martedì 10 gennaio 2023

Letture - 508

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Benedetto XVI  accademico – L’Accademia delle Scienze morali, la terza accademia del Seicento francese, aveva eletto nel 1992 come membro straniero, in successione a Andrei Sakharov, deceduto, il futuro papa Benedetto XVI. Lo elesse quando era cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l’ex Sant’Uffizio. Il massimo organo culturale della Francia “repubblicana”, laica.


Germania – Celebrando papa Ratzinger, Magris lo ricorda colto e “profondamente tedesco”, ma della Germania meridionale: “Soprattutto emergeva la radice profondamente tedesca della sua formazione e della sua cultura, quella Germania soprattutto meridionale, di Freising, di Monaco, di Regensburg, di Tübingen. Una Germania in cui mi sento di casa”, tiene a specificare il germanista Magris, “specie a Freiburg”. Dove “le cose grandi hanno bisogno di una dimensione da toccar con mano, di quell’aura «aura mozartiana»…”
 
Letti
– Uniti, nel matrimonio, o separati? Joshua Cohen, “I Netanyahu”, 80-81, ci argomenta sopra una teoria sociale, e una nazionale – tra ebrei, in America, in Germania, in Francia, in Inghilterra. “Ovviamente le famiglie più povere non hanno mai avuto alternativa”, spiega la moglie, di famiglia ricca, al marito, di famiglia povera; scommetto che è per questo che i tuoi genitori hanno sempre condiviso, e così hanno fatto i tuoi nonni. Ma i miei dormivano separati, come i loro genitori. Potevano permettersi due letti, e laggiù in Germania avevano pesino camere separate”. Poi introduce la Francia: “Credo che per loro fosse un’abitudine francese”, quindi alla moda. “Ma”, prosegue, “il ragionamento dietro era inglese, vittoriano in un certo senso, che per un ebreo tedesco non era un peggiorativo ma un complimento”. Perché dei francesi non c’era da fidarsi: “I francesi credono nella separazione in modo da poter avere degli amanti. Le donne avevano perfino stanze private, dei boudoir. Anche se un boudoir non è una stanza da letto. Può includere una stanza da letto, ma non è tanto una stanza da letto quanto una camera in cui avere relazioni clandestine e straziarsene in privato”. È diverso per gli inglesi, continua: “Gli inglesi credevano nella separazione perché condividere era pericoloso: la prossimità con un’altra persona addormentata accanto facilitava la trasmissione di malattie infettive come polmonite, influenze e raffreddori, che allora erano spesso letali”. Nonché “la possibilità di fare sesso, il che a sua volta risultava in un aumento delle gravidanze”, non essendoci contraccettivi – “anche se forse il ragionamento sull’infettività è stato inventato per occultare il ragionamento sul sesso, da parte delle donne del passato, frustrate di essere sempre incinte”.
 
“Il letto è l’opera lirica dei poveri”, il detto napoletano sembra confermare l’anamnesi di Cohen. La scienza del letto ha lunga tradizione. Benché Sterne ne lamenti l’insufficienza, non a torto – è uno dei tani temi del “Tristram Shandy”. La grammatica francese tuttora presenta al primo esercizio di lettura “le lit est une bonne chose, si l’on n’y dort pas, l’on s’y repose” - che è difficile e anche sbagliato, se non vi si dorme, vi si riposa: le lingue tradiscono. C’è il letto per il sonno e il letto di giustizia, il letto del fiume, il letto di sabbia o di calce, e ci sono gli affari di letto, genere composito.
Montaigne collega la popolazione di storpi, gobbi, deficienti rilevata nell’Orleanese con l’uso di poveri giacigli per letto. L’opposto del letto italiano studiato da Balzac, il quale attribuiva a fascioni, corregge, viti, rotelle, nonché alla secchezza del legno dovuta all’azione del sole, e alle stesse tarme, quel sentimento di musicalità che si accompagna al Bel Paese. Nei secoli delle Crociate, quando i letti nuziali restavano deserti, in teoria, per l’assenza dei mariti, l’Europa si risollevò dalla depressione demografica. La ragione sarebbe il materasso di lana, più morbido ed elastico di quello di coppi, che moltiplicò la produttività. A questo fine le regine di Spagna dormivano su quattordici materassi di lana.
La procreazione è però poco legata al letto. Il letto orientale, a sacco, senza telaio, soffice, è scomodo a fini ludici – c’erano schiave ma non ci sono meticci a Oriente. I vichinghi, che ancora un secolo fa dormivano tutti in una stanza attorno al fuoco, genitori e figli, su strette panche, vi dormivano seduti, le ginocchia contro il petto, tuttavia generavano figli robusti.
 
Matrimonio
– Consuma l’amore, secondo una lettera di Heidegger a metà degli anni 1930: “Nel matrimonio moderno e nei liberi rapporti di tipo matrimoniale è molto forte la tentazione di fondersi completamente l’uno nell’altro durante i primi tempi, di far seguire le ultime riserve dell’anima a quelle del corpo, di perdersi in una completa reciprocità. Ma questo non metterà a rischio il futuro del matrimonio?” Lo argomentava per difendersi da Hannah Arendt, o dalla moglie Elfride (che comunque il secondo figlio lo aveva fatto con un amico)?
 
