Le parole di Dio di Alda la folle
“Le donne hanno
pantagruelico il ventre…” (“Che tu venga preso dalle Erinni”). Poesie dimenticate
di Alda Merini, solo apparentemente di getto, come si opina della poetessa alla
sua terza età tanto prolifica. La disinvoltura nascondeva, oltre la vicenda
personale (i tanti ricoveri in manicomio, la vita povera ai Navigli quando
erano poveri), studio e applicazione. Da sempre innamorata a perdere. Fino alla
remissione, da ultimo, al Signore – anche qui. Con arguzia – “Dei miei trenta
amatori\ che io vorrei denunciare\ ne manca uno\ che forse non è mai esistito”.
E crociata delle donne, madri, prigioniere – o portinaie, cattive.
Un libro degli
amici, di amore, affetto, riconoscenza, sofferenza, i temi ricorrenti di Alda
Merini, in versi che scolpiscono. Per David Maria Turoldo, “una roccia”, Michele
(Pierri, secondo marito), “eravamo due spettri di canto”, il maestro Giulini, “diventava
la musica un vetro di Murano”, Vanni (Scheiwiller) ripetutamente, “padre giovane”,
Rebora, Volponi, padre Marco, Alina Scheiwiller, il primo marito Ettore
Carniti, perfino Renato Curcio. E Titano, barbone ai Navigli, l’ultima fiamma.
Con alcuni “sassolini”, per Einaudi, Cerati, la psichiatra Marcella Rizzo.
Con una plaquette
finale per Alberto Casiraghy, personaggio eccezionale di stampatore-editore,
dei “pulcino-elefante”, disegnatore, epigrammista. L’amico più stretto e
riservato di Alda Merini resuscitata, suo confidente giornaliero, che ha
ritrovato gli inediti in vecchi scatoloni e ne cura una scelta. Con una presentazione
breve quanto succosa, “io sono l’elefante e lui il pulcino”. “La prima volta
che andai nella sua casa sui Navigli volevo chiederle di darmi un aforisma: io
l’avrei stampato in venti-trenta copie e poi le avrei portato metà della
tiratura. Mi accolse diffidente: c’era chi tentava di approfittarsi di lei, della
sua generosità”. Scheiwiller garantisce. Una consuetudine d’incontri
settimanali si stabilisce, e di telefonate quotidiane, “dieci, venti, anche trenta
volte” al giorno, con dettatura di versi e aforismi. E ogni sabato un “Pulcino”,
le mini-pubblicazioni di Casiraghy: “Ogni sabato mattina prendevo il treno da
Osnago per Milano e andavo a trovarla. Le portavo le uova fresche delle mie
galline e poi passeggiavamo…. Ogni sabato le portavo il Pulcino con il testo
che mi aveva dettato la settimana precedente… Alda utilizzava quei librini come
merce di scambio, e li barattava con il farmacista, il panettiere, in rosticceria;
ma soprattutto li regalava, perché ad Alda piaceva fare regali”. Le piaceva
anche “incontrare persone”, Vanni Scheiwiller, Roberto Cerati, e tanti altri. “Era
inquieta, creativa, una immensa montagna con ai piedi un precipizio, era Mozart”.
Applicata: dei suoi versi “diceva che era Dio a mandarle quelle parole”, nella
tradizione, si può aggiungere, degli illustri folli, Hölderlin Celan, Nerval,
Nietzsche naturalmente, “in realtà ci lavorava, ci tornava su, tagliava, aggiustava,
accettava le correzioni – e quante gliene faceva Maria Corti…” – “Pensa, hanno
creato un mito\ sulla tua infelicità\ è una bugia lo so\ ma è quella che ti
rafforza”.
Alda Merini, Ogni
volta che ti vedo fiorire, Manni, pp. Pp. 115, il. € 15
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