lunedì 30 gennaio 2023

Quando il fascismo non era fascista

Il delitto Matteotti viene vissuto e gestito da Mussolini stesso come un crimine. In una democrazia parlamentare: Mussolini riferisce giornalmente alla Camera, in termini rispettosi, da presidente del consiglio eletto, seppure a grande maggioranza (in un voto, il 6 aprile, in cui era riuscito a coalizzare tutte le destre in una “Lista Nazionale”, per vincere il premio di maggioranza che la legge elettorale Acerbo introduceva nel sistema proporzionale, mentre tutti gli altri, dai liberali alle sinistre, si dividevano in 19 liste). Personalmente sconvolto, non ci dormiva la notte. Politicamente minoritario nel suo stesso partito, perfino isolato. Sfidato dalle correnti interne, moderati (del re) e oltranzisti.
Vengono arrestati i due mandanti del rapimento, e i tre esecutori del delitto. Mussolini fa dimettere da ogni carica i suoi collaboratori di anni, quasi confidenti, Cesare Rossi e Aldo Finzi, intimi di uno dei mandanti, Marinelli. Dimissiona il capo della Polizia De Bono. Quattro ministri si dimettono: De Stefani, Federzoni, Oviglio, Gentile. Un quinto ministero, l’Interno, deve abbandonarlo lui stesso, su istanza del re – viene assegnato a Federzoni. Nel direttorio del partito Fascista deve fare posto agli “intransigenti”: “Il coinvolgimento nel delitto dei principali avversari fascisti del rassismo confermava la validità delle accuse che i fascisti delle province da due anni muovevano contro il «porcaio politico» di Roma, contro gli arrivisti e i corrotti fascisti del governo, che pretendevano la fine del sano fascismo delle province”.
Tutto questo in pochi giorni, tra il 10 e il 17 giugno 1924. Il 17 giugno Mussolini si può rilanciare sul suo giornale, “Il Popolo d’Italia”, allertando i militanti come nelle lotte del 19-22, “come ai tempi delle grandi battaglie”. Ma contro la fronda interna, non più contro i socialisti. Dopo aver definito nello stesso articolo l’assassinio di Matteotti “barbaro, crudele, inutile, antifascista e, si può dire, dal punto di vista politico, antimussoliniano”. Il 24 giugno è tutto finito. Il Senato rivota la fiducia, e la votano anche Croce, Giolitti, Salandra.
Il fascismo si fa, non nasce, non si eredita.  
Emilio Gentile,
Storia del fascismo – 7. Dittatura con delitto, la Repubblica, p.158, ril., ill,. € 14,90

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