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La tragedia della stupidità
Pádraic bussa come
ogni pomeriggio alla porta del suo amico Colm per andare insieme al pub. Ma Colm
non gli risponde. Non vuole più “perdere il tempo” col suo vecchio giovane
amico, che ha una conversazione melensa e non gli consente di dedicarsi al
violino, a comporre canzoni, che ne assicurino la memoria. Pádraic insisterà
per tutto il film, benché Colm abbia minacciato di tagliarsi un dito della mano
a ogni sua insistenza.
Questa la vicenda del film. Nell’Irlanda di un secolo fa, di campi aridi e case
isolate tra le pietraie. Mentre in lontananza le opposte fazioni dell’indipendentismo
irlandese si sparano. Unici affetti quelli con gli animali, il cane, l’asinello.
Del regista Oscar di “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” cinque anni fa, che con
questo film ci riprova.
Un film di poche immagini:
quattro o cinque visi - quello del protagonista Colin Farrell immoto. E tre ambientazioni, sempre le stesse, un interno
e due esterni. Sempre aspettando Godot, per la arboriana “pasqualite” – come andrà
a finire?
Forse una trasposizione
di un racconto del folklore gaelico – una vecchia strega c’è, saputa e malefica.
Il titolo originale, “The Banshees of Inisherin”, le streghe, rende meglio l’idea.
Se è una tragedia, è della stupidità. Della guerra civile è troppo chiedere, si sa che è in corso ma nessuno se ne occupa. Del destino ineluttabile - “non il loro animo ma il cielo mutano coloro che vanno per mare” è il saluto della banshee a mo' di condanna alla sorella di Padraic, che sa andarsene, partire?
Martin McDonagh, Gli
spiriti dell’isola
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