mercoledì 1 febbraio 2023

La rana Europa bollita nella guerra

“Pare che una rana nell’acqua bollente cerchi di saltare via, ma se messa in una pentola scaldata a poco a poco il suo istinto di autodifesa la porti ad acquattarsi sul fondo, finendo bollita”, è un apologo di “Lotta Comunista”. Che il mensile riferisce alla Russia: “Bollire la rana, appunto. Sarebbe la tattica di chi nella Nato vuole innalzare a mano a mano il livello delle forniture belliche a Kiev, contando che Mosca abbia poche possibilità di agire”. La vittoria nelle guerre d’attrito, come una volta negli assedi, è ridurre l’avversario alla malattia e alla fame, disarmarlo per consunzione. O l’apologo non è piuttosto da riferire all’Europa?
Si può dire questo dell’Europa, che non è parte diretta della guerra della Russia contro l’Ucraina? Sì, se si pone mente alla “dialettica” interna Nato. Dove vige da alcuni anni, in Libia, in Siria e ora in Ucraina, una sorta di “armiamoci e partite”, fra Stati Uniti ed Europa. Le sanzioni le sta pagando l’Europa. A caro prezzo. Soprattutto se si considera che la Russia ne è colpita meno - molto meno, come oggi dicono a Washington (“Chip e ricambi, a Mosca arriva di tutto. Con il flop delle sanzioni il pil ora cresce”). 
Tanto più che, come si sa da decenni e questo sito ha ampiamente spiegato un anno fa, le sanzioni si aggirano con le “triangolazioni”. E nemmeno a rischio inflazione, basta pagare un dieci per cento di mediazione.

La guerra si combatte in Europa per un fatto che all’Europa non stava tanto a cuore, l’Ucraina nella Nato - il coltello alla gola della Russia, come Krusciov tentò sessanta anni fa con i missili a Cuba: il coltello alla gola degli S tati Uniti. O, volendo nobilitare lo scopo, la democrazia in Ucraina, contro gli oligarchi e la corruttela – le “rivoluzioni” arancione. Ma poi, se guerra dev’essere, le guerre si combattono con decisione, per vincerle, e a rischio ovviamente. Questa “guerra d’attrito” danneggia naturalmente l’Ucraina, poiché si combatte sul suo suolo, ma anche l’Europa, che pensa di non essere in guerra, ma deve difendere la “dialettica” Nato.

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