giovedì 9 febbraio 2023

Secondi pensieri - 505

zeulig

Imperialismo – “La visita di Francesco in Congo mirava a denunciare la violenza e la corruzione nello Stato centroafricano, i violenti e i corrotti si misero in fila per un’udienza”. Il periodico di sinistra americano “The Nation” può sintetizzare così, senza irriverenza, il recente viaggio del papa nel Congo. L’Africa delle indipendenze è un’occasione perduta, sprecata, tra corruzione, imprevidenza, tribalismo accentuato, sotto forma di guerriglia permanente. Quasi tuti i Paesi africani sono dittature. Anche di caporali.
Il colonialismo ha creato, distruggendo, l’indipendenza distrugge e non crea. C’è una funzione pedagogica insita nella stessa autogiustificazione dell’imperialismo, la didattica. Che è essa stessa violenza, anche nelle sue prime applicazioni, all’infanzia. E di più come legge, dopo la conquista, e amministrazione, col concetto esoterico di cosa pubblica – non nuovo né strano, e anzi scontato, se data dalla repubblica antico romana, ma nel resto del mondo sì. C’è un richiamo dell’imperialismo, di cui viene fatto aedo Kipling (a torto, Kipling era rispettoso dei “suoi indiani”), o del “fardello dell’europeo”, perento naturalmente con le doverose indipendenze, ma con perdita.
 
All’altro estremo dello spettro, dell’impero stabile da quasi un secolo, degli Stati Uniti, l’interesse nazionale dichiarato preminente, soprattutto nei due decenni del millennio, viene recepito acriticamente e accettato, quale baluardo di libertà di ognuno. Esibito e non recondito, da presidenti di destra come di sinistra. “Quando attueremo questo progetti”, ha detto ieri il presidente americano Biden nel solenne discorso annuale sullo stato dell’Unione, cioè quando saranno operative le sue due leggi per incentivare e sussidiare infrastrutture, industrie e tecnologie americane, “compreremo americano. Buy American è stata la legge del Paese dal 1933. Per troppo tempo le amministrazioni del passato hanno trovato il modo di aggirarla. Ora non più”. Il paese che ha teorizzato, aperto, e imposto la globalizzazione nel 1990, disarticolando i mercati del lavoro di qualche miliardo di persone, tra Europa e Americhe, a favore dello schiavismo socialista della Cina, chiude ora le porte con un mercantilismo dichiarato altrettanto brusco.
Si vogliono gli ottant’anni del dopoguerra come un’epoca di libertà. di lotta tra la libertà e l’asservimento. Ma è di un imperialismo con tutte le proprietà imperiali, di guerre, e quindi asservimenti, e divieti e imposizioni, che l’epoca prende corpo.
È indubbio che un secolo è passato, o quasi, di impero americano mondiale. Non grande e indiscusso come fu quello britannico nell’Ottocento ma dotato di ben 737 basi militari sparse nel pianeta. Sotto le insegne della libertà e la democrazia. Nella sintesi di Obama, nel discorso alla Nazione dell’11 Settembre 2014: “Come americani, avvertiamo la nostra responsabilità di nazione-guida. Dall’Europa fino all’Asia, dall’Africa fino al Vicino Oriente, ci leviamo in piedi per la libertà, la giustizia, la dignità. Questi valori hanno guidato la nostra nazione fin da quando venne fondata” - con l’augurio finale consueto: “Dio protegga la nostra Nazione”.
Un impero altrettanto in buona coscienza come l’impero romano, si può aggiungere, lo fu sotto il segno della legge – non c’è paese che onori tanto i Campidogli come gli Stati Uniti - ma altrettanto severo. Con gli Stati rogue, come usa nell’opinione pubblica americana, gli Stati “canaglia”.
Un impero di diritto, come ogni altro impero – che fa il suo proprio diritto. E nel caso di Clinton con Blair in Iraq, e poi di Obama in Yemen, Libia, Siria e Ucraina, democratico, liberatore, progressista, di sinistra. Di Obama in strana alleanza (Yemen, Libia, Siria) con le petromonarchie, Arabia Saudita e il minuscolo ma attivissimo Qatar, le più impegnate attive nell’ispirazione e il finanziamento del fondamentalismo islamico di matrice wahabita, e quindi dell’esatto opposto della democrazia e la libertà – “il Male” nella terminologia americana. Con Hillary Clinton alla Segreteria di Stato, presidente mancata nel 2016, la cui Fondazione è - era – ricca soprattutto delle donazioni delle petromonarchie.
L’imperialismo può conservare le sue ragioni anche in quelle della democrazia e la libertà? Il concetto di imperialismo va rivisto, nel mondo “unito”, cioè globalizzato.
 