Rondisti – Furono i maestri di Sciascia. Sciascia rende omaggio, presentando nel 1967 la riedizione di “Le parrocchie di Regalpetra” insieme con “Morte dell’Inquisitore”, allo scrittore siciliano dimenticato Nino Savarese, affermando di essersi formato sugli scritti dei “rondisti”: “Debbo confessare che proprio sugli scrittori ‘rondisti’ – Savarese, Cecchi, Barilli – ho imparato a scrivere”.
 
Santi – La tesi di laurea di Umberto Eco, 1955, era “Il problema estetico in San Tommaso d’Aquino” – con questo titolo pubblicata nel 1956. Quindici anni dopo Eco la pubblica con titolo “Il problema estetico in Tomaso d’Aquino”. Ancora all’università Eco era dell’Azione Cattolica, poi professo ateo.  
 
Renato Solmi – Fu licenziato nel 1963 per motivi politici da Giulio Einaudi, l’editore di cui era la colonna portante per il settore umanistico, scopritore per l’Italia e presentatore di Adorno, di cui era stato allievo, e Benjamin. Italo Calvino accenna seccamente all’evento, come di cosa minima, o scontata, nella prima lettera, o una delle prime, indirizzata alla futura moglie Esther Judith Singer, “Chichita”, il lunedì 4 novembre 1963 (pubblicata dalla figlia di Calvino, Giovanna, sul “Robinson” del 7 gennaio): “… Il tutto sullo sfondo della crisi di R.S. giunta al suo punto culminante giovedì e risolta col suo licenziamento”.
In realtà non c’era stata una “crisi di R.S.”, semplicemente Solmi veniva licenziato, insieme con Raniero Panzieri, in quanto sostenitori della pubblicazione della ricerca di Fofi, “L’immigrazione meridionale a Torino”, perché criticava anche la Cgil, il Pci, la Fiat e “La Stampa” – il libro fu poi pubblicato da Feltrinelli. A Fofi erano state richieste delle modifiche, che in parte aveva apportate. Ma buona parte del Politburo Einaudi era sempre contro, e prevalse nella decisione.
Calvino figura nel “romanzo” della Einaudi fra i sostenitori di Fofi, ma dalla lettera si evince che, nella migliore delle ipotesi, non era coinvolto, non emotivamente – e nelle ricostruzioni della vicenda è messo tra gli oppositori. Sul libro-inchiesta si erano formati in Einaudi due partiti, quello di Cantimori, contrario, e quello di Massimo Mila, favorevole, come Luca Baranelli ha raccontato nel 2013, insieme con Francesco Ciafaloni, in “Una stanza all’Einaudi”, e successivamente, in ricordo dell’amico morto, nel numero di maggio 2015 de “Lo Straniero”. Con Cantimori, il più intransigente, erano lo stesso Einaudi, e Calvino, Giulio Bollati, direttore editoriale, Daniele Ponchiroli, caporedattore, Bobbio, Franco Venturi, Corrado Vivanti, “e altri ancora”. I favorevoli erano pochi: con Mila, Vittorio Strada, giovane slavista, Raniero Panzieri, rivoluzionario animatore dei “Quaderni rossi”, lo storico dell’arte Enrico Castelnuovo, Solmi e Baranelli.
La lettera di Calvino dirada alcune nebbie che si erano sparse sulla decisione, riprese, nelle date e negli schieramenti, dalla storica dell’editrice Einaudi Luisa Mangoni, nel monumentale (mille pagine) “Pensare i libri”: giovedì 31 ottobre si era già deciso il licenziamento di Solmi. E la decisione fu in qualche modo collegiale, nota in casa editrice anche a chi non era presente all’ultima riunione redazionale, e non specialmente sofferta. Questo si può evincere anche dalle memorie di Solmi, “Autobiografia documentaria”.
Di Calvino Solmi ricorda nel memoriale fiume: “Già assurto alla fama delle patrie lettere, sono stato per oltre un anno compagno di camera in un locale d’affitto in via san Quintino” - Solmi era del tipo ottimista -generoso: ricorda Ponchiroli come “mio compagno di stanza nella redazione, gentilissimo e affettuoso nei miei confronti, e legato a me da un vincolo di amicizia sincero e profondo.”
Calvino aveva ritratto Solmi, cinque prima del suo licenziamento senza speciale emozione, nel filosofo Bensi della “Speculazione edilizia”. Del film di Rosi sullo stesso tema, “Le mani sulla città”, scrive alla stessa “Chichita” l’11 novembre (se la numerazione del “Robinson” è accurata), sulla premessa che non solo di “cosmicomiche” si sta occupando ma anche di “morale positiva e impegnata”: “Il film di Rosi «Le mani sulla città», che, come sai, è una drammatica inchiesta politica sulle grandi speculazioni edilizie a Napoli, è fatta con un rigore stilistico  e narrativo e morale tale che per l’eccitazione non sono riuscito a dormire tutta la notte”.

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