L'impero americano è violento
Mossadeq (Iran),
Arbenz (Guatemala), Nasser, Cuba, Vietnam, Nicaragua, Bosnia-Serbia (con
l’utilizzo Nato delle bombe a uranio impoverito), per la creazione del Kosovo
(idem, più la più grande base militare americana nel mondo), Afghanistan, Iraq,
Libia, Ucraina 2008-2014, Yemen, Siria. Su 18 capitoli, 12 sono di “guerre
illegali” come il titolo dichiara. Degli Stati Uniti da soli, o con la Nato. Ma,
andrebbe precisato, con la collaborazione dei “volenterosi” della Nato, non c’è
mai stata una “guerra Nato”.
Una “guerra dei
gasdotti” sarebbe stata da aggiungere. Di quello dall’Iran alla Siria, da
impedire a tutti i costi. E del Nord Stream 2, dalla Russia alla Germania via
mare, evitando l’Ucraina e i Baltici, ora sabotato da non si sa chi – cioè, si
sa ma non si può dire. Una “guerra”, di fatto, all’approvigionamento energetico
dell’Europa – alla sicurezza nella diversificazione. Ma poi, e soprattutto, c’è una guerra “legale”? La
promozione di una guerra, l’attacco, frontale o surrettizio, non la difesa.
Qualcuna di queste
“guerre illegali” è ancora più complicata. Saddam Hussein fu dapprima portato
al potere in Iraq e poi sostenuto contro l’Iran. Nella prima Guerra del Golfo
anche direttamente, con distruzione di molte piattaforme petrolifere e navi da
guerra iraniane. Fino a che fu invece armato l’Iran, l’Iran mangia-americani di
Khomeiny, nella triangolazione Iran-Contra in Nicaragua, contro Saddam Hussein.
Poi punito con la seconda Guerra del Golfo, con ampio schieramento Nato, e
infine con l’invasione nel 2003. Un cinismo non casuale, Ganser fa rilevare da
George Friedman, lo scienziato politico magiaro-americano fondatore e titolare
di Stratfor (Strategic Forecasting) e Geopolitical Futures: “Raccomando la
tecnica introdotta dal presidente Reagan nei confronti di Iran e Iraq: sostenne
entrambe le parti in conflitto! Così si sono combattuti a vicenda e non contro
di noi. È stata un’operazione cinica e amorale, ma ha funzionato”.
Si legge di corsa
poiché è tutto noto o segue uno schema noto. Nel senso che la pubblicistica
terzomondista per molti decenni aveva agitato questo dossier – che in quegli
anni si diceva manipolato dall’Unione Sovietica. La conclusione è un manifesto:
“Gli avvenimenti storici degli ultimi settant’anni mostrano chiaramente che
molte volte i paesi della Nato ne hanno aggredito altri, violando il divieto
dell’uso della forza sancito dallo Statuto delle Nazioni Unite. La Nato non è
un’organizzazione al servizio della stabilità e della pace nel mondo, ma, al
contrario, rappresenta un elemento destabilizzante”. E tuttavia, malgrado
tutto, se tutto è noto è anche vero, si può aggiungere.
La Cia ha fatto
molti colpi di Stato, non solo quelli contro Mossadeq e Arbenz – o Noriega, che
Ganser pure ricorda, il presidente di Panama trafficante di droga ma per
decenni servo utile della stessa Cia. Basta ricordare Allende, che Ganser non
menziona, il presidente cileno abbattuto dal golpe di Pinochet. O i tanti
rivolgimenti militari in Sud America e in Medio Oriente, negli ani 1960-1970,
quando l’America puntava sui regimi “bonapartisti” – compreso Saddam Hussein,
compreso Gheddafi.
Per alcuni
aspetti, però, è una disamina nuova. Sulla guerra “inutile” in Afghanistan già
quando Ganser scriveva, nel 2015. Contro i talebani che, non si ricorda
evidentemente mai abbastanza, furtono creati e armati, come tutto il
fondamentalismo islamico, dagli Stati Uniti e dall’Arabia Saudita nello stesso
Afghanisan contro l’Unione Sovietia. L’Is compreso indirettamente, lo Stato
Islamico, strutturato in Iraq e in Siria dagli iracheni sbandati di Saddam
Hussein dopo l’invasione. E sulla guerra per procura tra Stati Uniti e Russia
in Ucraina, che Ganser documenta già sui fatti del 2008-2014: delle
dimostrazioni organizzate contro un presidente restio alla Nato, Yanukovich,
terminate con un eccidio senza padri, ma con la cacciata dello stesso
Yanukovich, fino al contrattacco russo in Crimea e nel Donbass
(nessuno ricorda che l’Unione Sovietica cominciò a crollare nel bacino
minerario e metallurgico del Donbass, per proteste sindacali e politiche
russe).
Utile repertorio
dell’imperialismo del secondo Novecento e del primo Millennio, è un libro che
pone indirettamente il problema dell’imperialismo. Che è politico prima che
legale, qual è l’approccio di Ganser, che tutto riferisce all’Onu, alle sue
deliberazioni o mancate deliberazioni, e rispetto alle quali definisce
“illegali” le attività militari americane nel mondo.
È dell’America di
fatto che si tratta. Per la semplice ragione, spiega Ganser, che le decisioni
spettano non al segretario generale dell’Organizzazione, un uomo di paglia, ma
al Saceur, il comandante militare, che è sempre americano – al generale
Eisenhower per Mossadeq, al generale Lemnitzer per i missili sovietici a Cuba.
