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Quando il fascismo non era fascista
Il delitto
Matteotti viene vissuto e gestito da Mussolini stesso come un crimine. In una
democrazia parlamentare: Mussolini riferisce giornalmente alla Camera, in termini
rispettosi, da presidente del consiglio eletto, seppure a grande maggioranza
(in un voto, il 6 aprile, in cui era riuscito a coalizzare tutte le destre in
una “Lista Nazionale”, per vincere il premio di maggioranza che la legge elettorale
Acerbo introduceva nel sistema proporzionale, mentre tutti gli altri, dai liberali
alle sinistre, si dividevano in 19 liste). Personalmente sconvolto, non ci dormiva
la notte. Politicamente minoritario nel suo stesso partito, perfino isolato. Sfidato
dalle correnti interne, moderati (del re) e oltranzisti.
Vengono arrestati
i due mandanti del rapimento, e i tre esecutori del delitto. Mussolini fa
dimettere da ogni carica i suoi collaboratori di anni, quasi confidenti, Cesare
Rossi e Aldo Finzi, intimi di uno dei mandanti, Marinelli. Dimissiona il capo
della Polizia De Bono. Quattro ministri si dimettono: De Stefani, Federzoni,
Oviglio, Gentile. Un quinto ministero, l’Interno, deve abbandonarlo lui stesso,
su istanza del re – viene assegnato a Federzoni. Nel direttorio del partito
Fascista deve fare posto agli “intransigenti”: “Il coinvolgimento nel delitto dei
principali avversari fascisti del rassismo confermava la validità delle
accuse che i fascisti delle province da due anni muovevano contro il «porcaio
politico» di Roma, contro gli arrivisti e i corrotti fascisti del governo, che pretendevano
la fine del sano fascismo delle province”.
Tutto questo in
pochi giorni, tra il 10 e il 17 giugno 1924. Il 17 giugno Mussolini si può rilanciare
sul suo giornale, “Il Popolo d’Italia”, allertando i militanti come nelle lotte
del 19-22, “come ai tempi delle grandi battaglie”. Ma contro la fronda interna,
non più contro i socialisti. Dopo aver definito nello stesso articolo l’assassinio
di Matteotti “barbaro, crudele, inutile, antifascista e, si può dire, dal punto
di vista politico, antimussoliniano”. Il 24 giugno è tutto finito. Il Senato rivota la fiducia, e la votano anche Croce, Giolitti, Salandra.
Il fascismo si fa,
non nasce, non si eredita.
Emilio Gentile, Storia
del fascismo – 7. Dittatura con delitto, la Repubblica, p.158, ril., ill,.
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