La guerra di Putin fa grande Erdogan
Una
politica economica sbagliata, l’inflazione al 100 per cento, o poco meno, la
lira turca allo sbando, in un anno ha perso l’85-90 per cento del valore contro
l’euro, il voto presidenziale di giugno non si presentava bene per Erdogan. La
guerra di Putin potrebbe averlo salvato: ha rilanciato gli affari, e la figura
dello stesso presidente, l’unico politico che in qualche modo può proporsi a
mediatore nel conflitto – può provarcisi con qualche carta in mano.
La
Turchia è naturalmente coinvolta nel conflitto, come paese rivierasco con interessi
sensibili nel Mar Nero. Pur facendo parte della Nato, non ha adottato le
sanzioni contro Mosca. Ma si attiene al principio delle sanzioni, evitando le
triangolazioni, almeno per i prototti sensibili, i materiali high-rtech (semiconduttori,
transistor, parti di aerei o altri armamenti). Ma dall’inizio della guerra ha
potuto fruire per i consuimi interni di prodotti petroliferi e di gas dalla
Russia a prezzi di realizzo, portando Mosca al primo posto come fornitore nella
bilancia commerciale. E pur rispettando le sanzioni euroamericane, ha accresciuto
l’export verso la Russia di circa il 50 per cento.
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