Ombre - 654
Scandalo a
Sanremo: nessuna cantante sul podio. Ci volevano le quote, una e mezzo e uno e
mezzo, come alle votazioni politiche? Ma lo scandalo è proprio italiano: fra i dischi
più venduti nel 2022 solo nove sui primi cento sono di donne – e cinque delle
nove sono straniere. Urge una legge subito per la parità commerciale? Ma chi
compra i dischi, solo gli uomini?
“Oltre a Mengoni, ha
vinto Instagram, il territorio prediletto, la «bottega» di Chiara Ferragni: tramite
un tutorial ad Amadeus, il social network ha goduto gratuitamente di una
pubblicità che, monetizzata, avrebbe forse salvato i bilanci Rai”, Aldo Grasso.
Un po’ criptico, ma: a gratis?
Singolare, insistito, 43 minuti, che in televisione
sono un’enormità, processo della Rai-Domenica Sportiva contro la Juventus, che
pure aveva vinto, con merito. Col conduttore Rimedio che insisteva, mettendo in
imbarazzo molti dei suoi commentatori, Giordano, Marchisio, l’ex arbitro
Saccani, la stessa napoletanissima Morace. Come se Rimedio dovesse svolgere un
compito. Per conto del Grande Potere Confessionale dietro il campionato?
Cambiano i millenni, la Rai è sempre quella.
Riprende lo stillicidio
di intercettazioni sulla Juventus. Per bilanciare l’odio manifesto del giudice Santoriello,
e di un paio di “giudici” sportivi? Riprende attraverso un canale fidato, il
“Corriere della sera” del patron del Torino calcio, Cairo. Con la scusa
di far sapere che anche un Agnelli dice “merda”. In realtà per mettere
zizzannia con Chiesa, il campione italiano della Juventus. Sottile ma non poi
tanto.
Però: c’è un
giudice, o un colonnello della Finanza, che “lavora” così? Che può farlo.
La diffusione
delle intercettazioni si penserebbe non discriminatoria: sono lì, e c’è chi sa
leggerle, come il giornalista Nerozzi del “Corriere della sera”. Se non che in parallelo,
sul supplemento “La Lettura” dello stesso giornale, il giurista Glauco Giostra denuncia
sdegnato il potere arbitrario di diffusione dei termini d’indagine che la legge
Cartabia 188\2021 riserva ai giudici: “La «somministrazione» della notizia
processuale è sostanzialmente affidata all’arbitrio del detentore della stessa”,
colonnello o giudice. E non siamo in uno Stato di polizia, Cartabia è buona
devota.
Un Sanremo a
sinistra spinta, dopo un’elezione perduta con largo svantaggio, alla vigilia di
un’altra analoga, è una genialata. Un’esibizione di “democristianesimo” perenne,
la pratica del potere che si nega, insuperabile. Turba soltanto la
condiscendenza, anzi l’entusiasmo, dei media, che mostrano palesemente di non
avere capito.
Non c’è stata
sagra più “democristiana” di Sanremo 2023. Anche nello stile Baudo di Amadeus, fino
ad ora semplice onesto presentatore. Che forse non ha gestito – li hanno
gestiti Fuortes e Calenda – ma ha fatto del suo meglio per far passare Mattarella
invece di Zelensky. Forse, a differenza di Baudo, non sapendo di che si
trattava.
Mercoledì si canta
e si balla a Sanremo con una band californiana, i Black Eyed Peas. Finalmente,
nel mezzo della indistinguibile lagna che sarebbe la canzone italiana secondo
il festival. Giovedì con i Måneskin, che cantano in inglese, al più mandando
“Zitti e buoni” lagnosi e dipendenze, e con Tom Morello. E con “Fatti mandare
dalla mamma”, un twist, di sessant’anni fa, musica di Bacalov.
Si accumulano a
Milano archiviazioni e proscioglimenti al giudizio preliminare per l’Eni. E non
si capisce il perché di queste indagini, quattro o cinque. Forse perché l’Eni
operando in posti esotici, Algeria, Angola, Congo, le vacanze sono pagate – con
interprete? La giustizia a volte è semplice.
Per due giorni,
anche tre, la Siria è esclusa dal terremoto, anche se ha colpito Aleppo, città storica,
che quindi l’Italia presume di conoscere, e ha fatto probabilmente più vittime
e più danni che in Turchia. I media sono telecomandati, a centrale unica,
anche nei terremoti?
