Tra sbirri e giornali un gioco dei furbi
Si contesta
Nordio, il ministro della Giustizia, cosa ha detto, cosa intende dire, e si rivendicano
le intercettazioni come veicolo di libertà, invece che di tecnica giudiziaria,
dell’apparato repressivo. Il mondo di Orwell, del “controllo totale”, come un
campo di libertà? È evidente che no.
È un
problema culturale, di un’utopia di sbirri? Forse di incapacità di giudizio. Sicuramente
di piccolo potere, micragnoso, dei cronisti giudiziari, quelli degli angiporti
delle questure, promossi ad alfieri dell’opinione pubblica – dei grandi
quotidiani ridotti al giornalismo spazzatura dei tabloid britannici. Di cui si
presume che siano i soli in grado di fare le audience per la politica in Italia.
È anche il
degrado della scienza della politica dall’infausto Di Pietro in poi, uno che
voleva solo arricchirsi. E la gloriosa controinformazione avvelenata dalla
libertà di aggredire. Se ne fa la celebrazione il giorno in cui si ricorda la
morte del giovane Franceschi, assassinato dalla polizia per nessun motivo, perché
manifestava, una morte per la quale nessun giudice, nessun tribunale si è
voluto pronunciare. Come per Giorgiana Masi. Come già per piazza Fontana, un
insabbiamento dietro l’altro.
Ma forse
è solo un jeu des dupes, un gioco di furbi, dei giornali che si tengono
buoni le “forze dell’ordine” e i giudici. Invece di obbligarli a lavorare.
La giustizia penale non funziona, si sa. Funziona l’antimafia perché le mafie non sono più protette: avevano osato troppo, con le stragi e le centinaia di vittime fra politici, magistrati, inquirenti e bersagli ciechi, occasionali (questo Messina Danaro, che viene trattato come una persona, l’amore della figlia e altre scemenze, è un bestione, di malvagità impensabile), e le polizie possono infine tornare a fare le polizie. Per il resto è solo carrierismo, all’ombra di un giornalismo di comodo, opportunista, avventurista.
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