La scoperta dell’Africa o la mangiatoia del gas
La scoperta
dell’Africa con Giorgia Meloni sembra una barzelletta, e lo è. Come quella del “modello
Mattei”, che non c’è – e che comunque l’Eni stella di Borsa si guarda dal
praticare.
La scoperta
è una barzelletta perché l’Italia è un paese senza memoria. O un Paese adulto
analfabeta, che impara con difficoltà. Ma non senza rischi, anzi: il dubbio c’è,
se Meloni si è accorta della “scoperta” che le fanno fare.
Il modello
Mattei, che non era un modello, era cercare spazi negli interstizi internazionali
fra le grandi potenze, o anche non grandi ma che di se lo presumevano, Gran
Bretagna e Francia. L’Italia hub europeo del gas era la novità dell’Eni pre-Borsa,
degli anni 1970: un progetto tecnico-economico, elaborato in una cultura internazionale,
contro venti e tempeste politiche e giornalistiche, tanto provinciali quanto aggressive. Quell’Eni fece dell’Italia l’epicentro (hub) di una serie
di condotte dalla Russia, dall’Algeria, dalla Libia, dall’Olanda, e volendolo
anche dall’Egitto - il canone di ogni approvvigionamento è la diversificazione, la non dipendenza, per i prezzi prima che per la sicirezza. Ma contro la politica: già allora gli Stati Uniti non
volevano che il gas russo arrivasse all’Europa, era un vantaggio competitivo. Al
meglio nella distrazione della politica. Fino a quando la politica non fu armata dalla
coorte vorace, e corrotta, dei grossisti - tragici quelli che poi si aggrapparono
a Berlusconi, “l’amico di Putin”. Suonando le campane del mercato. Per avere, d’obbligo, “una fetta” del mercato,
guadagnare cioè di rendita, solo per fatturare, senza investimenti né rischi. Al
punto che la Russia (Gazprom) ha poi scelto come partner privilegiato la
Germania.
Nessun commento:
Posta un commento