lunedì 20 febbraio 2023

La guerra è brutta - tra opposti imperialismi

Su piazza dal 1940, nella Resistenza in Francia e poi nella Liberazione, ma soprattutto centenario (101 anni), Edgar Morin può permettersi di dire la verità sulla guerra, che non è mai bella. Sulle guerre che ha visto – “Dal 1940 all’Ucraina invasa” è il sottotitolo del pamphlet. Di fatto, a partire dalla Grande Guerra. Dall’invenzione delle false notizie di guerra, da allora una costante: nel 1914-18, ha scoperto, gli inglesi pubblicavano i bollettini di guerra propri e quelli dei nemici, mentre in Francia e in Germania cominciavano a dilagare quelle che lo storico Marc Bloch, in guerra sergente in trincea, tratteggerà nel 1921 in “La guerra e le false notizie”. O come si vede dalla guerra in corso: Morin non ha aggiornato l’aneddotica all’Ucraina, o non ne ha avuto il tempo, ma chi ha letto anche un solo giornale in tutti questi mesi ne ha letta almeno una ogni giorno – ci sono specialisti per questo, è una professione (in America se ne fece un film anche famoso, con Dustin Hoffman e De Niro, “Sesso e potere”): dall’innocua combattente-modella, in tiro, con i ricci da parrucco, la mimetica inamidata, e un mitra di cartapesta in spalla (questa la vendevano anche a Gheddafi), ai bombardamenti di asili infantili e ospedali, agli orfani rapiti e venduti (in alternativa si è tentato anche di espiantarli), con le vedove naturalmente violentate, un esercizio libero di fantasia turpe, tanto nessuno se ne ricorda il giorno dopo. Una “isterizzazione” reciproca, commenta Morin, che spinge a un “manicheismo” senza soluzione possibile se non la distruzione dell’avversario, impedendo una “contestualizzazione” delle ragioni in causa, e una possibile transazione, di tregua o di pace.
Morin collega naturalmente Putin a Stalin e all’impero russo: la sua guerra è in continuità con l’imperialismo panrusso all’interno del mondo slavo. Ma tra le cose che può permettersi c’è anche l’evidenza: che la guerra in Ucraina è una guerra “tra due imperialismi, quello russo e quello americano”. Quello avventato e vantone, questo impegnato “per procura”, opportunista, sulle spalle e in danno dell’Ucraina e dell’Europa. E ammonisce a non dimenticare le bugie di guerra americane (in Iraq, per es.), la violazione costante delle leggi internazionali, il sostegno a dittature sanguinarie in America Latina. L’America è una democrazia, senza dubbio, ma “imperialista, colonialista, e perfino genocida”. Di che tremare, insomma.
Anche la guerra difensiva può essere brutta, violenta. Morin può permettersi di non lasciar cadere un fatto che in settant’anni di dopoguerra, o di impero americano, non è stato mai trattato dagli storici – se non tangenzialmente: la guerra aerea, indiscriminata. Di distruzione massiccia, selvaggia. Senza più una parvenza di onorabilità. Sulle città ucraine oggi come già “sulle grandi città tedesche”: “Invochiamo giustamente il «crimine di guerra» quando una città ucraina viene rasa al suolo” dai missili, “ma, analogamente, avremmo dovuto invocarlo quando gli anglo-americani bombardarono Dresda. Non c’era nessun vero obiettivo militare. Solo palazzi abitati da cittadini indifesi”. E poi c’è la storia che non si rifà – non ancora, il Giappone non può ancora permetterselo – dell’atomica.
“Di guerra in guerra” si apre con queste immagini, di Morin ventenne in servizio militare e la scoperta dei bombardamenti a tappeto. Il primo, tedesco, su Rotterdam a maggio del 1940. Poi Londra nell’estate dello stesso anno, salvata dalla Raf. “Poi ci furono i bombardamenti alleati sulle città tedesche”. Pforzheim, dove arriva nel febbraio 1945, addetto di Stato maggiore alla Prima Armata francese, la trova “totalmente distrutta da un raid di 370 bombardieri della Raf”. L’83 per cetno degli edifici erano stati demoliti, un terzo della popolazione, ossia 17 mila civili, uccisi, e altrettanti feriti. “Ho conosciuto in seguito Karlsruhe e Mannheim, completamente devastate dai bombardamenti americani, e infine Berlino, che attraversai da parte a parte nel giugno 1945 tra le rovine…. Infine seppi che il 13 e 14 febbraio dello stesso anno mille e trecento bombardieri inglesi e americani avevano annientato la città d’arte smilitarizzata di Dresda, riversandovi duemilaquattrocentotrenta tonnellate di bombe incendiarie e facendo, secondo una valutazione della Croce Rossa, più di trecentomila morti”. Stragi di cui Morin per ottant’anni, quasi, non si è data ragione, dice, fino all’attaco russo contro l’Ucraina: sono guerre di distruzione di massa, non c'è ragione. “È molto più tardi - dall’invasione dell’Ucraina – che è montata in me la coscienza della barbarie dei bombardamenti compiuti nel nome della civiltà contro la barbarie nazista”.
Questa è la prima pagina della riflessione. Di che non stare tranquilli, nella buona coscienza dell’Occidente.
Con una presentazione di Mauro Cerruti, già collaboratore di Morin, oggi senatore Dem, teorico della complessità, a Ginevra prima a lungo, ora allo Iulm milanese – una sorta di alter ego filosofico del Nobel della Fisica Parisi. 
Edgar Morin,
Di guerra in guerra, Raffaello Cortina, pp. 104 € 12

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