Assassinii in serie nel nome di Allah
Un padre di
famiglia amorosissimo, marito premurosissimo, amico amatissimo, di notte va in giro
in motocicletta a strangolare prostitute. Per liberare Mashad, città remota
dell’Iran al confine col Turkmenistan, ma città santa dell’imam Reza, l’ottavo dello
sciismo duodecimano, dalla sporcizia. La storia è vera, tutto quanto è
raccontato è accaduto, a Mashad, nel 2000-2001 - il “santo ragno” del titolo è
il soprannome dato allora all’assassino. Una vicenda che ha già avuto una
trasposizione al cinema in Iran, tre anni fa, “Killer Spider” di Ebrahim
Irajzad. Ma giù subito, nel 2002, prima che l’assassino fosse impiccato, era
stato tratatto da un documentario, “And along came a Spider”, di Maziar Bahari,
che faceva parlare lo stesso killer, Said Hanaei.
Abbasi, danese di
origini iraniane, giù regista di due film di genere misto, tra fantasia e horror,
“Border” e “Shelley”, rielabora la vicenda con una serie di astarngolamenti, e la
fnale impiccagione. “Holy Spider” è stato presentato a Cannes – e ora in Iatlia
– come un thriller, ma la vicenda è nota. E come una parabola del potere religioso
iraniano che tanto male fa nel nome di Dio. Inscena però una serie di personaggi di cui l’unico plito è
il mullah che poi condannerà l’assassino. Che gode invece del favore popolare.
Di veramente non
banale è la ricostituzione dell’ambiente iraniano, esterni, interni, modi, fuori
dall’Ira, alla periferia di Amman. Con troupe e interpreti peraltro tutti iraniani,
non esuli.
Ali Abbasi, Holy
Spider
Nessun commento:
Posta un commento