È indubbio che un
secolo è passato, o quasi, di impero americano mondiale. Non grande e
indiscusso come fu quello britannico nell’Ottocento ma dotato di ben 737 basi
militari sparse nel pianeta – tante ne conta Ganser. Sotto le insegne della
libertà e la democrazia. Nella sintesi di Obama, nel discorso alla Nazione
dell’11 Settembre 2014: “Come americani, avvertiamo la nostra responsabilità di
nazione-guida. Dall’Europa fino all’Asia, dall’Africa fino al Vicino Oriente,
ci leviamo in piedi per la libertà, la giustizia, la dignità. Questi valori
hanno guidato la nostra nazione fin da quando venne fondata” - con l’augurio
finale consueto: “Dio protegga la nostra Nazione”.
Un impero altrettanto
in buona coscienza come l’impero romano, si può aggiungere, lo fu sotto il
segno della legge – non c’è paese che onori tanto i Campidogli come gli Stati
Uniti - ma altrettanto severo.
Un impero di
diritto, come ogni altro impero – che fa il suo proprio diritto. E nel caso di
Clinton con Blair, andrebbe rimarcato, e poi di Obama (Yemen, Libia, Siria,
Ucraina), democratico, liberatore, progressista, di sinistra. Di Obama in
strana alleanza (Yemen, Libia, Siria) con le petromonarchie, Qatar, Arabia
Saudita, le più attive nell’ispirazione e il finanziamento del fondamentalismo
islamico di matrice wahabita. Con Hillary Clinton alla Segreteria di Stato, la
cui Fondazione è - era – ricca soprattutto delle donazioni delle petromonarchie.
Come a dare ragione alle farlocche fantasie della destra americana, che voleva
il presidente Obama un islamista occulto. Forse è il
concetto di imperialismo che bisogna rivedere, nel mondo “unito”, cioè
globalizzato.
C’è in queste
“Guerre illegali” un pregiudizio anti-americano. Ganser si fa spiegare dalla
Bbc, con due teorici di Princeton, Martin Gilens e Benjamin Page, che gli Stati
Uniti, la patria della democrazia, sono di fatto una oligarchia. Sorretta,
aggiunge incidentalmente, da ben 16 agenzie di intelligence. E opina per
un “complotto” nel crollo di una delle torri Gemelle l’11 Settembre, non colpita
dagli aerei kamikaze. Ma porta anche molta “evidenza”. Mette a fuoco cioè molto
materiale fattuale, semplicemente trascurato, in una sorta di ubriacatura
dell’opinione pubblica, da una “battaglia di libertà” all’altra.
Certamente è da
rivedere la Nato, in questo mondo unificato. Il concetto e l’organizzazione.
Ganser parte con la considerazione che Helmut Schmidt, il cancelliere
socialista tedesco, scriveva nel 2008, dopo mezzo secolo di attività politica
di vertice, della Nato: “In realtà, questa organizzazione non è necessaria.
Considerata oggettivamente, è solo uno strumento della politica estera
americana, della sua strategia mondiale”. L’Europa dovrebbe sapere se è alla
sua fine che sta operando. Tanto più ora, che si trova all’avamposto contro la
Russia, che pure, secondo la geografia e la storia, è parte di essa.
Di grande lettura la
ricostruzione minuziosa della crisi nucleare di Cuba nel 1962 - con l’iperattivismo
di Egidio Ortona, l’ambasciatore italiano all’Onu (ministro degli Esteri era Segni).
E della guerra nella ex Jugoslavia, di una serie spericolata di provocazioni Nato,
cioè americane, su tutti i fronti, Croazia, Bosnia, Kossovo. Specialmente
disumane, va aggiunto, in un territorio civilissimo usato per sperimentazioni
belliche come fosse un deserto: esercitazioni per l’affinamento dell’arma aerea,
con le bombe “a grappolo” e quelle all’uranio impoverito - che non sono state
catalogate, e non si catalogano, come armi chimiche, proibite, anche se tante
vittime hanno fatto di “fuoco amico”.
Oggi, nel pieno di
una guerra sicuramente di aggressione, della Russia contro l’Ucraina, la
lettura di Ganser solleva uno strano presentimento: di un déja vu, nelle
guerre jugoslave, guerre “illegali” in larga parte, della Nato, cioè degli
Stati Uniti, cioè delle 16 agenzie di intelligence in recondite manovre. Con
l’Europa in prima fila, a sua insaputa ma obbligata, con le sanzioni, cioè con
la disarticolazione della sua rete energetica, e col rischio ritorsioni.
Carlo Rovelli dice
tutto nelle quattro paginette dell’introduzione: siamo sommersi da “una
narrazione basata su un’impressionante ipocrisia”. Ma si spinge troppo a
delineare un Occidente ancora dominante militarmente, ma non più nell’economia
e nei saperi. Questo è vero dell’Europa. E non per ipocrisia, non sembra –
l’evidenza è persino arrogante: per incapacità, forse per viltà.
Il capitolo “La
guerra illegale contro l’Ucraina – 2014”, è completato in questa edizione da
brevi considerazioni sull “attacco” della Russia contro l’Ucraina il 24 febbraio
2022, “un conflitto geostrategico tra Mosca e Washington”: “Come se gli Stati
Uniti e la Russia, entrambe potenze nucleari, si fronteggiassero in una guerra
per procura”. Non si userà l’atomica, ma l’Ucraina è solo il terreno di un
braccio di ferro tra le potenze nucleari. Come Cuba lo fu.
Con una cronologia,
in fondo, di “Alcune delle guerre illegali avviate dopo il 1945”.
Daniele Ganser, Le
guerre illegali della Nato, Fazi, pp. 589 € 20
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