mercoledì 8 febbraio 2023

Il papa non era fascista

Singolare assunto, e singolare trattazione, del rapporto tra il fascismo e la chiesa, e in particolare tra Mussolini e Pio XI, il milanese papa Ratti. Mussolini aveva grande opinione della funzione del papato, della sua “imperiale” durata e proiezione. Fu in piazza San Pietro a Roma il 5 febbraio 1922, dieci mesi prima della “Marcia”, per il conclave che il giorno dopo avrebbe scelto il cardinale Ratti – ci fu da semplice cittadino, non avendo preso nemmeno un seggio alle elezioni del 1919, benché schierasse nomi eccellenti, tra essi Toscanini e Marinetti. E locupletò la chiesa nei suoi primi anni di governo, che coincisero con i primi anni del nuovo pontificato. Con “atti del governo che furono doni molto garditi dal Santo Padre, come l’introduzione dell’insegnamento della religiine nelle scuole elementari e l’istituzione dell’esame di Stato che parificava gli istituti privati cattolici alle scuole pubbliche, l’obbligo di esporre il crocifisso nelle aule scolastiche, l’incompatibilità tra fascismo e massoneria, l’opposizione al divorzio col riconoscimento della sacralità del matrimonio, l’inserimento delle feste religiose nel calendario civile, l’esenzione degli ecclesiastici dal servizio militare, il sostanzioso aumento della congrua ai parroci, contributi finanziari per il restauro degli edifici religiosi, il ripristino dei cappellani nella Marina e l’istituzione dei cappellani nella Milizia, il riconoscimento dell’università Cattolica di Milano, il salvataggio del Banco di Roma”.
Mussolini ha fatto tutto questo, ma anche di più. Ha creato l’Opera Nazionale Balilla, contro il Vaticano. Nell’anno santo 1925 ha creato lo Stato totalitario, ha soppresso le libertà civili oltre che le politiche, ha espulso i deputati Popolari dalla Camera. In un clima di violenza tale che la segreteria di Stato vaticana prudentemente aveva organizzato il viaggio all’estero di don Sturzo. Il 14 dicembre, nota lo stesso Gentile, il papa chiuderà mesto il giubileo dicendo “la gioia dell’Anno Santo intrisa di acerbe afflizioni”.
Mussolini aveva grande considerazione per il potere “universale” della chiesa. Commentando la morte del papa precedente, Benedetto XV, il 22 gennaio 1922 scriveva che il papa era “un imperatore, sia pure elettivo”, discendente “in linea diretta dall’impero di Roma”, a capo del “più vasto e  più veccho impero del mondo” – “dura ormai da venti secoli” - con capitale sempre a Roma. Sì, ma il papa?Mussolini era opportunista con la chiesa come con tutto il mondo.
Mussolini sosteneva di avere incontrato il cardinale Ratti a Milano nel Duomo, per la celebrazione del Milite Ignoto, il 4 novembre 1921, e che il cardinale era stato “cortesissimo”, permettendo agli squadristi di entrare in Duomo con i loro gagliardetti. Lo storico registra anche una confidenza che negli stessi giorni Ratti aveva fatto al suo amico Giacomo Boni, un architetto, così ripresa da un giornalista francese su “L’Illustration” quindici anni dopo: “Mussolini, un uomo formidabile”, avrebbe detto “parlando con voce profetica”. Per concludere che, “se non è mai bene che un uomo solo divenga onnipotente”, Mussolini era però geniale, e “di cosa è fatto il genio? Di un grano di follia”. Ma Mussolini non era potente, un anno prima della Marcia. E lo steso storico avverte brusco in nota che Mussolini vantava incontri che non aveva fatto, dicendo “senza fondamento” quanto Margherita Sarfatti scriverà nel 1926 in “Dux” e vari biografi posteriori riprenderanno, a proposito di “un incontro tra il cardinale Ratti e Mussolini il 28 marzo 1921 nel Duomo di Milano, in occasione dei funerali delle vittime di un attentato al Teatro Diana”, per il semplice motivo che “in quel periodo il cardinale era delegato apostolico in Polonia”. Non solo, ma non era nemmeno cardinale.
Il titolo di questo lungo capitolo nell’edizione originaria Laterza, “Il papato e il fascismo”, è più giusto. 
Emilio Gentile, Storia del fascismo – 9. Impero cattolico per un impero fascista, la Repubblica, p.155, ril., ill,. € 14,90

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