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Le manone della Pd(c) sul calcio
Lascia a bocca
aperta forse più i non juventini, che sono il rispettabile 70 per cento di
tutti gli italiani, la sceneggiata fra Procura e Corte d’Appello del calcio,
con la condanna della Juventus al doppio della penalità richiesta, e della sola
Juventus per le plusvalenze fittizie. Come se la Juventus se le
potesse fare da sola. E come se i calciatori avessero ciascuno l’etichetta col
prezzo fisso.
La sceneggiata
lascia di più sconcertati i (residui) Democratici, del partito Democratico, di
fronte allo strapotere così male esercitato (strafottente) dei democristiani
camuffati nel loro partito. Quali sono tutti i padroni del calcio. Da Gravina,
l’“imprenditore” apulo-abruzzese elevato a presidente della Federazione, a Chiné,
il giurisperito calabrese recordman degli incarichi istituzionali - era anche
capo di gabinetto del ministero del Tesoro nel lungo governo Draghi. Ai sette
augusti membri della Corte d’Appello, che senza discutere hanno raddoppiato la
pena richiesta da Chiné – ex amministrativisti e tardi professori di università
“bianche”, Brescia e Cassino, col famoso notaio ex arbitro “collinista”.
Gente onorevole,
s’intende. Di potere. I sette della Corte d’Appello non hanno neanche lo
stipendio, tanta pena si prendono per il solo amore della giustizia. Chiné, nel
tempo libero dagli altri incarichi, gestisce ben tre centinaia di
“collaboratori”, quasi tutti uomini, Il corrispettivo è a valle, a latere, un’assicurazione
sul futuro - la Dc è come Messina Denaro, non lascia nessuno indietro (anche se
è ben “onorevole”, come Antonio assicura di Bruto nel “Giulio Cesare” di
Shakespeare).
Una manifestazione
di potere perfino assurda – la (ex) Dc di solito nasconde la mano: si infliggono
15 punti di penalizzazione, invece di nove, o invece di venticinque, perché no,
senza motivo, ad arbitrio. Giovandosi di moncherini di registrazioni, tagliati
a caso. Soprattutto giustificandosi, caso citatissimo, con lo scambio
Pjanic-Arthur – opera magari, sommo dileggio, di qualche romanista fra i sette killer
dell’Ave Maria specialmente tifoso del
simpatico bosniaco.
Un invito alla
mobilitazione del Pd “bianco” contro i residui comunisti – ma “emiliani”,
tengono a precisare – che minacciano di riprendersi il controllo del partito? E
un avviso al nuovo governo, dopo il dodicennio di robaccia Pdemocristiana, da
Monti a Renzi, a Gentiloni e a Letta. Gravina, lo sconosciuto “portato” quattro
anni fa da Galliani e Lotito, ha troncato a settembre col presidente della
Lazio, quando questi si è candidato col nuovo governo. Miseria dello sport – la
Dc inevitabilmente sporca tutto?
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