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La resistenza patriottica antifrancese
Il 1807 De
Micheli, uno dei capi della resistenza antifrancese del tratto cosentino attorno
al castello di Fiumefreddo (Longobardi-Belmonte-Amantea), muore fucilato, senza
processo, dalle truppe del colonnello Berthelot. Dopo di lui, che ha resistito
a lungo, più di tutti, forte del castello in altura di Fiumefreddo, una rocca
protetta anche da mura, tutti i suoi congiunti vengono condannati, i beni di
famiglia confiscati, la nomea di briganti appiccicata, eccetera. Una causa persa,
si direbbe, di un maggiorente borbonico. Ma non è così semplice – come si sa
anche da altre fonti, per es. i resoconti ammirati degli stessi francesi, di
Courier e di Duret de Tavel.
Un’opera di storia
locale, di cui risente le inevitabili approssimazioni, di contesto e anche dei personaggi
e gli eventi. Ma, indirettamente, nel racconto degli eventi minuti, documento
di un’opposizione largamente popolare al dominio francese. Che si confrontò lungamente
con armate francesi in successione, agli ordini di generali rinomati, Reynier,
Massena, Verdier. Che praticavano senza scrupolo saccheggi e massacri. Pur
basandosi su volontari non addestrati e di poco o nessun armamento: truppe,
definite “massiste”, cioè aggregate “in massa”, alla bell’e meglio in “battaglioni
volanti”, con poca disciplina e un soldo aleatorio - 25 grani al giorno ai volontari,
5 carlini al capo centuria (compagnia) e 10 al comandante di battaglione (quattro
centurie): 16 centesimi di euro per grana al conto odierno, e 1,60 per carlino.
In controluce, un
movimento che non si può non dire di resistenza. E non si può non dire patriottico. La storiografia non ne tiene conto poiché
dura sui Borboni di Napoli il pregiudizio risorgimentale e gladstoniano. E sul
cardinale Ruffo, che questa resistenza organizzò nel 1806-7 come già quella della
marcia del 1799 contro la Repubblica Partenopea del generale Championnet, la
persistente damnatio memoriae.
Indirettamente, una
testimonianza della capacità di lottare – di impegnarsi, con determinazione, pur
scontando la propria inferiorità – di borghesi e contadini calabresi. Specie
della Calabria Citeriore – il cosentino. Non per tornaconto ma per un’idea,
buona o sbagliata. In grado perfino, sull’altro versante della penisola, di
sconfiggere i francesi, a Maida – una battaglia che Londra ancora celebra.
Bruno ricorda che il capitano Geniale Versace di Bagnara gli ufficili inglesei
avevano soprabbominato “Genialitz”. Londra arruolerà per parecchi anni un
Calabrian Corps, in giro per il mondo – anche al comando dell’ammiraglio
Sidney-Smith, che sarà il carceriere di Napoleone a Sant’Elena).
Nicola Bruno, Giovan
Battista De Micheli tra cuore, penna e spada 1755-1807, Editoriale Progetto
2000, pp. 152, ill. € 12
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