La morte di Enzo Carra, il “martire” di Forlani
sui roghi di “Mani Pulite” (che Di Pietro&Co hanno perseguitato, non potendo
mettere le mani su Forlani, di cui Carra era addetto stampa), ha fatto riemergere,
nelle tante rievocazioni, il ruolo subdolo di Casini. Che di Forlani era il
protetto e il delfino, ma “Mani Pulite” ha lasciato fuori. Che poi si è messo
con Berlusconi, di cui è stato vice-presidente del consiglio, poi con Monti
contro Berlusconi. E in questa posizione ha impedito a Carra, che dopo l’assoluzione
aveva ripreso l’attività politica, di continuarla, nelle liste
Margherita-Pd-Unione di Centro-Scelta Civica, di cui Carra era stato anche
animatore - gli ha impedito la ricandidatura al Parlamento: niente candidature per chi aveva
avuto “pendenze giudiziarie” risalenti a “Mani Pulite”, stabilirono Monti e Casini, praticamente un no a Carra.
Tutto questo Casini aveva fatto in sessant’anni. Meno, in poco più di cinquanta. Senza scandalo, poiché il potere democristiano è
così, cannibale. Ma questo stesso personaggio, Casini, non è diventato da ultimo candidato
del Pd, se non membro lui stesso del partito Democratico, la cosa non è chiara,
alla presidenza della Repubblica?
Si spiega che il Pd navighi sott’acqua, sia
come partito, fra quattro candidati incolori alla segreteria, sia fra i
partiti.
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