Zelensky è stato
mercoledì a Bruxelles. E martedì da Macron a Parigi, dove è stato ricevuto
anche dal cancelliere tedesco. L’Italia voleva offrirgli la passerella di
Sanremo – la diplomazia delle canzonette. Poi nemmeno quella. E forse ha
appreso delle visite a Bruxelles e a Parigi dai giornali.
Benigni e
Mattarella vanno a Sanremo a “difendere la Costituzione”. C’è qualcuno che la
minaccia? Il giovanissimo Blanco, già premiato a Sanremo, finge un fit
di follia e si mette a dare calci in scena.
Tutte gag programmate, Sanremo è spettacolo. E c’e spettacolo e
spettacolo. La Rai li vuole così, e del resto agli italiani piace. Ma perché
discutere ancora il giorno dopo, e ancora due giorni dopo, Benigni, Mattarella
e Blanco? Il giornale dovrebbe avere di meglio da fare.
L’ex presidente del
consiglio comunale di Prato, Maurizio Bettazzi, assolto dopo dieci anni dal
solito garbuglio di imputazioni, non vuole risarcimento. Solo denuncia, con
grandi spese, lo spreco pubblico di soldi e di forze, oltre che della sua
personale integrità. Era uno che ci teneva? Credeva al partito? Credeva ai
giornali?
“La Stampa”
s’inventa una conversazione a palazzo Chigi fra il sottosegretario di Meloni,
Fazzolari, e il generale Federici, consigliere militare di Meloni, su come “insegnare
a sparare nelle scuole”. Sugli orecchiamenti di un-a dipendente di palazzo
Chigi? Con susseguente “tempesta” politica, tra Pd, Iv, Verdi, l’onnipresente
Conte, e fino a Salvini, l’alleato di Fazzolari-Meloni. Per una facile smentita
di Fazzolari. I giornali di John Elkann giocano “a vacca”?
È singolare che Elkann
schieri i suoi maggiori giornali, “la Repubblica” e La Stampa”, all’opposizione
gridata contro un governo votato a grande maggioranza. Due-tre pagine al giorno,
quattro-cinque articoli ammazza-governo, per 360 numeri l’anno, per cinque
anni, fanno un exploit professionale rimarchevole, 7.200-9.000 cadute del
governo – 14.400-18 mila fra i due giornali. Ma per quali lettori?
Può darsi che
Elkann voglia perdere i suoi giornali, i capitalisti hanno ragioni che sfuggono
alla ragione – potrebbe averli comprati per averli in continua perdita (per
farsi benemerito pagando meno tasse). Ma possibile che a sinistra, e anche al
centro, non si trovino ragioni politiche altre che quelle che “la Repubblica” e
“La Stampa” indicano, magari con l’ausilio di speciali, ancorché anonime, confidenze?
Però, pensare “la
Repubblica” ceduta a Iervolino, l’editore-caronte verso la chiusura, fa
accapponare la pelle – checché accapponare voglia dire. Che pagherebbe a Elkann
quanto Elkann ha sborsato ai fratelli De Benedetti, più gli interessi. In
cambio di che?
Il Monza, appena
arrivato in serie A, va a Torino e vince contro la Juventus, il club con la rosa
più estesa e qualificata e il monte ingaggi più elevato. Poi va a casa e perde
con la Sampdoria, ultima in classifica - pareggia di fatto, ma per un regalo dell’arbitro.
Tutto atletismo non è. Compreso il regalo dell’arbitro.
Il Manchester City
è sotto un’inchiesta, legale e federale, della Premier League, con imputazioni
più gravi della Juventus. In un paese, l’Inghilterra, che ha la piaga dei tabloid,
giornali che vivono di scandalismo. Ma non c’è lo stillicidio di
anticipazioni, rivelazioni, intercettazioni, senza contraddittorio possibile, in
uso in Italia, patria del diritto. È (anche) per questo che la Gran Bretagna,
che ha le pezze al culo, dà un’impressione di solidità e l’Italia di sempiterna
fragilità: è il paese dei marpioni. Un apparato repressivo di marpioni (polizie
e giudici) è tutto dire, il costituzionalista Benigni dovrebbe riflettere.
Grandi spiegazioni
su “L’Economia” dell’amministratore delegato di Arca Fondi, la Sgr delle banche
ex popolari, che rimprovera i risparmiatori di non avere educazione finanziaria.
La quale non si sa che cosa sia (forse predire il futuro), ma: lui ce l’ha, con
i fondi che perdono, anche il 30 per cento? Nessuno glielo chiede, e lui evita
di spiegarlo, come mai i fondi sono in Italia un investimento a perdere. “L’era
dei soldi facili è finita!”, ammonisce. Non per i fondi, le banche dei fondi?
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