in una
lettera dell’11 novembre 1963, pubblicata oggi sul “Robinson”, da casa dei
suoi, a San Remo: “In questi giorni a San Remo mi sono rimesso a scrivere quel racconto
che mi porto in testa da moltissimi anni e che ho cominciato a scrivere solo il
giorno del mio 40° compleanno a casa tua (un mese prima, il 15 ottobre, n.d.r).
Veniva fuori abbastanza, anche se le mie idee sono abbastanza vaghe, ma ci
mancava qualcosa che volevo dargli e che non so bene cos’è: qualcosa come una
dimensione cosmica. Per farmi venire questa dimensione cosmica mi sono messo a
sfogliare un libretto di divulgazione astronomica, poi a leggere le voci Cosmogony
e Cosmology dell’Encyclopedia Britannica. Così mi sono venute
delle altre immagini, delle altre idee e allora – messa da parte l’idea di quel
racconto – mi sono messo a studiare un altro progetto: una serie di storie
cosmicomiche, un nuovo genere letterario, “comicosmic” in inglese, “série
comicosmique” in francese, che sta tra le comics di Popeye, Beckett, la science-fiction,
Landolfi, Jules Verne, Borges e Lewis Carroll. Ma devo ancora provare a vedere come vengono”. Vissuto per quaranta anni nella natura, con un padre agronomo, la madre botanica, in una grande villa, Calvino aveva bisogno di astrazione - fino alla concettosità.
Italo Calvino, Le
cosmicomiche
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