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Pasta&Pizza, dall’abominio al trionfo
La celebrata dieta
mediterranea è stata per un paio di secoli, da quando in Europa si è ripreso a
viaggiare, disprezzata, e anzi data per malsana, se non letale. Immangiabile e indigeribile,
perfino piena (la pasta) di vermi. Per non dire dei frutti di mare. E non in un’epoca
remota, dall’italianista Dumas al toscano Collodi, nora Richter, fino a
recente, al secondo dopoguerra. Quando, spiega, l’emigrazione, di necessità ma
non più di povertà, portò in Europa e in America l’espresso, il gelato, la
pizza e la pasta – con, sarebbe da aggiungere, il parmigiano, la mozzarella, e
la rucola. Fino a fare di Pasta&Pizza, conclude Richter, “la cifra della
modernità gobale”.
L’avanzata ebbe
come avanguardie i gelatai tradizionali in Centro Europa del Friuli, e i “napoletani”
esperti di limoni. Un passaggio che si può testimoniare personalmente: furono i
fruttivendoli “napoletani” a insegnare la rucola e l’insalata a Firenze e
Milano negli anni 1960. Vent’anni dopo era fatta. In Germania, nel partito
degli italianisti, c’erano i partigiani della cucina toscana e quelli della
cucina emiliana.
L’ottantacinquenne
Richter, già professore di Letteratura Critica a Brema, dove vive, cittadino
onorario di Amalfi, cultore appassionato e acuto della “materia napoletana” (“Napoli
Cosmopolita”, “Lettere da Capri”, raccolta di epistolari da e sull’isola dal
1826 al 1907), racconta qui la tragicomica vicenda della cucina italiana. Con fine
ironia e molte illustrazioni.
Dieter Richter, Con
Gusto. Il Grand Tour della cucina italiana, Centro di Cultura Amalfitana,
pp. 151, ill. € 18
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