Occidente
– Sempre, a partire da Erodoto (ma non del coevo Tucidide), l’Occidente si definisce in relazione a un Oriente che lo stesso Occidente ha inventato (formato, redatto). Non come due masse limitrofe e contrapposte, fisiche (tettoniche, geografiche, climatiche), tribali, politiche, ma come due culture o modi di essere, di qua libere e democratiche, di là autoritarie e asservite. È sulla persistente convinzione, da Atene e l’antica all’illuminismo, che ha preparato il colonialismo, nel più vasto quadro dell’imperialismo, della preminenza culturale e politica oltre che economica e militare. Riaffermata oggi con più forza: ora che la bilancia dei poteri mondiali non è più così sperequata, non allo steso modo, con l’Occidente nel piatto superiore, tanto più si fa dell’Occidente il difensore della libertà e la giustizia. Ma è stato l’Occidente a creare questo bilanciamento, con la globalizzazione, per motivi di guadagno più che di educazione o costrizione alla libertà. Perché questo è stato il trigger della globalizzazione, il guadagno, facile, enorme, con le produzioni asiatiche a costo prossimo allo zero, in condizioni di schiavitù del lavoro, e non un disegno di prosperità, libertà, pace. Che, al contrario, è stato anzi prevenuto e impossibilitato, con le guerre preventive a mezzo mondo in soli trent’anni. Col riconoscimento e l’ammissione alla Wto della Cina, per le favorevolissime condizioni di guadagno che proponeva, malgrado le tantissime derogazioni di quel paese ai diritti sindacali, civili e politici di quel paese, contrarie agli statuti perequativi dell’Organizzazione del Commercio, ma non della Russia, che pure qualche legge liberale ha fatto. E anzi contro la Russia animando un colossale riarmo, dall’ex Jugoslavia alla Georgia e all’Ucraina. Cn la frammentazione definitiva da ultimo, nella guerra contro la Russia, dell’Occidente, che sempre più dichiaratamente si identifica in termini di potenza militare e sovranità culturale (politica) con gli Stati Uniti, mentre l’Europa sempre più si manifesta in stato di subordinazione e declino.
 
Singolare e significativa è in questo quadro la presentazione che Biagio de Giovanni si fa della guerra in Ucraina come scontro “tra potere orientale e potere occidentale” - “Questo scontro è carico di filosofia”, “Corriere della sera”, 8 febbraio: l’Oriente “è qualcosa di più di una autocrazia. È l’idea radicata di un potere”. Come se l’India, e la stessa Cina, o la Russia fossero immense plaghe di potere tribale. Come se la Russia per tutto l’Ottocento, sconfitta la temibilissima Francia napoleonica, vittoriosa sull’impero austro-ungarico e sull’incipiente potenza prussiana, non avesse vissuto la stagione delle libertà, analoghe a quelle delle carbonerie repubblicane e dei movimenti risorgimentali che tanto si onorano in Italia. E via via sviluppato il costituzionalismo fino al rifiuto della guerra e alla rivoluzione d’Ottobre - una rivoluzione sicuramente democratica. Del resto il filosofo stesso De Giovanni, citando Jünger e il suo “Nodo di Gordio” – “Jünger dice che il gioco degli scacchi non poteva che provenire dall’Oriente, perciò l’uccisione del re chiude la partita” - lo dice volendo dire il contrario: la partita si chiude con l’uccisione del re. 
 
