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L’Iliade dell’imperialismo sovietico
Ce n’è anche per Roma: “Sbigottirono i Romani.\ Tempesta sul
Tevere.\ Ma il Tevere,\ infuriato,\ tosò la testa al papa di Roma\ e andò da
Ivan attraverso il chiarore mattutino”, andò verso la Russia conquistatrice. Nel
1919-1920, cinque anni prima del viaggio in America e dell’“Ode americana”,
Majakovskij mette in marcia “Ivan”: folle, miriadi di “Ivan”, “150.0000.000” è
il numero di tutti i russi e gli operai del mondo all’assalto di Chicago. Contro
i quali il presidente Wilson nulla può, pur col suo sterminato arsenale – da ultimo
con “l’esercito velenoso delle idee:\ democratismo,\ umanitarismo,\ un continuo
andare\ di ismo in ismo!”.
1.500 versi. Un poema lasciato inizialmente aperto da Majakovskij
per aggiunte di chiunque volesse – “L’ho pubblicato in forma anonima, in modo
che tutti potessero aggiungere cose e migliorarlo”. Nessuno lo ha fatto, e
Majakovskij lo ha ripubblicato a suo nome. Rapportandosi all’ultimo a Omero: “È
per te\ la sanginosa Iliade delle rivoluzioni!\ L’Odissea degli anni di fame”.
È il poema dell’imperialismo “rivoluzionario”, sovietico – “la
Russia onnimondiale”. In versi tronchi, scattanti, militanti. Del canone
futurista come raffica, emistichi sparati a mitraglia.
Un poema di un secolo fa che si legge come scritto oggi: è
sempre “la Russia in marcia”. Come già, peraltro, Tocqueville profetava un
altro secolo prima. È l’anticipo della guerra fredda, del bipolarismo, delle
due potenze: “Tra i fatti minuti della melma quotidiana\ un fatto emerse:\ di
colpo\ cessarono tutte le cose di mezzo:\ non ce ne furono più sulla terra.\ Né
mezze tinte\ né sfumature,\ niente”.
Il poema non piacque a Lenin, che se ne lamentò con asprezza
col suo ministro della Cultura Lunačarski: “Una sciocchezza, una stupidità, una
stupidità madornale e pretenziosa”. Un poema incitatorio, senza una sola immagine.
Un proclama, come amavano i futuristi. Della Russia all’assalto del mondo. E dell’America
che sempre lascia perplesso il rivoluzionario poeta, anche prima del suo
ammirato viaggio: “Il mondo,\ adunando il quintetto\ delle sue cinque parti,\ l’ha
dotata di una potenza magica”. Ha dotato l’America. E “a Chicago\ 14 mila
strade:\ raggi solari sulle piazze.\ Da ciascuna: \700 vicoli,\ lunghi un anno
per un treno.\È bizzarra la vita dell’uomo a Chicago!” Con una possente immagine
del presidente Wilson. Attorniato da una corte superba: Adelina Patti, Walt Whitman,
Scialiapin, Meĉnikow, Longfellow.
A cura di Sergej Kirilov. Con nove disegni di Václava Maška.
In originale, con la vecchia traduzione di Ignazio Ambrogio, 1958, “corretta e
integrata”.
Vladimir Majakovskij, 150.000.000, La vita Felice,
pp. 147, ill. € 12
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