mercoledì 15 febbraio 2023

Pasolini santo borghese

Questa parte del trittico romano “Pasolini santo” “parte dall’idea che mai un poeta, uno scrittore, un regista, un intellettuale, è stato così corpo e incarnazione della parola” come lui.
Come al Maxxi, moltissimi giornali, con gli articoli e le interviste di Pasolini, e molte prime edizioni, in libro o in rivista. Un po’ meglio leggibili che nel catafalco di Zaha Hadid - anche il Palazzo delle Esposizioni è un monumento allo spreco, ambientale e pure visivo, inutile oltre che brutto (è curioso, ma forse no, Pasolini in questi ambienti). E meglio ordinati, in sette sezioni: Volto (le persone sono santi), Dileggio (il linguaggio dei padri), Femminile (il sacro che ci è tolto), Abiti (i costumi del corpo), Voci (di popolo e di poeta), Partitella (la vera Italia, fuori dalle tenebre), Roma (la città in strada) e Roma (complice Sodoma). Col fondo sonoro, anche qui discreto, delle canzoni che Pasolini ha scritto o amava. Con molte foto curiose. Specifica di questa parte del trittico è l’esposizione di costumi e abiti di scena, un centinaio. Il centro vuoto dell’enorme palazzo è trasformato in sala lettura, con molti libri a disposizione dei visitatori, di Pasolini e su Pasolini.
L’impressione è confermata di uno scrittore-intellettuale, come si diceva in quegli anni, protagonista politico. Settimanalmente su “Vie Nuove” (“Dialoghi con Pasolini”) e su “Tempo” (prima “Il caos”, poi “Letture”), da ultimo su “Il Mondo” (“La pedagogia”), e negli ultimi cinque anni con i testi corsari da commentatore principe del “Corriere della sera”. Una presenza che i curatori assimilano a uno zibadone di pensieri – “tutta la sua produzione giornalistica ha la valenza di uno straordinario Zibaldone di pensieri e di lotta: è nel dialogo, nell’incontro con gli altri che avviene l’esperienza più poetica dei corpi”. No, la polemica giornalistica, cioè pubblica, è altro, è azione forse politica, sicuramente agonistica, malapartiana, da prim’attore (il modello è dei “Battibecchi” di Mapalarte).
In tutt’e due le mostre è assente, fra i tanti testi di richiamo, quello che fece più epoca, la poesia del ’68, contro il ’68. Che è per esempio politica e non corporea – il “corpo” dello studente non è dissimile da quello del poliziotto, seppure con i “capelli lunghi” invece che rasati, e anche più povero: “Il Pci ai giovani” si rilegge come una comica, pubblicato, a tamburo battente, oh scandalo, sull’“Espresso”, il settimanale della “buona borghesia”, in copertina. 
Un linguaggio teologico impregna le didascalie, del mondo come “incarnazione”: tutto è corpo, le lingue “tagliate” (e le altre no?), i poveri, il popolo (ma Pasolini non ha il popolo). Un exploit linguistico, oltre che di immagini. La chiesa non ha esibito mai nulla di simile, per nessun santo. Non così articolato, il tutto liquidando nei soliti quadri, molti di maniera.
Un linguaggio teologico impregna le didascalie, del mondo come “incarnazione”: tutto è corpo, le lingue “tagliate” (e le altre no?), i poveri, il popolo (ma Pasolini non ha il popolo). Un exploit linguistico, oltre che di immagini. La chiesa non ha esibito mai nulla di simile, per nessun santo. Non così articolato, il tutto liquidando nei soliti quadri, molti di maniera.
Questa santificazione di piazza, non subito ma quasi, gli avrebbe fatto piacere? Non è da escludere, Pasolini era come i suoi fans, si credeva. A leggerlo non si direbbe, ma lo era, uno che si credeva. Non amichevole. Non di se stesso. Non pacificato. Ma nel senso che non ne aveva mai abbastanza. È stato polemista da sempre, nei venticinque anni romani. Prima maestro di scuola, pedagogo sapiente e, sembra, paziente. Poi invece polemista – cioè uno che solleva i sassi su cui inciampare, se ne trovano dappertutto.
Le foto sono tutte in posa, quasi sempre sceneggiate – curate. Curatissima la foto in giardino a Sabaudia con Maraini, Callas e una sconosciuta in bikini a prendere il sole, che pure è un’istantanea, una polaroid. O a Porta Portese in due bottoni gabardine grigia di ottimo taglio, camicia bianca, piega ai pantaloni, a luglio, che a Roma è afosissimo.
Sponsor della mostra è Gucci, giustamente: Pasolini si voleva elegante, anche con gli scarpini e la maglietta del calcio, benché sui campi il fango predomini. La dimensione borghese di Pasolini, inevitabile forse, comunque ineluttabile, sia pure di borghese che si nega (si critica), troppo trascurata da critici e celebrazioni, sovrasta curioaamente la mostra. La sua morte, a figurarselo, a ripensarci, ha tutto dell’inverosimile, dell’enorme, dell’impossibile, ma è connaturata alla sua faccia, ai suoi curati tormenti. Mishima dev’esserte un richiamo già avanzato, ma è d’obbligo, soprattutto trattandosi del “tutto è corpo”.
Giuseppe Garrera- Cesare Pietroiusti-Clara Tosi Pamphili-Olivier Saillard, Pasolini santo – Il corpo poetico, Palazzo delle Esposizioni

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