“L’Occidente nasce in Svevia”, secondo Heidegger. E non è possibile, proprio lì è il nodo irrisolto della storia tedesca, Croce l’ha accertato, che la vittoria di Arminio nel 9 d.C. tenne la Germania fuori dalla cultura latina. Secondo Hannah Arendt l’Occidente nacque quando i romani inventarono la politica estera, la “politicizzazione dello spazio”. Una certa cultura, centrale nell’Italia repubblicana, insiste che questo Occidente è nato nell’anno Mille. Col mito della Croce, del Dio uomo. È partita allora la corsa alla semplificazione della storia, a mezzo dei miracoli, le reliquie, le missioni, le crociate, la teologia, la superbissima pretesa dell’uomo d’inquadrare Dio, e l’orgoglio rovesciato di san Francesco, le cattedrali e l’arte, la creazione del classico, l’accumulazione. L’anno Mille suona bene, è buona data di nascita, Carducci già lo notava: nacque il cristiano con la spada, il cavallo, l’onore, e l’amore cortese.
(continua)
 
Pacifismo
– Si invoca la pace (il papa Francesco), si consiglia la pace (Kissinger) in una guerra d’aggressione, quale quella della Russia contro l’Ucraina. Non si dovrebbe consigliare, volendo essere equanimi, il ritiro puro e semplice dell’aggressore, e semai una sua penalizzazione? Evidentemente no, per un fatto che non si dice: le cause dell’aggressione.
C’è – c’era un tempo – nella storiografia la ricerca delle fonti di un evento, per un giudizio o un’analisi più equanime dell’evento stesso, più realistica, più giusta. Anche delle guerre d’aggressione. Quale la seconda guerra mondiale, d’aggressione per antonomasia. Eppure vi si esercitarono A.J.P. Taylor e altri storici inglesi e americani molto presto, quasi a ridosso del terribile e oltraggioso evento.  
La richiesta di Kissinger ha come sottinteso il rischio nucleare: che il conflitto derivi all’uso della Bomba se la Russia si trovasse alle corde -ma anche il papa, sotto l’umanitarismo generico, prospetta questo timore. Che è a prima vista insensato: perché la Russia dovrebbe usare le armi nucleari, e quindi condannar e anche se stessa, per una guerra d’aggressione, se la parte dell’Ucraina di cui rivendica la sovranità non le venisse data in possesso? Perché la Russia dovrebbe o potrebbe “essere messa alle corde”? Da chi? Non dall’Ucraina, evidentemente, tra i due paesi c’è una sproporzione enorme di forze. Perché l’Ucraina combatte una guerra “per procura”, questa è la tesi della Russia – degli Stati Uniti, della Nato, dell’Occidente. Ma lo sesso retropensiero è alla base della richiesta del papa e del ragionamento di Kissinger – la guerra nucleare sarebbe una guerra Russia-Occidente, e allora avrebbe senso.

 
Si dice anche che la pace è indivisibile, e questo è più giusto. Ma di fatto, nel farsi della storia, il pacifismo non può essere radicale – come l’obiezione di coscienza: deve confrontarsi con le cause della guerra.
Il pacifismo può essere storico, non può essere utopistico – non avrebbe sesso.
 
Storia - La storia data dall’anno Mille, secondo il filone non secondario della storia provvidenziale. Il senso della durata, inerente alla religione, viene trasformato dal cristianesimo, a partire dal Mille, in teofania. Pasqua prevarica Natale, la redenzione l’incarnazione.

zeulig@antiit.eu

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